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La tassa al confine in due passi, per esperti (dal blog di Krugman, 27 gennaio 2017)

 

JAN 27 11:45 AM 

Border Tax Two-Step (Wonkish)

Trump tantrums aside, you may be finding the whole border tax adjustment discussion confusing. If so, you’re not alone; I’ve worked in this area my whole life, I co-wrote a widely cited paper (with Martin Feldstein) on why a VAT isn’t an export subsidy, and I have still had a hard time wrapping my mind around the Destination-Based Cash Flow Tax border adjustment that sort-of-kind-of constituted the basis for the Mexico incident.

But I have what I think may be a (relatively) easy way to think about it, which starts with the competitive effects of a VAT, then analyzes the DBCFT as a change from a VAT.

So, first things first: a VAT does not give a nation any kind of competitive advantage, period.

Think about two firms, one domestic and one foreign, selling into two markets, domestic and foreign. Ask how the VAT affects competition in each market.

In the domestic market, imports pay the border adjustment; but domestic firms pay the VAT, so the playing field is still level.

In the foreign market, domestic firms don’t pay the VAT, but neither do foreign firms. Again, the playing field is still level.

So a VAT is just a sales tax, with no competitive impact.

But a DBCFT isn’t quite the same as a VAT.

With a VAT, a firm pays tax on the value of its sales, minus the cost of intermediate inputs – the goods it buys from other companies. With a DBCFT, firms similarly get to deduct the cost of intermediate inputs. But they also get to deduct the cost of factors of production, mostly labor but also land.

So one way to think of a DBCFT is as a VAT combined with a subsidy for employment of domestic factors of production. The VAT part has no competitive effect, but the subsidy part would lead to expanded domestic production if wages and exchange rates didn’t change.

But of course wages and/or the exchange rate would, in fact, change. If the US went to a DBCFT, we should expect the dollar to rise by enough to wipe out any competitive advantage. After the currency adjustment, the trade effect should once again be nil. But there might be a lot of short-to-medium term financial consequences from a stronger dollar.

I think this is right, and I hope it clarifies matters. Oh, and no, none of this helps pay for the wall.

 

La tassa al confine in due passi

A parte i capricci di Trump, può darsi che stiate trovando confuso l’intero dibattito sulla correzione della tassa al confine. Se è così, non siete soli: ho lavorato in questo settore l’intera mia vita, ho scritto assieme a Martin Feldstein un saggio ampiamente citato sul perché l’IVA non è un sussidio alle esportazioni, e ho ancora difficoltà nel cercar di capire l’adeguamento al confine della Tassa sul Flusso di Cassa basato sulla Destinazione (DBCFT), che ha costituito una specie di base per l’incidente col Messico [1].

Eppure ho qualcosa che potrebbe essere un modo relativamente semplice per ragionarne, che parte dagli effetti competitivi dell’IVA e poi analizza il DBCFT come una modifica rispetto all’IVA.

Partiamo dunque dall’inizio: l’IVA non fornisce a una nazione nessun genere di vantaggio competitivo, punto.

Si pensi a due imprese, una nazionale e una straniera, che vendono su due mercati, quello interno e quello estero. Chiediamoci come l’IVA influenzi la competizione in entrambi i mercati.

Nel mercato interno, le importazioni pagano un adeguamento al confine; ma le imprese nazionali pagano l’IVA, dunque il terreno di gioco è uguale per tutti.

Nel mercato straniero le imprese nazionali non pagano l’IVA, ma neanche le imprese straniere. Di nuovo, il campo di gioco è uguale per tutti.

Dunque l’IVA è solo una tassa sulle vendite, con nessun impatto sulla competitività.

Ma una Tassa sul Flusso di Cassa basata sulla Destinazione non è esattamente la stessa cosa dell’IVA.

Con l’IVA un’impresa paga la tassa sul valore delle proprie vendite, al netto dei costi dei fattori della intermediazione –  i beni che acquista da altre società. Con la DBCFT, in modo simile alle imprese è consentito di dedurre i fattori della intermediazione. Ma esse ottengono anche di dedurre il costo dei fattori della produzione, principalmente il lavoro ma anche i terreni.

Dunque, un modo di pensare al DBCFT è come una Imposta sul Valore Aggiunto associata ad un sussidio per l’occupazione di fattori interni della produzione. La componente dell’IVA non ha un effetto sulla competitività, ma la componente del sussidio potrebbe portare ad una espansione della produzione nazionale se i salari e i tassi di cambio non mutassero.

Ma naturalmente i salari e/o i tassi di cambio si modificano. Se gli Stati Uniti adottano il DBCFT, dovremmo aspettarci che il dollaro si rivaluti a sufficienza da spazzar via ogni vantaggio competitivo. Dopo l’aggiustamento valutario, l’effetto sul commercio tornerebbe ad essere uguale a zero. Ma con un dollaro più forte ci potrebbe essere una grande quantità di conseguenze finanziarie di breve e medio termine.

Penso che queste note siano corrette e chiariscano le questioni. Infine no, niente di tutto questo contribuirebbe a ripagare il muro.

 

 

 

[1] Per inquadrare le spiegazioni fornite in questo post in una migliore comprensione preliminare dell’intera faccenda, possono valere queste informazioni aggiuntive:

 

1 – La Tassa sul Flusso di Cassa basato sulla Destinazione (DBCFT) è una proposta di Legge che in questi giorni è stata presentata dal Partito Repubblicano americano;

2 – assieme ad altri cambiamenti, questa nuova tassa andrà a sostituire la Tassa sul Reddito delle Società (Corporate Income Tax);

3 – nella attuale legislazione americana le società sono tassate sui loro profitti, che sono grosso modo definiti come le entrate al netto dei costi, con una aliquota marginale del 35%, I costi sono le tasse locali e statali, i costi dei beni acquistati, i pagamenti sugli interessi e altre entrate dell’impresa;

4 – le imprese che acquistano investimenti di capitale debbono svalutare, o dedurre, il costo di questi beni nel corso di molti anni o decenni;

5 – in aggiunta, le imprese sono tassate sui profitti che guadagnano all’estero e riportano negli Stati Uniti, al netto di un credito pari alle tasse pagate all’estero su tali redditi.

 

La proposta presentata dal Partito Repubblicano modificherebbe tale Tassa sul Reddito delle Società in cinque aspetti principali:

1 – L’aliquota fiscale sarebbe abbassata al 20 per cento;

2 – le imprese non avrebbero più bisogno di svalutare gli investimenti di capitali. Gli sarebbe invece concesso di dedurli interamente;

3 – le imprese non dovrebbero più pagare la tassa sui profitti che guadagnano all’estero;

4 – per le imprese non sarebbe più possibile dedurre gli interessi come spese dell’impresa;

5 – infine, la tassa alle società sarebbe “border adjusted” (che io traduco ‘regolata, adeguata, integrata al confine’).

 

Ma cosa è questo “adeguamento, integrazione al confine”?

Di solito, si parla di una “border adjusted tax” a proposito della Tassa sul Valore Aggiunto (IVA). Una tassa del genere si applica a tutto quello che viene consumato nel paese, mentre esclude quello che viene prodotto nel paese ma consumato altrove. L’integrazione al confine si conforma al principio “basato sulla destinazione”, ovvero la tassa è applicata in ragione di dove il bene va a finire, e non di dove è prodotto.

Dunque, una tassa di quel genere si applica alle importazioni ma non alle esportazioni.

 

Notazione linguistica (se ho ben capito): la proposta repubblicana non è solo relativa alle tasse su beni che transitano dai confini, in quanto sostituisce la tassazione generale sui redditi delle imprese e quindi vale per tutte le imprese che semplicemente operano negli Stati Uniti. Il termine “destination-based” è una aggettivazione aggiuntiva; significa che la nuova tassazione generale ‘sul flusso di cassa’ si applica peraltro in modo differenziato al confine, ovvero si applica alle importazioni ma non alle esportazioni.

 

Quanto alle somiglianze e alle differenze con una IVA, si tenga conto di due informazioni supplementari:

a – come è spiegato nello stesso post, una differenza di fondo è che nella proposta repubblicana sono deducibili anche i costi dei salari;

b – in America esiste già una tassazione del tipo IVA, ma è al livello degli Stati e non del Governo Federale. Né mi pare che sarebbe modificata dalla nuova tassazione delle imprese.

 

Come ho detto in partenza, questa nota potrebbe essere utile se non per capire una materia ostica, almeno per avere alcuni altri elementi di conoscenza integrativa. Dopodiché, il post tradotto aggiunge altri elementi sostanziali di valutazione.

 

 

 

 

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