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Il Partito Repubblicano non è l’America, la Clinton non è Rubio (dal blog di Krugman, 16 maggio 2016)

 

The G.O.P. Is Not America, Clinton Is Not Rubio

May 16, 2016 8:47 pm

Greg Sargent interviews Hillary’s chief strategist about the coming general election, and finds him dismissive of claims that Donald Trump can repeat his march through the Republican primary. You never know — but it does seem obvious, except to the political pundits completely flabbergasted by Trump’s rise, that the general election is going to be a very different story. For the truth is that Trump’s Republican rivals fought with both hands tied behind their backs, and that just won’t happen from here on in.

Greg summarizes the case very well, but let me do it a bit differently. Think about Trump’s obvious weaknesses, why Republicans couldn’t exploit them, but why Democrats can.

First, he’s running a campaign fundamentally based on racism. But Republicans couldn’t call him on that, because more or less veiled appeals to racial resentment have been key to their party’s success for decades. Clinton, on the other hand, won the nomination thanks to overwhelming nonwhite support, and will have no trouble hitting hard on this issue.

Second, Trump is proposing wildly irresponsible policies that benefit the rich. But so were all the other Republicans, so they couldn’t attack him for that. Clinton can.

Third, Trump’s personal record as a businessman is both antisocial and just plain dubious. Republicans, with their cult of the entrepreneur, couldn’t say anything about that. Again, Clinton can.

The G.O.P. paralysis on these issues explains why, again and again, Republicans turned to a proven line of attack — that is, proven not to work: insisting that Trump isn’t a true conservative, which matters to voters not at all. Obviously Democrats will be able to go after different and, I imagine, a lot more salient issues.

And there’s one last thing, which I suspect may make the biggest difference of all: Clinton’s campaign can go after Trump’s fundamental buffoonery.

I mean, he is a ludicrous figure, and everything we learn just makes him more ludicrous. So why couldn’t Republicans make that stick? I’d argue that it was because there was something fairly ludicrous about all his opponents, too.

Think about Marco Rubio: even before his famous brain glitch, it was just obvious that he was a prefab candidate, a nice-looking guy with no real convictions or experience reciting lines he was told to deliver. The infamous “We must dispel with …” wasn’t just vile and stupid (even the first time, let alone repeated); it was also, transparently, not something Rubio believed or even cared about except that his handlers told him to say it.

Or think about Ted Cruz, whose mean-spiritedness and self-centered nature evidently stand out even in today’s conservative movement, making him a hated figure even among those who should like his message.

Clinton, on the other hand, is not ludicrous. She can think on her feet; she’s tough as nails. Do you really think the person who stared down the Benghazi committee for 11 hours is going to wither under schoolboy taunts?

The news media will, I fear, try their best to pretend that the contrast isn’t what it is. We’ll hear endless explanations of why Trump’s vanity, ignorance, and lack of moral fiber somehow prove his “authenticity”, which Clinton somehow lacks. And maybe that will stick with voters. But I don’t think it will. In the end, it will be a race between a tough, smart lady and someone who is obviously a yuge, um, Antonin Scalia School of Law. And voters will notice.

 

Il Partito Repubblicano non è l’America, la Clinton non è Rubio

Greg Sargent intervista il principale consulente strategico di Hillary [1] sulle prossime elezioni generali, e lo trova sprezzante sulla pretesa che Donald Trump possa ripetere la sua marcia attraverso le primarie repubblicane. Non lo sapevate – eppure sembra evidente, a parte i commentatori politici che sono rimasti esterrefatti dall’ascesa di Trump, che le elezioni generali sono destinate ad essere una storia tutta diversa. Perché la verità è che i rivali di Trump hanno combattuto con tutte e due le mani legate dietro la schiena, e che d’ora in avanti questo semplicemente non accadrà.

Greg sintetizza molto bene la situazione, ma consentitemi di farlo in modo un po’ diverso. Si pensi alla evidenti debolezze di Trump, alle ragioni per le quali i repubblicani non hanno potuto sfruttarle, mentre potranno farlo i democratici.

La prima, egli sta gestendo una campagna elettorale fondamentalmente basata sul razzismo. Ma i repubblicani non potevano chiedergli conto di ciò, perché, in modo più o meno velato, fare appello su quei rancori razziali è stata la chiave del successo del loro partito da decenni. La Clinton, all’opposto, vincerà la nomination grazie al sostegno schiacciante dei non bianchi, e non avrà problemi a insistere con forza su questo tema.

La seconda, Trump sta proponendo politiche completamente irresponsabili a vantaggio dei ricchi. Ma lo stesso facevano gli altri repubblicani, dunque non potevano attaccarlo per questo. La Clinton può.

La terza, i primati personali di Trump come uomo d’affari sono antisociali e, peraltro, francamente dubbi. I repubblicani, con il loro culto per l’imprenditore, non potevano dir niente di questo aspetto. Nuovamente, la Clinton può farlo.

La paralisi del Partito Repubblicano su queste tematiche spiega perché i repubblicani sono ricorsi in continuazione ad una sperimentata linea di attacco – o meglio, è sperimentato che non funziona: l’insistenza sul fatto che Trump non è un conservatore vero, la qualcosa per gli elettori non ha alcuna importanza. Ovviamente, i democratici potranno affidarsi a diverse e, mi immagino, assai più cospicue tematiche.

E c’è un altro aspetto che mi immagino possa fare la differenza più grande: la campagna della Clinton potrà scagliarsi contro la fondamentale buffoneria di Trump.

Voglio dire che Trump è una figura clownesca, e tutte le cose che apprendiamo lo rendono sempre più ridicolo. Perché, dunque, i repubblicani non hanno potuto affibbiargli quell’etichetta? Direi che è dipeso dal fatto che c’era qualcosa di discretamente ridicolo anche in tutti i suoi oppositori.

Si pensi a Marco Rubio: anche prima del suo famoso inciampo mentale [2], era proprio evidente che egli era una candidato prefabbricato, un individuo di bell’aspetto senza alcuna vera convinzione o esperienza che recitava le frasi che gli era stato detto di pronunciare. Il famigerato “Noi dobbiamo sfatare ….” non era soltanto meschino e sciocco (anche la prima volta, figuriamoci a ripeterlo); era anche, in modo trasparente, qualcosa in cui Rubio non credeva e di cui persino non si curava, sennonché i suoi ammaestratori gli avevano raccomandato di dire.

Oppure si pensi a Ted Cruz, la cui natura meschina ed egocentrica primeggia con tutta evidenza persino nell’odierno movimento conservatore, facendo di lui una figura odiata persino presso coloro ai quali il suo messaggio  dovrebbe piacere.

La Clinton, d’altra parte, non è ridicola. Può prendere decisioni con determinazione; ed è dura come una roccia. Pensate davvero che la persona che ha intimidito con lo sguardo la Commissione sui fatti di Bengasi per undici ore di fila possa impressionarsi con dileggi da ragazzini?

Gli organi di informazione temo, faranno del loro meglio per far finta che il contrasto non sia quello che è. Ascolteremo spiegazioni interminabili sulle ragioni per le quali la vanità, l’ignoranza e la mancanza di fibra morale di Trump, in qualche modo provino la sua “autenticità”, che nella Clinton in un certo senso difetta. E questo forse farà effetto sugli elettori. Ma non penso che sarà così. Alla fine, sarà una competizione tra una signora determinata e intelligente ed un personaggio che evidentemente è un ‘graande’, diciamo così, ASS of Law [3]. E gli elettori se ne accorgeranno.

 

[1] L’intervista è apparsa sul Washington Post del 16 maggio. Il consulente della Clinton è Joel Benenson.

[2] Il riferimento è ad un dibattito tra tutti i candidati repubblicani nel corso del quale Rubio, come si dice in linguaggio informatico, andò praticamente in loop, ripetendo per varie volte una frase fatta e suscitando l’ironia anche negli altri candidati.  La frase era “We must dispel ….” (“Dobbiamo sfatare …”) e il mito da sfatare riguardava Obama e la sua ‘americanità’.

[3] Il “graaande” dipende dal fatto che il termine “yuge” pare sia stata coniato in questi mesi appositamente per la megalomania di Trump (un rafforzativo di “huge”, vasto, molto grande, enorme). Vedi su “Urban Dictionary”.

Più complicata la questione della “Scuola di Legge di Antonin Scalia” – un famoso membro della Corte Suprema americana recentemente deceduto, di orientamento conservatore. É una vicenda di cronaca: alla George Mason University è stata consegnata una donazione di 20 milioni di dollari, con la richiesta – accolta – di intitolare la scuola di studi giuridici ad Antonin Scalia. Il problema è che l’istituzione è così stata rinominata ASSLaw – letteralmente “legge di culo”. Che qua diventa una aggettivazione valida per Trump (diremo, più educatamente, un “bidone”).

 

 

 

 

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