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“Troppo lungo, non l’ho letto” e la macroeconomia moderna (per esperti) (dal blog di Krugman)

 

Tl;dr and Modern Macroeconomics (Wonkish)

JUNE 20, 2016 2:18 PM

 

Dear spell-correct: no, I do not mean “monkish.”

A short break from textbook revision, with macroeconomics and how to teach it still on my mind. So let me return to an old topic, the continuing usefulness of Hicksian IS-LM economics, in a somewhat different context.

When the Great Recession struck, there was a sharp division in economic commentary between those who had learned and appreciated the old Hicksian framework and those who hadn’t and/or didn’t. For that framework made some important predictions — namely, it said that things would be different at the zero lower bound. Increases in the monetary base — even huge increases — would not be inflationary. Budget deficits would not drive up interest rates. And fiscal multipliers would be much larger than they are in normal times, when fiscal expansion or contraction is offset by monetary policy.

Those were deeply controversial predictions at the time, but they were overwhelmingly vindicated by experience — dead-enders are reduced to arguing that Hicksians just happened to be right for the wrong reasons.

But here’s the thing: doing anything like HIcksian analysis in public is still very much frowned on within the economics profession. It’s ad hoc, not microfounded, sloppy about intertemporal relationships. DSGE models with sticky prices are OK; publishing IS-LMish stuff, even in a policy forum, remains hard and in general is possible only for old guys with enough professional capital to get away with it.

So how much is lost as a result? What set me off was reading Eggertsson et al (EMSS) on contagious secular stagnation. It’s serious work, and I agree with the main conclusions; I am also a big admirer of all of the economists involved, particularly Gauti, who was investigating the weird economics of the liquidity trap long before it was cool.

And yet … it’s really tough going, epitomizing too long; didn’t read to the nth degree. In part I guess I’m just an aging economist with much less tolerance for algebraic grinding than I used to have. You also want to bear in mind the old principle that the optimal level of technical difficulty in papers is always precisely the level of your own papers. But still.

What do we get out of the rigor — the overlapping-generations setup, the explicit modeling of borrowing constraints, and so on? Suppose you came at this issue in an old-fashioned way, using Mundell-Fleming — the open-economy version of IS-LM. You would boil it down (as Olivier Blanchard has suggested in an email) to a Metzler diagram, with the exchange rate (price of foreign currency) on the horizontal axis and interest rates on the vertical:

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The idea here is that a depreciation of Home’s currency causes economic expansion in Home, which Home’s central bank leans against, hence the upward slope; meanwhile, it causes contraction in Foreign, which Foreign’s central bank also leans against, hence downward slope. But both face a potential zero lower bound, hence the flat sections.

With perfect capital mobility and static expectations, interest rates must be equalized, so equilibrium is where the two lines cross. And it’s now obvious that an adverse shock in Foreign, suggested by the blue arrows, will push interest rates down in both countries. If the shock is enough to drive Foreign to the ZLB, it will do the same to Home, as transmitted through the exchange rate. In other words, Europe can export its secular stagnation to us via a weak euro and a strong dollar.

Now, you get a few additional insights from the EMSS paper, such as the role of credit constraints in inducing stagnation and the rule of limits on capital mobility in limiting its spread. But the cost in terms of complexity and cumbersomeness is huge.

And this cumbersomeness may even lead to loss of insight. The paper relies, necessarily, on the analysis of steady states. Yet I would argue that the transmission of the liquidity trap depends crucially on how permanent the shock is perceived to be — which is an insight you lose by assuming a steady state.

But, some readers may say, haven’t I myself used this kind of framework, both in my original liquidity trap analysis and in work with Gauti on deleveraging? Yes indeed — and while part of the reason was to get through the anti-Hicks barrier, in each case I believed that dotting those i’s and crossing those t’s yielded some valuable insights. In fact, I didn’t believe in the liquidity trap until I saw it pop up in a New Keynesian model, and doing the deleveraging math really helped clarify my thinking there too.

So I don’t have any general opposition to the more elaborate modeling approach. What worries me is the effective prohibition on simple, ad hoc models that sometimes yield most of the insight — in the case of contagious secular stagnation, I’d put the ratio well above 90 percent — in a form that is much more useful for real-world policy discussion.

Or then again, maybe it’s just my vintage. Also, you kids get off my lawn.

 

“Troppo lungo, non l’ho letto” [1] e la  macroeconomia moderna (per esperti) 

 Per favore, pronunciate correttamente: no, non intendo “per monaci” [2].

Una breve pausa dalla revisione del libro di testo, con la macroeconomia e il come insegnarla che ancora mi frullano per la testa. Dunque, consentitemi di ritornare ad una vecchia questione, la permanente utilità dell’economia del modello hicksiano IS-LM, in un contesto alquanto differente.

Quando la Grande Recessione colpì, ci fu una chiara divisione tra i commentatori economici, tra coloro che avevano imparato ed apprezzavano il vecchio modello hicksiano e coloro che non avevano fatto o facevano né l’una cosa né l’altra. Perché quello schema avanzava alcune importanti previsioni – in particolare, esso diceva che le cose sarebbero state diverse al livello inferiore dello zero (dei tassi di interesse). Gli incrementi nella base monetaria – anche ampi incrementi – non sarebbero stati inflazionistici. I deficit di bilancio non avrebbero alzato i tassi di interesse. E i moltiplicatori della finanza pubblica sarebbero stati molto più ampi che non in tempi normali, quando l’espansione o la contrazione della finanza pubblica sono compensate dalla politica monetaria.

A quel tempo, erano previsioni profondamente controverse, ma sono state risarcite in modo schiacciante dall’esperienza – chi non aveva altre vie di uscita, si è ridotto a sostenere che era soltanto accaduto che gli hicksiani avessero ragione per le ragioni sbagliate.

Ma il punto è qua: fare in pubblico qualcosa che assomigli ad una analisi hicksiana, ancora non è visto di buon occhio nella disciplina economica. È un metodo ad hoc, senza fondamenti microeconomici, approssimativo dal punto di vista delle relazioni intertemporali. I modelli dell’Equilibrio Generale Dinamico Stocastico (DSGE) [3] con i prezzi ‘vischiosi’ vanno bene: pubblicare roba del tipo IS-LM, persino in un dibattito politico, resta azzardato e in generale è possibile solo per individui un po’ anziani, che abbiano sufficiente capitale professionale per farla franca.

Dunque, come conseguenza quanto si è perso? Quello che mi ha provocato è stata la lettura del lavoro di Eggertsson ed altri [4] sulla contagiosa stagnazione secolare. È un lavoro serio, ed io condivido le principali conclusioni; sono anche un ammiratore di tutti gli economisti coinvolti, in particolare di Gauti (Eggertsson), che aveva analizzato la bizzarra economia della trappola di liquidità molto prima che diventasse così apprezzata.

E tuttavia … è davvero difficile sviscerarlo troppo a lungo; non l’ho letto per intero. In parte suppongo dipenda solo dal fatto che sono un economista che invecchia, con molta minore tolleranza nel macinare l’algebra di quella che avevo un tempo. Si può anche tenere a mente il vecchio principio secondo il quale il livello ottimale delle difficoltà tecniche negli studi è precisamente il livello dei vostri studi medesimi. Eppure ….

Che cosa ci sfugge dal punto di vista del rigore – lo schema delle generazioni che si accavallano, il modello specifico dei condizionamenti nel debito, e così via?  Supponiamo di arrivare a questo tema secondo una modalità tradizionale, utilizzando il modello Mundell-Fleming – la versione del modello IS-LM in una economia aperta. Lo si potrebbe restringere (come ha suggerito in una mail Olivier Blanchard) ad un diagramma di Metzler, con il tasso di cambio (il prezzo delle valute straniere) sull’asse orizzontale e i tassi di interesse su quello verticale:

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In questo caso, l’idea è che una svalutazione della valuta nazionale provochi una espansione interna [5], a cui la Banca centrale di quella nazione si appoggerà, di qua l’inclinazione verso l’alto; nel frattempo, essa provoca una contrazione nel paese straniero, con la sua banca centrale che anch’essa si sosterrà, dalla qualcosa una inclinazione verso il basso. Ma entrambe si trovano di fronte ad un limite inferiore di zero potenziale, quindi gli spaccati piatti.

Con una perfetta mobilità dei capitali e aspettative statiche, i tassi di interesse devono essere pareggiati, cosicché l’equilibrio è dove le due linee si incrociano. Ed ora è evidente che uno shock negativo nel paese straniero, suggerito dalle frecce blu, spingerà i tassi di interesse verso il basso in entrambi i paesi. Se lo shock è sufficiente a portare il paese straniero al limite inferiore dello zero, esso provocherà lo stesso effetto all’interno dell’altro paese, trasmettendolo attraverso il tasso di cambio. In altre parole, l’Europa può esportare a noi la sua stagnazione secolare, attraverso un euro debole e un dollaro forte.

Aggiungete adesso poche intuizioni aggiuntive che vengono dallo studio di Eggertsson ed altri, come il ruolo dei condizionamenti del credito nell’indurre la stagnazione e la regola dei limiti nella mobilità del capitale nella limitazione della sua espansione. Ma il costo in termini di complessità e di difficoltà è elevato.

E questa difficoltà può anche condurre ad una perdita di intuizione. Lo studio si basa, necessariamente, sulla analisi delle condizioni stabili. Tuttavia, io penserei che la trasmissione della trappola di liquidità dipenda fondamentalmente da quanto lo shock viene precepito come permanente – che è una intuzione che si perde assumendo una condizione stabile.

Eppure, qualche lettore può obiettare che anch’io ho usato questo genere di schema, sia nella mia analisi originaria sulla trappola di liquidità che nel mio lavoro con Gauti nella riduzione del rapporto di indebitamento. In effetti è così – e mentre una parte delle ragioni fu quella di superare la barriera contro Kicks, in ogni caso io ritenevo che mettere tutti i puntini sulle “i” avrebbe prodotto qualche apprezzabile intuizione. Di fatto, io non credevo alla trappola di liquidità finché non la vidi saltar fuori in un modello neo keynesiano, ed usare la matematica della riduzione del rapporto di indebitamento contribuì sostanzialmente a chiarire il mio pensiero anche su quell’aspetto.

Dunque, io non ho alcuna generale opposizione all’approccio di una modellazione più elaborata. Quello che mi inquieta è la sostanziale probizione ai semplici modelli ad hoc, che talvolta producono le maggiori intuizioni – nel caso della stagnazione secolare, direi in una percentuale ben superiore al 90 per cento – in una forma che è molto più utile per il confronto politico nel mondo reale.

D’altra parte, può darsi che si tratti soltanto di una mia datata fissazione. Per giunta, figlioli, scendete sul mio campo!

 

 

[1][1] Sembra che “tl;dr” stia per “too long, I didn’t read”. Vedi UrbanDictionary.

[2] Si riferisce al termine “wonkish”, che significa “sgobbone, studioso, molto esperto”; e che non va confuso con “monkish”, che significa “da monaco, monacale”.

[3] Si tratta di un settore della teoria economica più recente, che – da Wikipedia – “cerca di spiegare i fenomeni dell’economia aggregata (crescita, cicli economici, effetti delle politiche monetarie e della finanza pubblica) sulla base di modelli macroeconomici derivati da principi microeconomici”. Si può anche dire che, in sostanza, è un indirizzo assunto dall’economia neokeynesiana, che ha consentito ad essa di superare le obiezioni avanzate contro di essa dagli economisti ‘neoclassici’ (Lucas in particolare).

[4] Gauti B. Eggertsson, Neil Mehrotra, Sanjay Singh, Lawrence H. Summers.

[5] Nel diagramma la linea “home”. Mentre il paese straniero è la linea “foreign”.

 

 

 

 

 

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