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Tutti coloro che hanno reso possibile il candidato, di Paul Krugman (New York Times 8 luglio 2016)

 

All the Nominee’s Enablers

Paul Krugman JULY 8, 2016

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A couple of weeks ago Paul Ryan, the speaker of the House, sort of laid out both a health care plan and a tax plan. I say sort of, because there weren’t enough details in either case to do any kind of quantitative analysis. But it was clear that Mr. Ryan’s latest proposals had the same general shape as every other proposal he’s released: huge tax cuts for the wealthy combined with savage but smaller cuts in aid to the poor, and the claim that all of this would somehow reduce the budget deficit thanks to unspecified additional measures.

Given everything else that’s going on, this latest installment of Ryanomics attracted little attention. One group that did notice, however, was Fix the Debt, a nonpartisan deficit-scold group that used to have substantial influence in Washington.

Indeed, Fix the Debt issued a statement — but not, as you might have expected, condemning Mr. Ryan for proposing to make the deficit bigger. No, the statement praised him. “We are concerned that the policies in the plan may not add up,” the organization admitted, but it went on to declare that “we welcome this blueprint.”

And there, in miniature, is the story of how America ended up with someone like Donald Trump as the presumptive Republican nominee and possible next president. It’s all about the enablers, and the enablers of the enablers.

At one level, all Mr. Trump has done is to channel the racism that has always been a part of our political life — it’s literally as American as apple pie — and hitch it to the authoritarian impulse that has also always lurked behind democratic norms. But there’s a reason these tendencies are sufficiently concentrated in the G.O.P. that Trumpism could triumph in the primaries: a cynical political strategy that the party’s establishment has pursued for decades.

To put it bluntly, the modern Republican Party is in essence a machine designed to deliver high after-tax incomes to the 1 percent. Look at Mr. Ryan: Has he ever shown any willingness, for any reason, to make the rich pay so much as a dime more in taxes? Comforting the very comfortable is what it’s all about.

But not many voters are interested in that goal. So the party has prospered politically by harnessing its fortunes to racial hostility, which it has not-so-discreetly encouraged for decades.

These days, former President George H.W. Bush is treated as an elder statesman, too gentlemanly to endorse the likes of Donald Trump — but remember, he’s the one who ran the Willie Horton ad. Mitt Romney is also sitting this one out — but he was happy to accept Mr. Trump’s endorsement back when the candidate was best known for his rabid birtherism.

And Mr. Ryan, after a brief pretense of agonizing about Mr. Trump, is now in full attack-dog mode on the candidate’s behalf. After all, the Trump tax plan would be a huge windfall for the wealthy, while Hillary Clinton would surely sustain President Obama’s significant tax hike on high incomes, and try to push it further.

I’m not saying that all leading Republicans are racists; most of them probably aren’t, although Mr. Trump probably is. It is that in pursuit of their economic — actually, class-interest — goals they were willing to act as enablers, to make their party a safe space for prejudice. And the result is a party base that is strikingly racist, in which a plurality of voters believe that Mr. Obama is a Muslim, and more — a base just waiting for a candidate willing to blurt out what the establishment conveyed by innuendo.

But there’s one more crucial element here: We wouldn’t have gotten to this point if so many people outside the G.O.P. — in particular, journalists and self-proclaimed centrists — hadn’t refused to acknowledge what was happening.

Political analysts who tried to talk about the G.O.P.’s transformation, like Norman Ornstein of the American Enterprise Institute, were effectively ostracized for years. Instead, the respectable, “balanced” thing was to pretend that the parties were symmetric, to turn a blind eye to the cynicism of the modern Republican project.

Which brings me back to Mr. Ryan, the de facto leader of his party until the Trumpocalypse. How did he reach that position? Not by inspiring deep loyalty in the base, but rather by getting incredibly favorable treatment from journalists and centrists eager to show their bipartisanship by finding a serious, honest Republican to praise — or at least someone able to do a passable job of playing that character on TV. And as the latest from Fix the Debt shows, the charade is still going on.

The point is that this kind of false balance does real harm. The Republican establishment directly enabled the forces that led to Trump; but many influential people outside the G.O.P. in effect enabled the enablers. And so here we are.

 

Tutti coloro che hanno reso possibile il candidato, di Paul Krugman

New York Times 8 luglio 2016

Un paio di settimane fa Paul Ryan, lo speaker della Camera dei Rappresentanti, ha in qualche modo esposto sia un piano di assistenza sanitaria che un programma fiscale. Dico ‘in qualche modo’ perché, in entrambi i casi, non c’erano sufficienti dettagli da consentire una analisi quantitativa di nessun genere. Ma era chiaro che le più recenti proposte del signor Ryan avevano la stessa forma generale di ogni altra proposta da lui avanzata: grandi sgravi fiscali per i ricchi associati a tagli selvaggi, ma di misura minore, negli aiuti verso i poveri, e la pretesa che tutto questo in qualche modo ridurrà i deficit di bilancio grazie a misure aggiuntive non specificate.

Considerato tutto il resto che sta accadendo, questa ultima puntata della Ryanomics ha provocato poca attenzione. Tuttavia, un gruppo che l’ha notata è stato Fix the Debt, un gruppo indipendente di Cassandre del deficit che di solito ha una influenza sostanziale a Washington.

Infatti, Fix the Debt ha fatto circolare una presa di posizione – ma non, come ci si poteva aspettare, di condanna di Ryan, per aver proposto un incremento del deficit. No, la presa di posizione era un elogio nei suoi confronti. “Noi siamo preoccupati che le politiche del programma non possano risultare congrue”, ha ammesso l’associazione, ma ha seguitato dichiarando che “questo progetto ha il nostro benvenuto”.  

E qua c’è, in miniatura, la storia di come l’America si è ritrovata con un soggetto come Donald Trump come probabile candidato repubblicano e possibile futuro Presidente. Essa riguarda per intero tutti coloro che l’hanno resa possibile, nonché tutti quelli che hanno aiutato chi l’ha resa possibile.

Per un aspetto, tutto quello che Trump ha fatto è stato incanalare il razzismo che è sempre stato una parte della nostra vita politica – esso è americano letteralmente come una torta di mele – e sposarlo alla tentazione autoritaria, che anch’essa è sempre stata in agguato dietro le regole democratiche. Ma c’è una ragione per la quale queste tendenze si sono a tal punto concentrate nel Partito Repubblicano da consentire il trionfo del trumpismo nelle primarie: una strategia politica cinica che il gruppo dirigente del Partito ha perseguito per decenni. Per dirla senza giri di parole, il Partito Repubblicano odierno in sostanza è una macchina rivolta a consegnare elevati redditi dopo le tasse all’1 per cento dei più ricchi. Si osservi Ryan: ha mai dimostrato qualche disponibilità, per qualsiasi ragione, di far pagare un centesimo in più di tasse ai più ricchi? Aiutare chi sta già bene, la sostanza è questa.

Ma non sono molti gli elettori interessati a tale obbiettivo. Cosicché il Partito ha prosperato politicamente legando le sue fortune all’ostilità razziale, che è stata incoraggiata per decenni neanche tanto discretamente.

Di questi tempi, il passato Presidente George H. W. Bush [1] è trattato come un vecchio uomo di Stato, troppo gentiluomo per appoggiare individui come Donald Trump – ma si ricordi che fu lui a gestire la propaganda sul caso di Willie Horton [2]. Anche Mitt Romney questa volta è fuori dalla partita – ma fu felice di accettare in passato il sostegno di Donald Trump, quando il candidato era soprattutto noto per le sue fanatiche prese di posizioni sulle origini di Obama [3].

E il signor Ryan, dopo un breve periodo nel quale si era finto angosciato per Trump, adesso è in piena versione di cane da guardia per conto del candidato. Dopo tutto, il programma fiscale di Trump sarebbe una manna per i ricchi, mentre Hillary Clinton certamente sosterrebbe il significativo aumento delle tasse del Presidente Obama sui redditi più alti, e cercherebbe di spingerlo oltre.

Non sto sostenendo che tutti i dirigenti repubblicani siano razzisti; gran parte di loro probabilmente non lo è, per quanto Trump è probabile che lo sia. Il fatto è che a seguito dei loro obbiettivi economici – in effetti, dei loro interessi di classe – essi sono stati disponibili ad agire come sostegni, facendo in modo che il loro partito fosse un terreno sicuro per il pregiudizio. E il risultato è che la base del Partito, nella quale un buon numero di elettori crede che Obama sia un musulmano ed altro ancora, è in modo stupefacente razzista – una base che sta solo aspettando che un candidato sia disponibile a sputar fuori apertamente quello che il gruppo dirigente ha comunicato in modo allusivo.

Ma in questo caso c’è un altro aspetto cruciale: non saremmo arrivati a questo punto se tante persone fuori dal Partito Repubblicano – in particolare giornalisti e sedicenti centristi – non avessero chiuso gli occhi dinanzi a quello che stava avvenendo.

Gli analisti politici che hanno cercato di parlare della trasformazione del Partito Repubblicano, come Norman Ornstein dell’American Enterprise Institute, sono stati efficacemente messi ai margini per anni. Invece, quello che era rispettabile ed “equilibrato” era fingere che i partiti fossero simmetrici, in modo da chiudere gli occhi dinanzi al cinismo del progetto odierno dei repubblicani.

La qualcosa mi riporta al signor Ryan, in sostanza il leader del suo partito durante l’apocalisse di Trump. In che modo ha raggiunto quella posizione? Egli non ha ispirato una profonda fedeltà nella base, piuttosto ha ottenuto un trattamento incredibilmente favorevole da parte di giornalisti e di centristi ansiosi di dimostrare la loro indipendenza individuando un onesto e serio repubblicano da incensare –  o almeno qualcuno capace di prestazioni passabili nello spendere sulle televisioni un carattere del genere. E come dimostra la più recente posizione di Fix the Debt, la farsa sta andando avanti.

Il punto è che questa sorta di falso equilibrio provoca un vero danno. Il gruppo dirigente repubblicano ha direttamente reso possibili i fattori che hanno condotto a Trump; ma molte persone influenti fuori dal Partito Repubblicano hanno in sostanza reso possibili quei facilitatori. E così siamo a questo punto.  

 

 

[1]  Il padre del Bush della guerra in Iraq, Presidente dal 1989 al 1993.

[2] Una vicenda che caratterizzò la campagna elettorale del 1998, tra Bush padre e Dukakis. Willie Horton era un afroamericano in carcere per omicidio, che si rese responsabili di nuove gravi illegalità durante un permesso di congedo dal carcere. I repubblicani utilizzarono in modo spregiudicato questa vicenda contro i democratici.

[3] Per “birtherism” si intende una delle varie teorie cospiratorie della destra, secondo la quale era stata tenuta nascosta la verità sulla nascita di Obama, che sarebbe stata in Kenya e non negli USA. In tal modo egli non avrebbe avuto diritto a diventare Presidente. Trump fu un accanito sostenitore di questa posizione, all’epoca della candidatura di Mitt Romney in competizione con Obama, e fu anche un sostenitore di Romney.

 

 

 

 

 

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