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Chi odia la riforma sanitaria di Obama? di Paul Krugman New York Times 5 febbrario 2016

 

Who Hates Obamacare?

Paul KrugmanFEB. 5, 2016

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Ted Cruz had a teachable moment in Iowa, although he himself will learn nothing from it. A voter told Mr. Cruz the story of his brother-in-law, a barber who had never been able to afford health insurance. He finally got insurance thanks to Obamacare — and discovered that it was too late. He had terminal cancer, and nothing could be done.

The voter asked how the candidate would replace the law that might have saved his brother-in-law if it had been in effect earlier. Needless to say, all he got was boilerplate about government regulations and the usual false claims that Obamacare has destroyed “millions of jobs” and caused premiums to “skyrocket.”

For the record, job growth since the Affordable Care Act went fully into effect has been the best since the 1990s, and health costs have risen much more slowly than before.

So Mr. Cruz has a truth problem. But what else can we learn from this encounter? That the Affordable Care Act is already doing enormous good. It came too late to save one man’s life, but it will surely save many others. Why, then, do we hear not just conservatives but also many progressives trashing President Obama’s biggest policy achievement?

Part of the answer is that Bernie Sanders has chosen to make re-litigating reform, and trying for single-payer, a centerpiece of his presidential campaign. So some Sanders supporters have taken to attacking Obamacare as a failed system.

We saw something similar back in 2008, when some Obama supporters temporarily became bitter opponents of the individual mandate — the requirement that everyone buy insurance — which Hillary Clinton supported but Mr. Obama opposed. (Once in office, he in effect conceded that she had been right, and included the mandate in his initiative.)

But the truth is, Mr. Sanders is just amplifying left-wing critiques of health reform that were already out there. And some of these critiques have merit. Others don’t.

Let’s start with the good critiques, which involve coverage and cost.

The number of uninsured Americans has dropped sharply, especially in states that have tried to make the law work. But millions are still uncovered, and in some cases high deductibles make coverage less useful than it should be.

This isn’t inherent in a non-single-payer system: Other countries with Obamacare-type systems, like the Netherlands and Switzerland, do have near-universal coverage even though they rely on private insurers. But Obamacare as currently constituted doesn’t seem likely to get there, perhaps because it’s somewhat underfunded.

Meanwhile, although cost control is looking better than even reform advocates expected, America’s health care remains much more expensive than anyone else’s.

So yes, there are real issues with Obamacare. The question is how to address those issues in a politically feasible way.

But a lot of what I hear from the left is not so much a complaint about how the reform falls short as outrage that private insurers get to play any role. The idea seems to be that any role for the profit motive taints the whole effort.

That is, however, a really bad critique. Yes, Obamacare did preserve private insurance — mainly to avoid big, politically risky changes for Americans who already had good insurance, but also to buy support or at least quiescence from the insurance industry. But the fact that some insurers are making money from reform (and their profits are not, by the way, all that large) isn’t a reason to oppose that reform. The point is to help the uninsured, not to punish or demonize insurance companies.

And speaking of demonization: One unpleasant, ugly side of this debate has been the tendency of some Sanders supporters, and sometimes the campaign itself, to suggest that anyone raising questions about the senator’s proposals must be a corrupt tool of vested interests.

Recently Kenneth Thorpe, a respected health policy expert and a longtime supporter of reform, tried to put numbers on the Sanders plan, and concluded that it would cost substantially more than the campaign says. He may or may not be right, although most of the health wonks I know have reached similar conclusions.

But the campaign’s policy director immediately attacked Mr. Thorpe’s integrity: “It’s coming from a gentleman that worked for Blue Cross Blue Shield. It’s exactly what you would expect somebody who worked for B.C.B.S. to come up with.” Oh, boy.

And let’s be clear: This kind of thing can do real harm. The truth is that whomever the Democrats nominate, the general election is mainly going to be a referendum on whether we preserve the real if incomplete progress we’ve made on health, financial reform and the environment. The last thing progressives should be doing is trash-talking that progress and impugning the motives of people who are fundamentally on their side.

 

 

Chi odia la riforma sanitaria di Obama?, di Paul Krugman

New York Times 5 febbrario 2016

Ted Cruz ha avuto una esperienza istruttiva in Iowa, sebbene non imparerà niente da essa. Un elettore gli ha raccontato la storia del suo cognato, un barbiere che non ha mai potuto permettersi l’assicurazione sanitaria. Grazie alla riforma di Obama, alla fine ha ottenuto l’assicurazione – ed ha scoperto che era troppo tardi. Aveva un cancro terminale, e non si poteva far niente.

L’elettore ha chiesto come il candidato avrebbe rimpiazzato la legge che avrebbe potuto salvare suo cognato se fosse entrata in funzione prima. Tutto quello che ha ricevuto in risposta, neanche è il caso di dirlo, è stata aria fritta sui regolamenti governativi e le solite pretese secondo le quali la riforma dell’assistenza di Obama avrebbe distrutto “milioni di posti di lavoro” e spedito alle stelle i premi assicurativi.

Per la cronaca, la crescita di posti di lavoro dal momento in cui la Legge sulla Assistenza Sostenibile è entrata pienamente in funzione è stata la migliore a partire dagli anni ’90, ed i costi sanitari sono cresciuti molto più lentamente che in precedenza.

Dunque il signor Cruz ha un problema con la verità. Ma cos’altro possiamo apprendere da questo incontro? Che la Legge sulla Assistenza Sostenibile sta già facendo un gran bene. Arriva troppo tardi per salvare vite umane, ma ne salverà certamente altre. Perché, allora, sentiamo non solo conservatori ma anche molti progressisti che fanno a pezzi la più grande realizzazione politica del Presidente Obama?

In parte la risposta è che Bernie Sanders ha scelto di fare della revisione della riforma, e del tentativo di introdurre la soluzione di un unico centro di pagamento, un aspetto centrale della sua campagna presidenziale. Così, alcuni dei sostenitori di Sanders hanno cominciato ad attaccare la riforma della sanità di Obama come un sistema che non ha funzionato.

Vedemmo qualcosa di simile nel 2008, quando alcuni dei sostenitori di Obama per un certo periodo divennero gli oppositori più aspri della soluzione della delega individuale [1] – la condizione dell’acquisto della assicurazione per tutti – che Hillary Clinton sosteneva ma alla quale Obama si opponeva (una volta in carica, egli ammise che aveva ragione lei, ed incluse la delega nella sua proposta).

Ma la verità è che Sanders sta soltanto amplificando critiche da sinistra sulla riforma sanitaria che erano già in circolazione. Ed alcune di queste critiche hanno fondamento, mentre altre non l’hanno.

Cominciamo dalla critiche positive, che riguardano la copertura assicurativa ed i costi. Il numero degli americani non assicurati è sceso bruscamente, in particolare negli Stati che hanno cercato di far funzionare la legge. Ma i non assicurati sono ancora milioni, e in alcuni casi gli alti livelli della deducibilità rendono la copertura meno utile di quanto dovrebbe essere.

Questo non ha a che fare con il sistema del pagamento non centralizzato [2]: altri paesi con sistemi simili alla riforma di Obama, come l’Olanda e la Svizzera, hanno in effetti un copertura quasi universalistica anche se si basano sugli assicuratori privati. Ma la riforma di Obama come si configura attualmente non sembra probabile possa arrivare a quel punto, forse perché in qualche modo non ha finanziamenti sufficienti.

Nel frattempo, sebbene il controllo dei costi si stia mostrando migliore persino di quello che si aspettavano i suoi sostenitori, l’assistenza sanitaria dell’America resta molto più costosa di qualunque altra.

Dunque, sì, ci sono problemi reali con la riforma di Obama. La domanda è come affrontare tali temi in un modo politicamente fattibile.

Ma molto di quello che si sente dalla sinistra non è tanto una lamentela sulle insufficienze della riforma, quanto lo sdegno perché gli assicuratori privati conservano comunque un ruolo nel sistema. L’idea sembra essere che un qualsiasi ruolo con la motivazione del profitto inquini l’intero sforzo.

Questa, tuttavia, è davvero una critica negativa. É vero, la riforma della assistenza di Obama ha preservato l’assicurazione privata – principalmente per evitare grandi cambiamenti, politicamente rischiosi, per gli americani che avevano già una buona assicurazione, ma anche per acquistare il sostegno o almeno la non ostilità da parte del settore delle assicurazioni. Ma il fatto che alcuni assicuratori facciano soldi con la riforma (e i loro profitti, per inciso, non sono così grandi) non è una ragione per opporsi alla riforma. Il punto è dare un aiuto a chi non è assicurato, non punire o demonizzare le società assicuratrici.

E parlando di demonizzazione: un lato sgradevole e preoccupante di questo dibattito è stata la tendenza di alcuni sostenitori di Sanders, e talvolta della sua stessa campagna elettorale, a suggerire che se qualcun solleva dubbi sulle proposte del Senatore, deve essere un corrotto strumento di interessi costituiti.

Recentemente Kenneth Thorpe, un rispettato esperto di politica sanitaria ed un sostenitore da lungo tempo della riforma, ha cercato di dare i numeri del programma di Sanders, per concludere che esso costerebbe sostanzialmente di più di quanto viene detto nella campagna elettorale. Può darsi che egli avesse ragione come può darsi che non la avesse, sebbene la maggioranza degli studiosi di sanità che io conosco hanno raggiunto conclusioni simili.

Ma il direttore politico della campagna elettorale ha immediatamente attaccato l’integrità di Thorpe: “Questo proviene da un gentiluomo che ha lavorato per Blue Cross Blue Shield [3]. É esattamente quello che vi sareste aspettati da qualcuno che ha lavorato per B.C.B.S.” Per la miseria!

E siamo chiari: questo genere di cose può davvero far danni. La verità è che chiunque i democratici nominino, le elezioni generali sono soprattutto destinate ad essere un referendum sul fatto che si preservino i reali, anche se incompleti, progressi in materia di riforma sanitaria, di riforma del sistema finanziario e di ambiente. L’ultima cosa che i progressisti dovrebbero fare è liquidare quei progressi come spazzatura e mettere in dubbio le motivazioni di persone che fondamentalmente sono dalla loro parte.

 

 

[1] Ovvero, dell’obbligo per ciascuno di assicurarsi, obbligo che la legge configura come un ‘mandate’ (una delega) ai singoli cittadini.

[2] Ovvero, con un sistema non interamente pubblicistico. L’attuale sistema americano vede una molteplicità di ‘pagatori dei costi sanitari’: nel caso dei programmi pubblicistici come Medicare (anziani ultrasessantacinquenni) e Medicaid (redditi più bassi) il ‘pagatore’ delle prestazioni sanitarie è sostanzialmente lo Stato Federale; ma nella restante maggioranza dei casi sono le assicurazioni private, che ricevono i premi assicurativi da tutti gli assicurati e pagano le prestazioni a chi ne ha bisogno. Un sistema con un unico pagatore, ovviamente pubblico, comporterebbe l’eliminazione del ruolo delle assicurazioni, salvo i casi nei quali esse siano preferite, per la loro maggiore qualità e livello di copertura, da chi potrebbe permettersele in virtù di redditi più alti. Quindi, quello che si definisce ‘sistema con un pagatore unico’ o con un pagamento delle prestazioni ‘centralizzato’, sarebbe in pratica un sistema interamente pubblicistico.

Krugman ha molte volte chiarito di considerare teoricamente migliore un sistema interamente pubblico, ma di ritenere che una soluzione del genere sarebbe stata negli USA irrealistica. Tagliare fuori il sistema assicurativo privato sarebbe stato, a suo avviso, difficile da ottenere, precisamente per ragioni politiche. L’ostilità ad una tale soluzione non sarebbe venuta soltanto da quel sistema, ma anche dal fatto che molti cittadini di classe media ed anche lavoratori che utilizzavano storicamente forme di copertura assicurativa privata (pagate, ad esempio, dai loro datori di lavoro), avrebbero contrastato tale soluzione. Sarebbe stato più facile il coalizzarsi, in pratica, di una maggioranza anti riformatrice, su un tema che in America, storicamente, non è mai stato agevole per i riformatori (ad esempio, Bill Clinton dovette rinunciare a suo tempo alla sua proposta di riforma).

[3] “Croce Blu Scudo Blu” è una associazione che unisce 36 organizzazioni e società assicurative americane. La associazione unisce due comparti che si sono sviluppati separatamente: la Croce Blu fornendo copertura assicurativa per le prestazioni ospedaliere, lo Scudo Blu per la assistenza sanitaria da parte dei singoli medici.

 

 

 

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