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Note con le quali mi pronuncio affinché gli imbrattacarte accademici e gli economisti positivi condividano un po’ di fervore utopistico, nel rispetto del disegno istituzionale dell’Eurozona, di Brad DeLong (dal blog bradford-delong.com, 25 giugno 2016)

 

June 25 2016

In Which I Call for Academic Scribblers and Funct Economists to Enter into Utopian Frenzy with Respect to the Institutional Design of the Eurozone

By Brad DeLong

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From my perspective, this piece at Vox.eu makes many too many bows to conventional-wisdom idols with not just feet but bodies and heads of clay. Thus I cannot sign on to it.

Eleven observations:

  1. The situationis  The Eurozone as currently constituted has been a macroeconomic disaster.
  2. The forecast that the authors make is that on the current policy path “economic health will eventually be restored, unemployment will decrease, and the periphery countries will regain competitiveness” is not a real forecast. I think that this is not a real forecast: if it were a real forecast, it would have a date attached, no?
  3. Thus the framing of needed policy changes as things needed to improve “resiliency” just in case things do not “go as forecast” substantially underplays the seriousness of the problem. Fewer readers will pick up on the “things rarely go as forecast” to understand that the forecast is not a forecast.
  4. The first and most obvious feature of the Eurozone is that its interest rates are at the zero lower bound and its economy lacks aggregate demand. A depressed economy at the zero lower bound needs fiscal expansion. If for some reason normal fiscal expansion is feared to be unwise by some holding veto points, the economy needs helicopter drops–backed up by strong commitments by central banks to raise reserve requirements to curb the velocity of outside money should it suddenly become higher rather than lower than desirable.
  5. The bank regulatory system needs responsibility for banks’ rescue to be transferred from national governments to the ESMnow. Without that transfer, nation-level governments will continue to make the political calculation that letting supervisory and regulatory standards slide is the more attractive course. It may be true “this is the kind of political step that seems unlikely to be feasible in the near term”. But that does not keep it from being needed now. The purpose of a document like this is to set out what is needed–not to reassure people by claiming that whatever is not politically possible now is not needed now.
  6. Public debt is too high if and only if market interest rates now and forecast for the foreseeable future are about to undergo a rapid and massive jump upward. Right now g > r–which means that public debt is not too high but too low.
  7. How governments should hedge against interest rate increases in a world where g > r is an interesting research question. The obvious route is simply to sell consols. Then, when the real consol rate is higher than the societal return on additional government expenditures, we can talk about what the target debt-to-GDP ratio should be and how to get there. But those who are unwilling to advocate the sale of consols as the obvious way to manage public debt risk have, as long as g > r, no standing to complain that public debts are too high–let alone to set out the proposition that public debt is too high as a self-evident truth.
  8. A massively-underfunded ESM is not “the right institution to deal with [government debt] default”. It is the wrong institution. It is worse than no institution at all, because it allows people to claim that there is a backstop when there is, in fact, no backstop.
  9. The “structural reform” agenda is more-or-less orthogonal to the macroeconomic institution redesign agenda. To even hint that energy that would otherwise be devoted to macroeconomic institution design should be diverted to lobby for structural reform is in its essence a call to do less on macroeconomic institution redesign. And that strikes me as unhealthy.
  10. Now I think that I do understand why the economists below–who are, by and large, among the best economists in the world in their wisdom and in their understanding of the European situation–have made the rhetorical choices that they have. They want to appeal to practical men, who believe they are exempt from any trace of utopian frenzy.
  11. But if the Eurozone is to be a good thing for Europe rather than a millstone around the neck of the continent, I think that utopian frenzy is needed.

 

Note con le quali mi pronuncio affinché gli imbrattacarte accademici e gli economisti positivi [1] condividano un po’ di fervore utopistico, nel rispetto del disegno istituzionale dell’Eurozona.

di Brad DeLong

 

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[2]

Dal mio punto di vista, questo articolo su Vox.eu fa un po’ troppe riverenze agli idoli della saggezza convenzionale, idoli che hanno non solo i piedi, ma anche i corpi interi e le teste di argilla. Quindi io non posso convenire con esso.

Undici osservazioni:

1 – La situazione è terribile. L’Eurozona così come è attualmente costituita è stata un disastro macroeconomico.

2 – La previsione che gli autori avanzano, secondo la quale nell’attuale percorso politico “alla fine sarà ripristinata la salute dell’economia, la disoccupazione scenderà ed i paesi della periferia recupereranno competitività”, non è una vera previsione. Io penso che non sia una vera previsione: se lo fosse ci dovrebbe essere un qualche riferimento temporale, no?

3 – Quindi la cornice di necessari cambiamenti politici come cose che servono a migliorare la “capacità di reazione” solo nel caso che “le cose non vadano come previsto”, sostanzialmente minimizza la serietà del problema. Solo una minoranza di lettori si riallaccerà all’espressione “le cose raramente vanno come previsto” per comprendere che la previsione non è una previsione.

4 – La prima e più evidente caratteristica dell’Eurozona è che i tassi di interesse sono al limite inferiore di zero e che la sua economia ha una domanda aggregata scarsa. Una economia depressa al livello del limite inferiore dello zero (nei tassi di interesse) ha bisogno di una espansione della finanza pubblica. Se per qualche normale ragione si teme che l’espansione della finanza pubblica non sia saggia dal punto di vista di qualche detentore di poteri di veto, l’economia ha bisogno di ‘soldi dall’elicottero’ – seguiti da forti impegni delle banche centrali ad elevare le richieste di fondi di riserva per tenere a freno la velocità del denaro in circolazione, che dovrebbe all’improvviso diventare più alta e non più bassa del desiderabile.

5 – Il sistema di regolamentazione delle banche ha bisogno che la responsabilità del salvataggio delle banche sia subito trasferita dai Governi nazionali allo ESM [3]. Senza quel trasferimento, i Governi a livello nazionale continueranno a fare il calcolo politico secondo il quale consentire lo slittamento dei criteri di supervisione e regolamentari sia l’indirizzo più attraente. Può essere vero che “questo è il genere di avanzamento politico che sembra improbabile sia fattibile nel breve termine”. Ma quello non lo esenta dall’essere necessario subito. Lo scopo di documenti come questo è stabilire cosa è necessario – non rassicurare le persone sostenendo che qualsiasi cosa non sia oggi politicamente possibile non sia per ciò stesso necessaria.

6 – Il debito pubblico è troppo elevato se e soltanto se i tassi di interesse di mercato attali e previsti in un futuro prevedibile sono prossimi a subire un rapido e massiccio salto verso l’alto. In questo momento “g > r” [4] – il che significa che il debito pubblico non è troppo alto ma troppo basso.

7 – Come i Governi dovrebbero contenere gli incrementi nei tassi di interesse in un mondo nel quale “g > r” è una interessante questione di ricerca. La strada evidente è semplicemente quella di vendere i titoli non riscattabili [5] sul debito pubblico. In quel caso, quando il tasso reale dei consol è più alto del rendimento sociale sulle spese aggiuntive del Governo, possiamo parlare di quello che dovrebbe essere l’obbiettivo di un rapporto tra debito e PIL e di come raggiungerlo. Ma coloro che non sono disponibili a sostenere la vendita dei consol come il sistema più ovvio per gestire il rischio del debito pubblico non hanno, sinché il tasso di crescita è superiore al tasso di rendimento degli asset, nessun titolo per lamentarsi che i debiti pubblici siano troppo elevati – per non dire di affermare il concetto che il debito pubblico sia troppo alto come una verità indiscutibile.

8 – Un ESM vistosamente sotto finanziato non è “l’istituzione giusta per misurarsi con un default (del debito pubblico)”. È l’istituzione sbagliata. È peggio che non avere alcuna istituzione, perché consente a chiunque di sostenere che c’è una forma di protezione, mentre di fatto non ce n’è nessuna.

9 – La “riforma di struttura” è più o meno ortogonale al programma macroeconomico di riprogettazione dell’istituzione. Persino far cenno al fatto che l’energia che dovrebbe essere rivolta al progetto macroeconomico dell’istituzione debba essere dirottata verso la lobby della ‘riforma strutturale’, è nella sostanza un invito ad operare di meno per il progetto macroeconomico dell’istituzione. Il che mi colpisce come qualcosa di malsano.

10 – Ora, io penso di dover comprendere perché gli economisti che sottoscrivono quel documento – che sono, in linea di massima, tra i migliori economisti al mondo quanto a saggezza ed alla loro comprensione della situazione europea – fanno tali scelte retoriche. Vogliono apparire persone pratiche, che credono di essere esenti da ogni traccia di fervore utopistico.

11- Ma se l’Eurozona è una buona cosa per l’Europa, anziché un fardello appeso al collo del continente, io penso che il fervore utopistico sia necessario.

 

 

 

[1] Come forse si intuisce, la traduzione non è molto agevole. “Funct”, secondo Urban.dictionary, è un antonimo di “defunct”, e insieme forse una abbreviazione di “functional”. Interpreto che ci si voglia riferire alla attitudine degli autori del ‘manifesto’ di Vox.eu ad essere ‘pragmatici’, ovvero ‘positivi’ in senso un po’ ironico. Resta il fatto che “scribblers” – che vuol dire più o meno ‘scribacchini’ – riferito ai docenti universitari che hanno firmato l’appello appare un po’ forte (uno degli scribacchini è, ad esempio, Paul DeGrauwe, di solito assai stimato tra gli economisti americani di orientamento progressista).

Del resto, in questo stesso post, verso la fine DeLong afferma che gli economisti che hanno sottoscritto l’appello sono “tra i migliori economisti al mondo …”. Ma chi legge DeLong sa che si esprime spesso in modo un po’ bizzarro, particolarmente nei titoli dei suoi post.

[2] Il diagramma mostra l’andamento dei rendimenti dei bond decennali tedeschi, dal 1990 al 2015. Viene solitamente considerato come un indicatore particolarmente attendibile delle aspettative economiche di lungo periodo degli investitori.

[3] Meccanismo Europeo di Stabilità.

[4] “g” è il tasso generale di crescita dell’economia; “r” il tasso di rendimento degli asset. Dunque, la situazione attuale è rappresentata a tassi di crescita che sono superiori ai tassi di interesse sugli asset. Per tale concetto, si veda il post di Krugman “Note su Picketty”, del 14 marzo 2016, qua tradotto.

[5] Nella storia inglese i “consols” sono titoli sul debito pubblico che non sono riscattabili, se non a seguito di una specifica decisione da parte del Governo (‘perpetual bonds’). I primi ‘consols’ furono emessi nel 1751.  Il fatto che siano ipoteticamente riscattabili in una data indefinita – mi pare di capire – li caratterizza come una specie di debito consolidato, un prestito congelato allo Stato, con tassi di interesse molto bassi ma perpetui. Non riesco a capire se essi siano stati istituiti anche in altri paesi – come parrebbe dall’uso in questo articolo – ma su Investopedia trovo questa informazione: “Negli Stati Uniti alcuni credono che sarebbe più efficiente se il Governo emettesse bond perpetui, che possono aiutare ad evitare i costi di rifinanziamento associati alle emissioni di bond che hanno date di scadenza”.

 

 

 

 

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