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Hillary viene trattata come Al Gore, di Paul Krugman (New York Times 5 settembre 2016

 

Hillary Clinton Gets Gored

Paul Krugman SEPT. 5, 2016

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Americans of a certain age who follow politics and policy closely still have vivid memories of the 2000 election — bad memories, and not just because the man who lost the popular vote somehow ended up in office. For the campaign leading up to that end game was nightmarish too.

You see, one candidate, George W. Bush, was dishonest in a way that was unprecedented in U.S. politics. Most notably, he proposed big tax cuts for the rich while insisting, in raw denial of arithmetic, that they were targeted for the middle class. These campaign lies presaged what would happen during his administration — an administration that, let us not forget, took America to war on false pretenses.

Yet throughout the campaign most media coverage gave the impression that Mr. Bush was a bluff, straightforward guy, while portraying Al Gore — whose policy proposals added up, and whose critiques of the Bush plan were completely accurate — as slippery and dishonest. Mr. Gore’s mendacity was supposedly demonstrated by trivial anecdotes, none significant, some of them simply false. No, he never claimed to have invented the internet. But the image stuck.

And right now I and many others have the sick, sinking feeling that it’s happening again.

True, there aren’t many efforts to pretend that Donald Trump is a paragon of honesty. But it’s hard to escape the impression that he’s being graded on a curve. If he manages to read from a TelePrompter without going off script, he’s being presidential. If he seems to suggest that he wouldn’t round up all 11 million undocumented immigrants right away, he’s moving into the mainstream. And many of his multiple scandals, like what appear to be clear payoffs to state attorneys general to back off investigating Trump University, get remarkably little attention.

Meanwhile, we have the presumption that anything Hillary Clinton does must be corrupt, most spectacularly illustrated by the increasingly bizarre coverage of the Clinton Foundation.

Step back for a moment, and think about what that foundation is about. When Bill Clinton left office, he was a popular, globally respected figure. What should he have done with that reputation? Raising large sums for a charity that saves the lives of poor children sounds like a pretty reasonable, virtuous course of action. And the Clinton Foundation is, by all accounts, a big force for good in the world. For example, Charity Watch, an independent watchdog, gives it an “A” rating — better than the American Red Cross.

Now, any operation that raises and spends billions of dollars creates the potential for conflicts of interest. You could imagine the Clintons using the foundation as a slush fund to reward their friends, or, alternatively, Mrs. Clinton using her positions in public office to reward donors. So it was right and appropriate to investigate the foundation’s operations to see if there were any improper quid pro quos. As reporters like to say, the sheer size of the foundation “raises questions.”

But nobody seems willing to accept the answers to those questions, which are, very clearly, “no.”

Consider the big Associated Press report suggesting that Mrs. Clinton’s meetings with foundation donors while secretary of state indicate “her possible ethics challenges if elected president.” Given the tone of the report, you might have expected to read about meetings with, say, brutal foreign dictators or corporate fat cats facing indictment, followed by questionable actions on their behalf.

But the prime example The A.P. actually offered was of Mrs. Clinton meeting with Muhammad Yunus, a winner of the Nobel Peace Prize who also happens to be a longtime personal friend. If that was the best the investigation could come up with, there was nothing there.

So I would urge journalists to ask whether they are reporting facts or simply engaging in innuendo, and urge the public to read with a critical eye. If reports about a candidate talk about how something “raises questions,” creates “shadows,” or anything similar, be aware that these are all too often weasel words used to create the impression of wrongdoing out of thin air.

And here’s a pro tip: the best ways to judge a candidate’s character are to look at what he or she has actually done, and what policies he or she is proposing. Mr. Trump’s record of bilking students, stiffing contractors and more is a good indicator of how he’d act as president; Mrs. Clinton’s speaking style and body language aren’t. George W. Bush’s policy lies gave me a much better handle on who he was than all the up-close-and-personal reporting of 2000, and the contrast between Mr. Trump’s policy incoherence and Mrs. Clinton’s carefulness speaks volumes today.

In other words, focus on the facts. America and the world can’t afford another election tipped by innuendo.

 

Hillary viene trattata come Al Gore, di Paul Krugman

New York Times 5 settembre 2016

Gli americani d’una certa età che seguono ancora i temi e le cronache della politica hanno un ricordo vivo delle elezioni del 2000 – un brutto ricordo, e non solo perché colui che perse nel voto popolare in qualche modo finì col diventare Presidente. Perché la campagna elettorale che portò a quel risultato finale fu essa stessa un incubo.

Dovete sapere che un candidato, George W. Bush, fu talmente disonesto da non avere precedenti nella politica statunitense. La cosa più rilevante fu che propose grandi sgravi fiscali per i ricchi mentre insisteva, in grossolano dispregio con la matematica, sulla loro destinazione alla classe media. Queste bugie nella campagna elettorale facevano presagire quello che sarebbe accaduto durante la sua Amministrazione – una Amministrazione, non dovremmo dimenticarcene, che portò l’America in guerra sulla base di pretesti falsi.

Tuttavia durante la campagna la maggioranza dei resoconti dei media diedero l’impressione che il signor Bush fosse un individuo schietto e diretto, mentre si dipingeva Al Gore – le cui proposte politiche avevano una logica e le cui critiche al programma di Bush erano del tutto scrupolose – come evasivo e disonesto. Il carattere menzognero di Al Gore si supponeva fosse dimostrato da aneddoti banali, nessuno dei quali significativo, alcuni semplicemente falsi. Non era vero che egli avesse sostenuto di aver inventato internet. Ma quell’immagine gli restò attaccata addosso.

E in questo momento io e molti altri abbiamo la sensazione, nauseante ed inquietante, che stia succedendo di nuovo.

È vero, non si fanno molti sforzi per sostenere che Donald Trump sia un campione di onestà. Ma è difficile sfuggire all’impressione che gli vengano fatti molti sconti [1]. Se egli cerca di leggere da un TelePrompter senza uscire dal copione, sta diventando presidenziale. Se pare suggerire che non radunerebbe all’istante tutti gli undici milioni di immigranti privi di documenti, si sta spostando su posizioni convenzionali. E molti dei suoi scandali plurimi, come quelle che sembrano essere esplicite bustarelle ai procuratori generali dello Stato perché facciano un passo indietro dalle investigazioni sulla Trump University, ottengono una attenzione considerevolmente modesta.

Nel frattempo abbiamo la supposizione che tutto quello che riguarda Hillary Clinton sia corrotto, mostrata nel modo più spettacolare dai resoconti sempre più bizzarri sulla Fondazione Clinton.

Facciamo per un attimo un passo indietro e riflettiamo sulla natura di quella Fondazione. Quando Bill Clinton lasciò l’incarico, era un personaggio popolare, con un rispetto globale. Cosa avrebbe dovuto fare di quella reputazione? Raccogliere grandi somme per una attività di beneficienza che salva le vite dei bambini poveri parrebbe un indirizzo virtuoso per iniziative piuttosto ragionevoli. E la Fondazione Clinton, a detta di tutti, è una grande protagonista per il bene dell’umanità. Ad esempio, Charity Watch, un organo di sorveglianza indipendente, le attribuisce una classificazione “A” – meglio della Croce Rossa Americana.

Ora, ogni operazione che raccoglie e spende miliardi di dollari è sottoposta ad un potenziale conflitto di interessi. Si potrebbe immaginare che i Clinton utilizzino la fondazione per compensare i propri amici con fondi illeciti, o, in alternativa, che la signora Clinton utilizzi i propri incarichi pubblici per compensare i contribuenti. È dunque giusto e corretto investigare sulle operazioni della Fondazione per verificare se ci fosse qualche impropria distrazione. Come dicono i giornalisti, la pura e semplice dimensione della Fondazione “solleva domande”.

Sennonché, nessuno sembra disposto ad accettare le risposte a tali domande, che sono chiarissimamente negative.

Si consideri il gran resoconto della Associated Press che suggerisce che gli incontri della Clinton con i contribuenti della Fondazione quando era Segretaria di Stato indicano “le sue possibili prove una volta che sarà Presidente”. Dato il tono del rapporto, ci si sarebbe aspettati di leggere di incontri, ad esempio, con brutali dittatori stranieri o con facoltosi dirigenti di grandi società che sono sottoposti a procedure di accusa, seguiti da iniziative discutibili nel loro interesse.

Ma il primo esempio che la Associated Press ha fornito è stato per la verità l’incontro della Clinton con Muhammad Yunus, un Premio Nobel per la Pace che si dà il caso sia a lungo tempo un suo amico personale. Se fosse la massima indagine sulla quale far congetture, non ci sarebbe proprio niente.

Vorrei dunque sollecitare i giornalisti a chiedersi se stiano facendo resoconti su fatti o si stiano semplicemente impegnando in insinuazioni, e sollecitare l’opinione pubblica a leggere con senso critico.  Se i resoconti su un candidato riferiscono di come qualcosa “sollevi dubbi”, crei “ombre”, o cose del genere, si sia consapevoli che anche troppo spesso queste sono espressioni ambigue utilizzate per creare l’impressione di cattive condotte fondate sul nulla.

Ed ecco un suggerimento a proposito: il modo migliore per giudicare il carattere di un candidato è guardare a quello che egli o ella ha effettivamente fatto, ed a quali politiche stiano proponendo. I record di Trump nel truffare gli studenti, nell’imbrogliare chi lavora per lui ed altro ancora è un buon indicatore di come agirebbe come Presidente; lo stile della Clinton nel fare discorsi ed il suo linguaggio del corpo non lo sono. Nel 2000, le bugie politiche di George W. Bush mi fornirono una chiave molto migliore per capire chi fosse che non tutti i resoconti intimistici, e il contrasto tra l’incoerenza politica di Trump e lo scrupolo della Clinton è oggi eloquente.

In altre parole, concentratevi sui fatti. L’America e il mondo non possono permettersi altre elezioni ribaltate con le insinuazioni.

 

 

 

[1] Da quello che comprendo, o almeno da quello che comprendo dal caso che mi pare più attinente, “to grade on a curve” è una forma di valutazione delle prestazioni dei singoli studenti che considera il fattore degli andamenti collettivi o medi, ovvero che tempera il giudizio considerando la prestazione collettiva. Sempre se ben capisco, questo condurrebbe ad una minore severità e ad un minore formalismo nei giudizi. Il che sarebbe calzante con il ragionamento svolto.

 

 

 

 

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