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Contro l’eurotimidezza (dal blog di Krugman, 26 giugno 2016)

 

JUN 26 10:17 AM 

Against Eurotimidity

 

I’m on vacation, but want to take a minute to react to this new “consensus” piece on shoring up the eurozone from Voxeu. The authors really are the best and brightest, economists who have been superb guides to the crisis and in some cases have made material contributions to solving or at least dealing with it. So I’d really like to say nice things.

Unfortunately, I share Brad DeLong’s reaction: is this really all they can offer? I understand that in the effort to reach consensus one must trim back the more intellectually daring and politically difficult parts of what an individual economist might propose. But in this case the search for consensus seems to have leached out practically all the substance. I’m not even sure what, in any significant sense, they’re proposing that the eurozone do differently.

I mean, they’re calling for liquidity support in times of crisis, and I think debt relief if necessary. But that’s sort of how Europe is already trying to muddle through. They don’t call for fiscal integration; they don’t even call for a euro-wide system of deposit insurance. I’m really not sure what they are proposing, beyond neatening up the organization chart.

They allude to the possibility of secular stagnation, which some of us consider a clear argument for fiscal stimulus and higher inflation targets. But all they suggest is … structural reform, the universal elixir of elites.

The only really new thing I thought I saw was the declaration that

the level of expenditure – rather than the deficit – is the main problem

coupled with a call for expenditure rules. But where is that coming from? There is no correlation between economic performance in the euro crisis and the level of government spending as a share of GDP — Austria has a big government, Ireland and Spain small ones by European standards. And absent some clear evidence that big G was the problem, why declare that national sovereignty on the size of the public sector must be reduced?

Put it this way: from a macro perspective, Europe is a depressed economy with inflation well below a reasonable target, desperately in need of more demand, with this aggregate problem exacerbated by the problems of adjustment within a single currency. And here we have a manifesto calling for smaller government and structural reform. The authors of the manifesto aren’t neoliberal ideologues. So what happened?

 

Contro l’eurotimidezza

Sono in vacanza, ma voglio dedicare un minuto per reagire a questo nuovo articolo di ‘consenso’ da parte di Vox.eu su come ‘puntellare’ l’Europa. Gli autori sono davvero i migliori e i più brillanti, economisti che hanno aiutato in modo superbo alla comprensione della crisi e in qualche caso hanno elaborato contributi concreti per risolverla o almeno per misurarsi con essa. Dunque, sarei lieto di poter dire cose gentili.

Sfortunatamente, condivido la reazione di Brad DeLong: è tutto qua quello che possono offrire? Io capisco che nello sforzo di raggiungere il consenso uno debba spuntare le parti intellettualmente più ardite e politicamente più difficili di quello che un singolo economista proporrebbe. Ma in questo caso la ricerca del consenso sembra aver prosciugato praticamente tutta la sostanza. Non sono neanche sicuro che essi stiano proponendo, in un senso che abbia un qualche significato, che l’eurozona operi diversamente.

Voglio dire, si stanno pronunciando per un sostegno di liquidità in tempi di crisi, e io penso che l’attenuazione del debito sia necessaria. Ma quella è il genere di cosa sulla quale l’Europa sta già cercando di cavarsela alla meno peggio. Essi non si pronunciano a favore di una integrazione delle finanze pubbliche; nemmeno si pronunciano a favore di un sistema di garanzie sui depositi di dimensione europea. Davvero non sono certo di cosa stiano proponendo, oltre una rimessa in ordine degli assetti attuali.

Alludono alla possibilità della stagnazione secolare, che alcuni di noi considerano un argomento evidente a favore di misure di sostegno della finanza pubblica e di obbiettivi più elevati di inflazione. Ma tutto quello che suggeriscono è … una riforma strutturale, l’elisir universale delle classi dirigenti.

L’unica cosa realmente nuova che ho visto è stata la dichiarazione secondo la quale:

“il principale problema è il livello della spesa, piuttosto che il deficit”

abbinata ad un pronunciamnento a favore di regole di spesa. Ma tutto questo da dove deriva? Non c’è correlazione tra le prestazioni economiche nella crisi dell’euro ed il livello della spesa pubblica come percentuale del PIL – secondo gli standard europei, l’Austria ha funzioni di governo molto estese, l’Irlanda e la Spagna le hanno modeste. E in assenza di qualche chiara testimonianza che il problema sia stato il cosiddetto Grande Governo, perché affermare che deve essere ridotta la sovranità nazionale sul versante del settore pubblico?

Mettiamola così: da una prospettiva macroeconomica, l’Europa è una economia depressa con una inflazione molto a di sotto di un obbiettivo ragionevole, disperatamente bisognosa di domanda aggiuntiva, con tale problema esacerbato dalle questioni di aggiustamento all’interno di una valuta unica. E qua abbiamo un manifesto a favore di una riduzione delle funzioni pubbliche e di una riforma strutturale. Gli autori del mainifesto non sono ideologi neoliberisti. Cosa è successo, dunque?

 

 

 

 

 

 

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