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Per trenta denari, di Paul Krugman (New York Times 12 agosto 2016)

 

Pieces of Silver

Paul Krugman AUG. 12, 2016

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By now, it’s obvious to everyone with open eyes that Donald Trump is an ignorant, wildly dishonest, erratic, immature, bullying egomaniac. On the other hand, he’s a terrible person. But despite some high-profile defections, most senior figures in the Republican Party — very much including Paul Ryan, the speaker of the House, and Mitch McConnell, the Senate majority leader — are still supporting him, threats of violence and all. Why?

One answer is that these were never men and women of principle. I know that many in the news media are still determined to portray Mr. Ryan, in particular, as an honest man serious about policy, but his actual policy proposals have always been transparent con jobs.

Another answer is that in an era of intense partisanship, the greatest risk facing many Republican politicians isn’t that of losing in the general election, it’s that of losing to an extremist primary challenger. This makes them afraid to cross Mr. Trump, whose ugliness channels the true feelings of the party’s base.

But there’s a third answer, which can be summarized in one number: 34.

What’s that? It’s the Congressional Budget Office’s estimate of the average federal tax rate for the top 1 percent in 2013, the latest year available. And it’s up from just 28.2 in 2008, because President Obama allowed the high-end Bush tax cuts to expire and imposed new taxes to pay for a dramatic expansion of health coverage under the Affordable Care Act. Taxes on the really, really rich have gone up even more.

If Hillary Clinton wins, taxes on the elite will at minimum stay at this level, and may even go up significantly if Democrats do well enough in congressional races to enable her to pass new legislation. The nonpartisan Tax Policy Center estimates that her tax plan would raise the average tax rate for the top 1 percent by another 3.4 percentage points, and the rate for the top 0.1 percent by five points.

But if “populist” Donald Trump wins, taxes on the wealthy will go way down; in particular, Mr. Trump is calling for elimination of the inheritance tax, which these days hits only a tiny number of really yuuuge estates (a married couple doesn’t pay any tax unless its estate is worth more than$10.9 million).

So if you’re wealthy, or you’re someone who has built a career by reliably serving the interests of the wealthy, the choice is clear — as long as you don’t care too much about stuff like shunning racism, preserving democracy and freedom of religion, or for that matter avoiding nuclear war, Mr. Trump is your guy.

And that’s pretty much how the Republican establishment still sees it. Getting rid of the estate tax is “the linchpin of the conservative movement,” one major donor told Bloomberg’s Sahil Kapur. Gotta get those priorities straight.

Should we be shocked at the willingness of leading Republicans to make this bargain? Well, we should be shocked — we should never, ever start accepting this sort of thing as normal politics. But we shouldn’t be surprised, because it’s just an extension of the devil’s bargain the economic right has been making for decades, going all the way back to Nixon’s “Southern strategy.”

Don’t take my word for it; listen to the conservatives who have reached their limit. Recently Avik Roy, a leading Republican health-policy expert, had the personal and moral courage to admit what liberals (and political scientists) have been saying for years: “In reality, the gravitational center of the Republican Party is white nationalism.”

Just to be clear, I’m not saying that top Republicans were or are personally bigoted — but that doesn’t matter. What does matter is that they were willing to curry favor with bigots in the service of tax cuts for the rich and financial deregulation. Remember, Mitt Romney eagerly accepted a Trump endorsement in 2012, knowing full well that he was welcoming a racist conspiracy theorist into his camp.

All that has happened this year is a move of those white nationalists from part of the supporting cast to a starring role. So when Republicans who went along with the earlier strategy draw the line at Mr. Trump, they’re not really taking a stand on principle; they’re just complaining about the price. And the party’s top leadership isn’t even willing to do that.

If this election goes the way it probably will, a few months from now those leading Republicans will be trying to pretend that they never really supported their party’s nominee, that in their hearts they always knew he was the wrong man.

But whatever doubts they may be feeling don’t excuse their actions, and in fact make them even less forgivable. For the fact is that right now, when it matters, they have decided that lower tax rates on the rich are sufficient payment for betraying American ideals and putting the republic as we know it in danger.

 

Per trenta denari [1], di Paul Krugman

New York Times 12 agosto 2016

Ormai, è chiaro a tutti coloro che hanno gli occhi aperti che Donald Trump è un ignorante, estremamente disonesto, inaffidabile, immaturo, prepotente egomaniaco. In generale, è un pessimo individuo. Ma, nonostante alcune rilevanti defezioni, la maggioranza dei personaggi autorevoli nel Partito Repubblicano – senza dubbio inclusi Paul Ryan, lo speaker della Camera dei Rappresentanti, e Mitch McConnell, la figura di spicco della maggioranza del Senato – lo stanno ancora sostenendo, con le minacce di violenza e tutto il resto. Perché?

Una risposta è che costoro non sono mai stati uomini e donne di principi. So che molti nel mondo dell’informazione sono ancora determinati a ritrarre, in particolare il signor Ryan, come un uomo onesto, serio quando si tratta di programmi politici, ma le sue effettive proposte politiche sono sempre state evidenti imbrogli.

Un’altra risposta è che in un’epoca di intensa faziosità, il più grande rischio che fronteggiano molti politici repubblicani non è una sconfitta alle elezioni generali, ma una sconfitta da parte di uno sfidante estremista alle loro primarie. È questo che li rende timorosi di mettersi di traverso a Donald Trump, la cui ostilità orienta i sentimenti profondi della base del Partito.

Ma c’è una terza risposta, che può essere sintetizzata in un numero: 34.

Di cosa si tratta? È la stima dell’Ufficio del Bilancio del Congresso della percentuale delle tasse medie federali nel 2013 sull’1 per cento di più ricchi, nell’ultimo anno disponibile. Ed essa è salita dall’appena 28,2 per cento del 2008, perché il Presidente Obama ha fatto in modo che gli sgravi fiscali di lusso di Bush avessero un termine [2] ed ha imposto nuove tasse da pagare per una spettacolare espansione della assistenza sanitaria con la Legge sulla Assistenza Sostenibile. Le tasse sui cittadini ricchissimi sono cresciute anche di più.

Se Hillary Clinton vincesse, le tasse sulle classi dirigenti come minimo resterebbero a questo livello, e potrebbero persino crescere in modo significativo se i democratici andassero talmente bene nelle competizioni congressuali da permetterle di far passare una nuova legislazione. L’indipendente Tax Policy Center stima che il suo programma fiscale farebbe crescere la percentuale fiscale media per l’1 per cento dei più ricchi di altri 3/4 punti, e la percentuale sullo 0,1 per cento dei ricchissimi di cinque punti.

Ma se vincesse il “populista” Donald Trump, le tasse sui ricchi scenderanno; in particolare, il signor Trump sta chiedendo la eliminazione della tassa di successione, che di questi tempi interessa soltanto un numero minuscolo di immensi patrimoni (una coppia sposata non paga alcuna imposta se il suo patrimonio non ha un valore superiore a 10,9 milioni di dollari).

Se siete dunque ricchi, o se siete persone che hanno costruito una carriera servendo affidabilmente gli interessi dei ricchi, la scelta è chiara – finché non vi date troppo pensiero per cose come il rigettare il razzismo, il preservare la democrazia e la libertà religiosa, oppure, per dirla tutta, l’evitare una guerra nucleare, il signor Trump è il vostro uomo.

Ed è in questo modo che sostanzialmente il gruppo dirigente repubblicano ancora lo considera. Togliere di mezzo la tassa sugli immobili è “il fulcro del movimento conservatore”, ha affermato un importante donatore a Sahil Kapur, su Bloomberg [3].  Fate una scelta netta su queste priorità.

Dovremmo essere sorpresi della disponibilità dei repubblicani più eminenti di aderire ad una simile accordo? Ebbene, dovremmo esserlo – nel senso che non avremmo mai dovuto cominciare ad accettare cose del genere come normale politica. Eppure, non dovremmo essere sorpresi, giacché si tratta soltanto di un ampliamento dell’accordo diabolico che la destra economica ha stipulato per decenni, a partire dalla “strategia meridionale” di Nixon.

Non prendete le mie parole per oro colato; ascoltate i conservatori che hanno raggiunto il loro punto limite. Di recente Avik Roy, un eminente esperto repubblicano di politica sanitaria, ha avuto il coraggio personale e morale di ammettere quello che i progressisti (ed i politologi) stanno dicendo da anni: “In realtà, il centro gravitazionale del Partito Repubblicano è il nazionalismo bianco”.

Solo per esser chiaro, non sto sostenendo che i dirigenti repubblicani siano stati o siano personalmente intolleranti – ma che il punto non è quello. Quello che conta è che essi sono stati disponibili ad ingraziarsi gli intolleranti al servizio di sgravi fiscali per i ricchi e della deregolamentazione finanziaria. Si ricordi, Mitt Romney fu ben contento di accettare l’appoggio di Trump nel 2012, sapendo fin troppo bene che stava accogliendo un teorico della cospirazione razzista nel suo campo [4].

Tutto quello che è accaduto quest’anno è uno spostamento di quei nazionalisti bianchi dal ruolo di attori non protagonisti a quello di protagonisti assoluti. Dunque, quando i repubblicani che avevano accettato la precedente strategia hanno escluso di collaborare con Trump, in realtà non hanno preso una posizione di principio; si stavano soltanto lamentando sul prezzo. Ed i massimi dirigenti del Partito non sono neppure disponibili a quello.

Se queste elezioni andranno come probabilmente dovrebbero, tra pochi mesi quegli eminenti dirigenti repubblicani pretenderanno di non aver mai sostenuto il candidato del loro partito, giacché in cuor loro sapevano che era l’uomo sbagliato.

Ma qualsiasi dubbio possano aver avuto, esso non scusa le loro azioni, e di fatto li rende anche meno perdonabili. Perché il punto è che in questo momento, nel momento in cui ciò è importante, hanno deciso che percentuali fiscali più basse sui ricchi possano essere un prezzo sufficiente per tradire gli ideali americani e per mettere in pericolo la repubblica che noi conosciamo.

 

[1] I “pieces of silver” erano, tra l’altro, le monete di argento (trenta) con le quali venne comprato il tradimento di Giuda. Che mi pare il senso di questo articolo.

[2] La storia è la seguente: Bush aveva fatto approvare forti sgravi fiscali sui redditi più alti, ma per superare l’inconveniente dei regolamenti del Congresso degli Stati Uniti – che richiedevano una maggioranza assoluta di voti favorevoli per una modifica della legislazione fiscale definitiva – aveva usato la finzione della fissazione di un termine temporale per tale misura. Era implicito che, arrivati a tale scadenza, essa sarebbe stata rinnovata. Ma Obama e la sua maggioranza decisero che non ci sarebbe stato alcun rinnovo – almeno per i redditi più elevati – e dunque si tornò alle aliquote precedenti il regalo di Bush.

[3] L’articolo di Kapur è apparso su Bloomberg Policy l’8 agosto. Nell’articolo un autorevole finanziatore delle elezioni e collaboratore di Trump – Brian Ballard, già sostenitore di Jeb Bush – sostiene che le ultime precisazioni sul programma fiscale di Trump dovrebbero avere l’effetto di riunificare il gruppo dirigenti repubblicano attorno a Trump.

[4] Trump era un sostenitore della teoria ‘cospiratoria’ secondo la quale ad Obama si era consentito di diventare Presidente contro la legge, giacché si sosteneva che non fosse americano di nascita, ma keniano. Attorno a questa versione delle teorie cospiratorie, si raggruppava e si raggruppa una certa compagine di estremisti di destra, ed accettare il sostegno di Trump – per un repubblicano altrimenti più ragionevole come Romney – significava accettare quegli elettori della destra americana.

 

 

 

 

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