Articoli sul NYT

L’energia di Trump, scarsa e sporca, di Paul Krugman (New York Times 29 maggio 2017)

 

Trump’s Energy, Low and Dirty

Paul Krugman MAY 29, 2017

zz 170

Donald Trump has two false beliefs about energy, one personal, one political. And the latter may send the world on a path to disaster.

On the personal side, Trump reportedly disdains exercise of any kind except golf. He believes that raising a sweat depletes the finite reserves of precious bodily fluids, I mean energy, that a person is born with, and should therefore be avoided.

Many years of acting on this belief may or may not explain the weird and embarrassing scene at the G-7 summit in Taormina, in which six of the advanced world’s leaders strolled together a few hundred yards through the historic city, but Trump followed behind, driven in an electric golf cart.

More consequential, however, is Trump’s false belief that lifting environmental restrictions — ending the supposed “war on coal” — will bring back the days when the coal-mining industry employed hundreds of thousands of blue-collar Americans.

How do we know that this belief is false? For one thing, coal employment began falling long before anyone was talking much about the environment, let alone global warming. In fact, coal jobs fell by two-thirds between 1948 and 1970, the year the Environmental Protection Agency was founded. This happened despite rising, not falling, coal production, mainly reflecting the replacement of old-fashioned pick-and-shovel mining with strip-mining and mountaintop removal, which require many fewer workers.

It’s true that in the past few years coal production has finally begun to fall, in part due to environmental rules. Mainly, however, coal is fading because of progress in other technologies. As one analyst put it last week, coal “doesn’t really make that much sense anymore as a feedstock,” given the rapidly falling costs of cleaner energy sources like natural gas, wind and solar power.

Who was that analyst? Gary Cohn, chairman of the National Economic Council — that is, Trump’s own chief economist. One wonders, however, whether he’s expressed those views — which pretty much represent the consensus among energy experts — to the president.

There was a time, not that long ago, when advocating clean energy was widely considered an impractical, counterculture sort of thing. Hippies on communes might talk about peace, love and solar energy; practical people knew that prosperity was all about digging stuff up and burning it. These days, however, those who take energy policy seriously see a future that belongs largely to renewables — and definitely not a future in which we keep burning lots of coal, let alone employ a lot of people digging it up.

But that’s not what voters from what used to be coal country want to hear. They enthusiastically backed Trump, who promised to bring those coal jobs back, even though his real agenda would punish those voters with savage cuts in programs they depend on. And Trump cares a lot more about public adulation than he does about serious policy advice.

Which brings me back to Trump’s European trip, which was remarkable not for what Trump did but for what he didn’t do.

First, in Brussels, he declined to endorse NATO’s Article 5, which says that an attack on any NATO member is an attack on all. In effect, he repudiated the central plank of America’s most important alliance. Why, it was almost as if he’s more interested in appeasing Vladimir Putin than he is in defending democracy.

Then, in Taormina, he was the only leader who refused to endorse the Paris climate accord, a global agreement to limit greenhouse gas emissions that may be our last good chance to avoid catastrophic climate change. Why?

At this point, claims that trying to limit emissions would cause vast economic harm have lost all credibility: The same technological progress in alternative energy that is marginalizing coal would make the transition to a low-emissions economy far cheaper than anyone imagined a few years ago.

True, such a transition would accelerate the decline in coal. And that’s a reason to provide aid and new kinds of jobs for coal miners.

But Trump isn’t offering coal country real help, just a fantasy about turning back the clock. This fantasy won’t last for long: In a couple of years it will be obvious, whatever he does, that the coal jobs aren’t coming back. But the fantasy won’t even last that long if he goes along with the Paris accord.

So am I suggesting that the world’s most powerful leader might put the whole planet’s future at risk so that he can keep telling politically convenient lies, which will soon be exposed in any case? Yes. If you find this implausible, you must not have been reading the news the past few months.

Now, maybe Trump won’t really pull the plug on Paris; or maybe he’ll be gone from the scene before the damage is irreversible. But there’s a real possibility that last week was a pivotal moment in human history, the moment when an irresponsible leader sent the whole world careening off to hell in a golf cart.

 

L’energia di Trump, scarsa e sporca, di Paul Krugman

New York Times 29 maggio 2017

Donald Trump ha due false convinzioni sull’energia, una di carattere personale, una di carattere politico. E la seconda può spedire il mondo su un sentiero di disastri.

Sul piano personale, a quel che si dice disprezza l’esercizio fisico di ogni tipo, ad eccezione del golf. Crede che accrescere la sudorazione esaurisca le risorse limitate dei preziosi fluidi corporei dei quali una persona è dotata dalla nascita, intendo l’energia, e di conseguenza dovrebbe essere evitata.

Agire per molti anni sulla base di queste convinzioni può spiegare o meno la bizzarra e imbarazzante scena al summit del G7 a Taormina, nella quale sei leader del mondo avanzato hanno passeggiato assieme per qualche centinaia di metri attraverso la città storica, mentre Trump li seguiva, guidando un carrello da golf elettrico.

Più significativa, tuttavia, è la falsa convinzione di Trump per la quale abolire le restrizioni ambientali – metter fine alla presunta “guerra al carbone” – ci riporterà ai tempi nei quali l’industria della estrazione del carbone occupava centinaia di migliaia di colletti blu americani.

Come sappiamo che questa convinzione è falsa? Per un fatto, l’occupazione nel carbone cominciò a ridursi molto prima che chiunque cominciasse a parlare molto di ambiente, per non dire del riscaldamento globale. Di fatto, tra il 1948 ed il 1970, l’anno nel quale venne fondata l’Agenzia della Protezione Ambientale, i posti di lavoro nel carbone caddero di due terzi. Questo avveniva nonostante la crescita, non la caduta, della produzione di carbone, principalmente come riflesso della sostituzione della attività estrattiva del passato basata sull’uso del piccone e del badile, con l’estrazione a cielo aperto e la rimozione delle cime delle montagne, che richiedono molti meno lavoratori.

È vero che nei cinque anni passati la produzione di carbone ha finalmente cominciato a ridursi, in parte a seguito dei regolamenti ambientali. Principalmente, tuttavia, il carbone sta svanendo per il progresso in altre tecnologie. Come si è espresso un analista la scorsa settimana, il carbone “non ha più un gran senso come materia prima agricola”, dati i costi in rapida diminuzione delle fonti di energia più pulite come il gas naturale, l’eolico e il solare.

Chi era quell’analista? Gary Cohn, Presidente del Consiglio Economico Nazionale – ovvero, lo stesso primo economista di Trump stesso. Ci si chiede, tuttavia, se egli abbia espresso quei punti di vista – che rappresentano praticamente il consenso unanime tra gli esperti di energia – al Presidente.

C’era un’epoca, non molto tempo fa, nella quale sostenere le energie pulite era ampiamente considerata una specie di controcultura irrealizzabile. Gli hippy nelle comuni potevano parlare di pace, di amore e di energia solare; le persone pratiche sapevano che la prosperità dipendeva interamente dall’estrarre materiali e bruciarli. Di questi tempi, tuttavia, coloro che prendono sul serio la politica energetica vedono un futuro che appartiene ampiamente alle energie rinnovabili – e certamente non un futuro nel quale si continui a bruciare grandi quantità di carbone, per non dire di occupare una gran quantità di persone ad estrarlo.

Ma non è quello che si vogliono sentir dire gli elettori che erano abituati ad essere il paese del carbone. Essi hanno seguito Trump con entusiasmo, che ha promesso di riportare quei posti di lavoro del carbone, anche se il suo programma effettivo punirebbe quegli stessi elettori con tagli selvaggi ai programmi da cui dipendono. E Trump si cura molto di più della adulazione pubblica di quanto non faccia con i seri consigli politici.

Il che mi riporta al viaggio europeo di Trump, che è stato considerevole non per quello che Trump ha fatto ma per quello che non ha fatto.

Anzitutto, a Bruxelles, egli ha rifiutato di appoggiare l’articolo cinque del Patto Atlantico, che dice che l’attacco ad ogni membro della NATO è un attacco a tutti. In sostanza, egli ha ripudiato il punto programmatico centrale della più importante alleanza americana. Perché è quasi sembrato che fosse più interessato a soddisfare Vladimir Putin che non a difendere la democrazia.

Poi, a Taormina, si è rifiutato di sostenere l’accordo sul clima di Parigi, un accordo globale per limitare le emissioni dei gas serra che può essere la nostra ultima possibilità per evitare un cambiamento climatico catastrofico. Perché?

A questo punto, gli argomenti secondo i quali cercar di limitare le emissioni provocherebbe un vasto danno economico hanno perso ogni credibilità: lo stesso progresso tecnologico nelle energie alternative che sta marginalizzando il carbone renderebbe la transizione ad una economia a basse emissioni di gran lunga più economica di quanto tutti si immaginavano pochi anni fa.

È vero, tale transizione accelererebbe in declino del carbone. E quella è una ragione per fornire aiuto e nuovi tipi di occupazione ai minatori del carbone.

Ma Trump non sta offrendo un aiuto vero al paese del carbone, solo la fantasia di riportare indietro le lancette dell’orologio. Questa fantasia non durerà a lungo: in un paio d’anni sarà evidente, qualsiasi cosa lui faccia, che quei posti di lavoro non stanno tornando indietro. Ma pure quella fantasia non durerà così a lungo se egli non collaborerà con l’accordo di Parigi.

Sto dunque suggerendo che il leader più potente al mondo potrebbe mettere a rischio il futuro dell’intero pianeta in modo da poter continuare a raccontare bugie politicamente convenienti, che in ogni modo si dimostreranno ben presto false? È così. Se lo trovate non plausibile, dovete non aver letto le notizie dei mesi passati.

Ora, forse Trump non staccherà realmente la spina agli accordi di Parigi; o forse sarà uscito di scena prima che il danno divenga irreversibile. Ma c’è una reale possibilità che la settimana passata sia stata un momento cruciale nella storia umana, il momento nel quale un leader irresponsabile ha spedito al diavolo il mondo intero, sbandando su un carrello da golf.

 

 

 

 

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"