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I politici, le promesse e il guardare in faccia la realtà, di Paul Krugman (New York Times 15 settembre 2017)

 

Politicians, Promises, and Getting Real

Paul Krugman SEPT. 15, 2017

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On Wednesday Donald Trump demanded that Congress move quickly to enact his tax reform plan. But so far he has not, in fact, offered any such plan. Not only is there no detailed legislative proposal, his administration hasn’t even settled on the basic outlines of what it wants.

Meanwhile, 17 Senate Democrats — more than a third of the caucus — have signed on to Bernie Sanders’s call for expanding Medicare to cover the whole population. So far, however, Sanders hasn’t produced either an estimate of how much that would cost or a specific proposal about how to pay for it.

I don’t mean to suggest that these cases are comparable: The distinctive Trumpian mix of ignorance and fraudulence has no counterpart among Democrats. Still, both stories raise the question of how much, if at all, policy clarity matters for politicians’ ability to win elections and, maybe more important, to govern.

About elections: The fact that Trump is in the White House suggests that politicians can get away with telling voters just about anything that sounds good. After all, Trump promised to cut taxes, protect Social Security and Medicare from cuts, provide health insurance to all Americans and pay off the national debt, and he paid no price for the obvious inconsistency of these promises.

Hey, arithmetic has a well-known liberal bias — and the commitment of the mainstream media to “balance” virtually guarantees enough false equivalence to obscure even the most obvious fraud.

On the other hand, the ignominious failure of Trumpcare shows that reality sometimes does matter.

True, Republicans long paid no price for lying about Obamacare; in fact, those lies helped them take control of Congress. But when they gained control of the White House, too, so that the prospect of repealing the Affordable Care Act became real, the lies caught up with them.

Once the public realized that tens of millions would lose coverage under Republican plans, there was a huge backlash; that backlash may give Democrats the House next year, despite all the gerrymandering and other structural disadvantages they face.

The story of tax reform — actually, given the likely content of whatever legislative proposal may finally emerge, we should call it tax “reform” — is starting to look a bit similar. During the campaign Trump could get away with posing as an economic populist while offering a tax plan that would add $6 trillion to the deficit, with half the benefit going to the richest 1 percent of the population. But this kind of bait-and-switch may not work once an actual bill is on the table.

In fact, Trump himself seems to be experiencing cognitive dissonance. “The rich will not be gaining at all with this plan,” he declared Wednesday. Like his claims that Trumpcare wouldn’t cause anyone to lose coverage, this statement raises questions about what’s going on in his mind: Is he oblivious, lying, or both?

But in any case, such statements are going to make it even harder to pass anything: The contrast between what he’s claiming and anything Republicans in Congress will be willing to support is so great as to practically invite ridicule and another popular backlash.

I’d add that tax cuts for corporations and the rich have little popular support. Even many self-identified Republicans, especially among the working-class voters who supported Trump, tell pollsters that corporations and the wealthy pay too little, not too much. Trump seems to imagine that he can rally broad voter support for his tax plans, but it’s hard to see how.

But is the push for single-payer health care taking Democrats down a similar path?

Unlike just about everything Trump and company are proposing, Medicare for all is a substantively good idea. Yet actually making it happen would probably mean facing down a serious political backlash. For one thing, it would require a substantial increase in taxes. For another, it would mean telling scores of millions of Americans who get health coverage though their employers, and are generally satisfied with their coverage, that they need to give it up and accept something different. You can say that the new system would be better — but will they believe it?

Such concerns may not seem very salient right now: Given Republican control of the White House, single-payer is going to be at best an aspiration for the next three-plus years. But what if rigid support for single-payer — as opposed to somewhat flexible support for universal coverage, however achieved — becomes a litmus test? In that case, Democrats could eventually find themselves facing a Trumpcare-type debacle, unable either to implement their unrealistic vision or to let it go.

The point is that while unrealistic promises may not hurt you in elections, they can become a big problem when you try to govern. Having a vision for the future is good, but being real about the difficulties is also good. Democrats, take heed.

 

I politici, le promesse e il guardare in faccia la realtà, di Paul Krugman

New York Times 15 settembre 2017

Mercoledì Trump ha chiesto al Congresso di muoversi rapidamente per approvare il suo progetto di riforma del fisco. Ma, di fatto, sinora egli non ha presentato alcun piano del genere. Non solo non c’è alcuna proposta legislativa dettagliata, la sua Amministrazione non ha nemmeno definito il profilo fondamentale di quello che vuole.

Nel frattempo, 17 democratici del Senato – più di un terzo del raggruppamento – hanno sottoscritto la richiesta di Bernie Sanders per una espansione di Medicare a copertura dell’intera popolazione. Tuttavia, sinora, Sanders non ha prodotto neppure una stima di quanto verrebbe a costare, né una proposta specifica di come pagarla.

Non intendo suggerire che questi casi siano confrontabili: la caratteristica combinazione di ignoranza e di inganno non ha alcuna analogia tra i democratici. Eppure, ambedue le storie sollevano il tema di quanto la trasparenza dei programmi conti per gli uomini politici, ammesso che conti almeno un po’, ai fini della loro capacità di vincere le elezioni e, forse più importante ancora, di governare.

A proposito delle elezioni: il fatto che Trump sia alla Casa Bianca dimostra che i politici possono cavarsela indicando agli elettori semplicemente qualcosa che li soddisfi. Dopo tutto, Trump aveva promesso di tagliare le tasse, di mettere al riparo la Previdenza Sociale e Medicare dai tagli, di fornire l’assicurazione sanitaria a tutti gli americani e di liquidare il debito della nazione, e non ha pagato alcun prezzo per l’evidente incoerenza di queste promesse.

Come si sa, l’aritmetica ha una ben nota inclinazione progressista – e l’impegno dei media prevalenti nel “mettere sullo stesso piano” i contendenti sostanzialmente garantisce una loro equiparazione sufficientemente falsa per nascondere persino gli inganni più evidenti.

D’altra parte, il vergognoso fallimento del progetto assistenziale di Trump dimostra che talvolta la realtà per davvero è importante.

È vero, per un lungo periodo i repubblicani non hanno pagato alcun prezzo per le bugie sulla riforma di Obama; in sostanza, quelle bugie li hanno aiutati a prendere il controllo del Congresso. Ma allorché hanno anche conquistato la Casa Bianca, al punto che la prospettiva di abrogare la legge sanitaria di Obama è diventata reale, le bugie hanno pagato il conto assieme a loro.

Una volta che l’opinione pubblica ha compreso che con i progetti repubblicani decine di milioni di persone avrebbero perso l’assistenza, c’è stato un grande contraccolpo; quel contraccolpo può consegnare il prossimo anno la Camera dei Rappresentanti ai democratici, nonostante il disegno disonesto dei collegi elettorali [1] e altri svantaggi strutturali che essi debbono affrontare.

La storia della riforma del fisco – in realtà, dato il probabile contenuto di qualsiasi proposta legislativa che alla fine emergerà, dovremmo chiamarla “riforma” tra virgolette – comincia ad apparire un po’ simile. Durante la campagna elettorale Trump ha potuto farla franca atteggiandosi come un populista economico nel mentre offriva un progetto fiscale che avrebbe aumentato il deficit di sei mila miliardi di dollari, con la metà dei vantaggi che sarebbe andata all’1 per cento più ricco della popolazione. Ma questo genere di gioco degli specchietti per le allodole potrebbe non funzionare quando l’effettiva proposta di legge sarà sul tavolo.

Di fatto, Trump stesso sembra stia sperimentando una sorta di ‘dissonanza cognitiva’ [2] . Mercoledì ha dichiarato “I ricchi non ci guadagneranno affatto con questo progetto”. Questa affermazione, come quelle secondo le quali il progetto di assistenza sanitaria di Trump non avrebbe provocato per nessuno una perdita della copertura assicurativa, solleva domande su quello che sta accadendo nel suo cervello: è inconsapevole, sta mentendo, o entrambe le cose?

Ma in ogni caso, tali dichiarazioni stanno andando nel senso di rendere persino più difficile di approvare alcunché: il contrasto tra quello che egli viene sostenendo e qualunque soluzione che i repubblicani saranno disponibili a sostenere è così grande da provocare una situazione ridicola e un altro contraccolpo nell’opinione pubblica.

Aggiungerei che gli sgravi fiscali per le società e per i ricchi hanno poco sostegno popolare. Persino molti che si dichiarano repubblicani, specialmente tra gli elettori della classe lavoratrice che hanno appoggiato Trump, dicono ai sondaggisti che le società e i benestanti pagano troppo poco, non troppo. Sembra che Trump si immagini di poter mettere assieme un vasto sostegno popolare per i suoi progetti fiscali, ma è difficile capire come.

Ma, la spinta per una assistenza sanitaria con un pagamento centralizzato [3] non sta facendo scendere i democratici su un sentiero analogo?

Diversamente da quasi ogni cosa che vengono proponendo Trump e compagni, Medicare per tutti è un’idea sostanzialmente buona. Tuttavia metterla davvero in pratica probabilmente comporterebbe misurarsi con un serio conntraccolpo politico. Da una parte, richiederebbe un sostanziale aumento delle tasse. Dall’altra, comporterebbe dire a milioni di americani che ricevono l’assistenza sanitaria tramite i loro datori di lavoro, e che in generale sono soddisfatti della loro assicurazione, che devono rinunciarci e accettare qualcosa di diverso. Si può dire che il nuovo sistema sarebbe migliore – ma loro ci crederanno?

Preoccupazioni del genere possono non sembrare molto rilevanti in questo momento: considerato il controllo repubblicano della Casa Bianca, il sistema dei pagamenti centralizzato è destinata ad essere al massimo una aspirazione per i prossimi tre e più anni. Ma che accade se il rigido sostegno a quel sistema – all’opposto di un sostegno in qualche modo flessibile ad una assistenza universalistica, comunque ottenuta – diventa una sorta di cartina di tornasole? In quel caso, alla fine i democratici potrebbero ritrovarsi a fronteggiare una debacle simile a quella di Trump, incapaci sia di mettere in pratica la loro visione irrealistica sia di lasciarla andare.

Il punto è che mentre promesse irrealistiche possono non far danni durante le elezioni, possono diventare un grande problema quando si cerca di governare. Avere una visione per il futuro è una cosa positiva, ma è anch positivo essere realistici dinanzi alle difficoltà. Democratici, fate attenzione.

 

 

 

 

[1] Il “gerrymandering” è una tecnica di progettazione dei collegi elettorali – il nome deriva dal suo primo inventore, il repubblicano Gerrymander – che favorisce un Partito. Ad esempio, se le aree fortemente urbanizzate hanno un numero di seggi sproporzionato per difetto rispetto alle aree più vaste dell’interno, ne consegue che il partito insediato nelle aree più vaste risulta avvantaggiato a danno di una corrispondenza agli effettivi votanti.

[2] La teoria della dissonanza cognitiva, elaborata e messa a punto da L. Festinger (1963), si riferisce al comportamento degli individui − che in generale sono avvezzi ad agire in conformità con ciò che conoscono e in cui credono − in particolari situazioni nelle quali si manifesta un’evidente dissonanza fra talune azioni abituali, da un lato, e convinzioni possedute, dall’altro. Tali situazioni sono particolarmente rilevanti in rapporto al processo della persuasione, perché il soggetto tende normalmente a operare in modo da eliminare, o almeno ridurre, la dissonanza. Di conseguenza, sarà disponibile al mutamento d’opinione o di comportamento (che pure, in condizioni normali, è un fatto alquanto raro), e quindi sarà particolarmente ricettivo a comunicazioni persuasorie concernenti la materia in rapporto alla quale si è prodotta la dissonanza. (da Enciclopedia Treccani)

[3] Ovvero interamente pubblica, senza la mediazione del sistema delle assicurazioni private.

 

 

 

 

 

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