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Tutti odiano il piano delle tasse di Trump, di Paul Krugman (New York Times 16 novembre 2017)

 

Everybody Hates the Trump Tax Plan

Paul Krugman NOV. 16, 2017

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Looking at the reactions to Republican tax plans, I found myself remembering what people used to say about former Senator Phil Gramm, whose presidential ambitions never went anywhere but who did help cause the 2008 financial crisis: “Even his friends don’t like him.”

So it is with G.O.P. tax “reform,” especially the Senate version, which would raise taxes on most individuals, especially in the middle and working classes, and add around 13 million Americans to the ranks of the uninsured, all to pay for big cuts in corporate taxes. The general public strongly disapproves — by a 2-1 majority, according to Quinnipiac, although the majority would be even bigger if people really understood what’s going on. But surely at least C.E.O.s like the plan, right?

Actually, not so much. A few days ago Gary Cohn, Donald Trump’s chief economic adviser, met with a group of top executives. They were asked to raise their hands if lower taxes would lead them to raise capital expenditures; only a handful did. “Why aren’t the other hands up?” asked Cohn, plaintively.

The answer is that C.E.O.s, living in the real world of business, not the imaginary world of right-wing ideologues, know that tax rates aren’t that important a factor in investment decisions. So they realize that even a huge tax cut wouldn’t lead to much more spending.

And with that realization, the rationale for this tax plan, such as it is, falls apart, leaving nothing but a scheme to make the rich — especially those who rake in investment income rather than working for a living — richer at everyone else’s expense.

For what it’s worth, here’s the story the Trump administration and its allies are telling. Their claim is that cutting taxes on corporate profits would lead to an explosion in private investment and faster economic growth. Furthermore, the fruits of this growth would trickle down to American workers in the form of higher wages — and rising incomes would raise tax receipts, so the tax cuts would end up paying for themselves.

Even if some part of this story were true, there would be side consequences they’re carefully not discussing. After all, if we’re talking about a big increase in capital expenditure, where does the money for that expenditure come from? Nothing in the bill would make Americans consume less and save more. So the money would have to come from abroad — from selling stocks, bonds and other assets to foreigners, on a massive scale.

And this inflow of foreign money would drive up the value of the dollar and lead to huge trade deficits: according to my analysis of the most optimistic forecast out there, more than $6 trillion in deficits over the next decade. These trade deficits would have a devastating effect on manufacturing — remember those jobs Trump promised to bring back? — to the likely tune of more than two million jobs lost.

Oh, and about that economic growth: Foreign investors would be earning profits and taking them home. So much — probably most — of any growth we would get from cutting corporate taxes would accrue to the benefit of foreigners, not Americans.

But don’t worry too much about this stuff. Most serious economic analyses agree with those C.E.O.s who disappointed Gary Cohn: Corporate tax cuts wouldn’t actually do much to raise investment. They would, however, explode the budget deficit.

So in an attempt to limit that deficit blowout, Senate Republicans are proposing significant tax increases on working families. In fact, according to Congress’s own Joint Committee on Taxation, taxes would rise on average for every group with incomes under $75,000 a year, and would surely rise for many families even in higher-income groups. The only significant winners would be those making more than $1 million a year. Populism!

Oh, and this doesn’t even take account of the health care sabotage that’s an integral part of the Senate plan. By repealing the mandate — the requirement that people purchase insurance — the plan would, as I said, cause 13 million to lose coverage; that loss of coverage, and the associated government subsidies, is why mandate repeal saves money that can be given to corporations.

But the move would also drive up premiums for those who keep their insurance, because the dropouts would tend to be those with lower health costs. So that’s an additional, hidden indirect tax on the middle class.

Nor does it take account of what would inevitably come next: tax-cut-induced deficits would, by law, trigger cuts in Medicare, and this would just be the start of a G.O.P. assault on programs like disability insurance that provide a crucial safety net for millions of working-class Americans.

All of which raises the question, why are Republicans even trying to do this? It’s bad policy and bad politics, and the politics will get worse as voters learn more about the facts. Well, last week one G.O.P. congressman, Chris Collins of New York, gave the game away: “My donors are basically saying get it done or don’t ever call me again.”

So we’re talking about government of the people, not by the people, but by wealthy donors, for wealthy donors. Everyone else hates this plan — and they should.

 

Tutti odiano il piano delle tasse di Trump, di Paul Krugman

New York Times 16 novembre 2017

Osservando le reazioni ai progetti repubblicani sul fisco, mi sono rammentato di quello che la gente era solita dire del passato Senatore Phil Gramm, che, con le sue ambizioni presidenziali non arrivò a niente ma contribuì a provocare la crisi finanziaria del 2008: “Non piace neanche ai suoi amici”.

È lo stesso con la “riforma” del fisco, in particolare nella versione del Senato, che aumenterebbe le tasse per la maggioranza delle persone, specialmente della classe media e dei lavoratori, e aggiungerebbe circa 13 milioni di individui agli americani nelle fila dei non assicurati, il tutto per finanziare grandi tagli alle tasse delle società. L’opinione pubblica lo disapprova con forza – secondo Quinnipiac in un rapporto di 2 a 1, sebbene la maggioranza sarebbe persino maggiore se la gente capisse veramente cosa sta accadendo. Ma certamente il progetto piace almeno agli amministratori delegati, non è così?

Per la verità, non molto. Pochi giorni orsono Gary Cohn, il principale consigliere economico di Donald Trump, ha incontrato un gruppo dei più importanti dirigenti di società. Era stato chiesto che alzassero le mani coloro che pensavano che tasse più basse li avrebbero indotti ad aumentare le spese sul capitale; lo fece solo un piccolo numero. “Perchè le altre mani non sono alzate?” chiese Cohn, piagnucolando.

La risposta è che gli amministratori, vivendo in un mondo reale, non nel mondo immaginario degli ideologhi della destra, sanno che le aliquote fiscali non sono un fattore così importante nelle decisioni di investimento. Dunque comprendono che persino una vasto taglio delle tasse non porterebbe a molta maggiore spesa.

E con quella consapevolezza, la motivazione di questo piano fiscale, per come esso è, va a pezzi, non resta niente se non un disegno per rendere i ricchi più ricchi – specialmente quelli che, anziché lavorare per vivere, speculano sul reddito da investimento – a spese di tutti gli altri.

Per quello che vale, ecco qua la storia che l’Amministrazione Trump e i suoi alleati stanno raccontando. Il loro argomento è che tagliando le tasse sui profitti delle società porterebbe ad una esplosione degli investimenti privati e ad una crescita più veloce. Inoltre, i frutti di questa crescita finirebbero a cascata sui lavoratori americani nella forma di salari maggiori – e la crescita dei redditi farebbe salire le entrate fiscali, cosicché i tagli alle tasse finirebbero col ripagarsi da soli.

Persino se qualche parte di questa storia fosse vera, ci sarebbero effetti collaterali che essi evitano scrupolosamente di considerare. Dopo tutto, se stiamo parlando di una grande crescita nelle spese di investimento, da dove verrebbe fuori il denaro per queste spese? Nel progetto di legge non c’è niente che farebbe consumare e risparmiare di più gli americani. Dunque il denaro dovrebbe venire dall’estero – dalla vendita di azioni, di obbligazioni e di altri asset agli stranieri, in dimensioni massicce.

E questo flusso di capitali stranieri innalzarebbe il valore del dollaro e porterebbe a grandi deficit commerciali: secondo la mia analisi delle previsioni più ottimistiche in circolazione, più di sei mila miliardi di dollari di deficit nel prossimo decennio. Questi deficit commerciali avrebbero un effetto devastante sul settore manifatturiero – vi ricordate i posti di lavoro che Trump aveva promesso di recuperare? – di qualcosa probabilmente superiore ai due milioni di posti di lavoro perduti.

Inoltre, a proposito della crescita dell’economia: gli investitori stranieri guadagnerebbero profitti e li porterebbero a casa loro. Dunque, gran parte – probabilmente la massima parte – di qualsiasi crescita che otterremmo dai tagli alle tasse sulle società accrescerebbe i benefici degli stranieri, non degli americani.

Ma non preoccupatevi troppo di questa roba. Le analisi economiche più serie concordano con quegli amministratori delegati che hanno deluso Gary Cohn: i tagli alle tasse sulle società in realtà non farebbero granché per aumentare gli investimenti. Tuttavia, farebbero esplodere il deficit del bilancio.

Dunque, nel tentativo di limitare quella esplosione del deficit, i repubblicani del Senato stanno proponendo significativi aumenti delle tasse sulle famiglie dei lavoratori. Di fatto, secondo lo stesso Comitato Congiunto sulla Tassazione del Congresso, in media le tasse aumenterebbero per ogni scaglione con redditi inferiori a 75.000 dollari all’anno, e certamente crescerebbero per molte famiglie persino negli scaglioni con redditi superiori. I soli a guadagnarci in modo significativo sarebbero coloro che realizzano più di un milione di dollari all’anno. A proposito di populismo!

Infine, tutto questo non mette neppure nel conto il sabotaggio della assistenza sanitaria, che è parte integrante del piano del Senato. Abrogando il ‘mandato’ [1] – ovvero il fatto che i cittadini siano tenuti ad acquistare l’assicurazione – il piano, come ho detto, provocherebbe la perdita della copertura assistenziale per 13 milioni di persone; qulla perdita della copertura, e dei sussidi governativi connessi, e la ragione per la quale l’abrogazione del ‘mandato’ fa risparmiare soldi che possono essere dati alle società.

Ma tale scelta farebbe anche salire i premi assicurativi per coloro che mantengono la loro assicurazione, perché gli abbandoni tenderanno a interessare coloro che hanno costi sanitari più bassi. Dunque si tratta di una tassazione indiretta, nascosta e aggiuntiva, sulla classe media.

Neppure mette nel conto quello che inevitabilmente avverrebbe in seguito: i deficit indotti dal taglio delle tasse innescherebbero, per legge, tagli su Medicare, e questo sarebbe solo l’avvio di un assalto del Partito Repubblicano ai programmi come l’assicurazione alla disabilità, che fornisce una fondamentale rete di sicurezza per milioni di americani della classe lavoratrice.

Tutto questo solleva la domanda sulle ragioni per le quali i repubblicani stanno persino provando a farlo. È un programma dannoso ed una politica negativa, e l’aspetto della politica peggiorerà quando gli elettori capiranno meglio sulla base dei fatti. Ebbene, la scorsa settimana un congressista repubblicano, Chris Collins di New York, ha svelato l’arcano: “In sostanza, i miei finanziatori stanno dicendo di farlo, oppure non si faranno più vivi”.

Dunque stiamo parlando di un Governo del popolo, non da parte del popolo, bensì da parte dei donatori, per i ricchi donatori [2]. Tutti gli altri odiano questo piano – come è comprensibile.

 

 

 

 

[1] Viene definito ‘mandato’, ovvero delega-impegno che la legge riserva ai cittadini, probabilmente perché definirlo esplicitamente come un ‘obbligo’ avrebbe violato il principio americano alla scelta di come curarsi, principio che ha rilievo costituzionale. Questa formulazione aiutò la legge di riforma di Obama ad ottenere il consenso della Corte Suprema. Cionostante, esso costituisce uno dei tre punti basilari della riforma, senza il quale il modello economico della riforma non starebbe più in piedi. Gli altri due punti sono: l’obbligo per le assicurazioni a non discriminare gli utenti con le maggiori patologie, i sussidi governativi a coloro che non potrebbero atrimenti rispettare il ‘mandato’ e pagare di tasca propria l’assicurazione (ed anche quest’ultimo verrebbe inevitabilmente travolto dalla legge fiscale, giacché essendo abrogato quell’obbligo sostanziale, verrebbero meno anche i relativi contributi).

[2] L’espressione “Il governo del popolo, da parte del popolo e per il popolo, non scomparirà mai dalla faccia della Terra” è di Abramo Lincoln.

 

 

 

 

 

 

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