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Schierare gli ex detenuti nel conservatorismo, di Paul Krugman (New York Times 26 marzo 2018)

 

Putting the Ex-Con in Conservatism

Paul Krugman MARCH 26, 2018

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In 2010 an explosion at a coal mine operated by Massey Energy killed 29 men. In 2015 Don Blankenship, the company’s former C.E.O., was sent to prison for conspiring to violate mine safety standards. In 2018, Blankenship appears to have a real chance at becoming the Republican candidate for senator from West Virginia.

Blankenship is one of four Republicans with criminal convictions running for office this year, several of whom may well win their party’s nominations. And there is a much broader list of Republican politicians facing credible accusations of huge ethical lapses who nonetheless emerged victorious in G.O.P. primaries, ranging from Roy Moore to, well, Donald Trump.

To be sure, there have been plenty of crooked Democrats. But usually the revelation of their crookedness ended their political careers. What’s striking about today’s Republican landscape is that people who are obvious crooks, con men or worse continue to attract strong support from the party’s base. Moore narrowly lost in Alabama’s special election, but he received 91 percent of the votes of self-identified Republicans.

And Trump, although unprecedentedly unpopular for a president at this stage of his term, continues to receive overwhelming support from the G.O.P. base. Some Republican politicians have openly admitted that this makes the party’s congressional wing unwilling to hold Trump accountable for even the most spectacular malfeasance, up to and including possible collusion with a hostile foreign power.

What’s going on here? I don’t think it’s an accident that the modern G.O.P. contains so many crooks and that these crooks seem to thrive in intraparty politics. On the contrary, the success of people like Blankenship — or Trump — was an inevitable consequence of the political strategy Republicans have followed for decades. For the simple truth is that ever since Reagan, Republicans have basically played a con game on American voters.

Their sustained, invariant agenda has been upward redistribution of income: cutting taxes on the rich while weakening the social safety net. This agenda is unpopular: Only a small minority of Americans wants to see tax cuts for the wealthy, and an even smaller minority wants cuts to major social programs. Yet Republicans have won elections partly by denying the reality of their policy agenda, but mainly by posing as defenders of traditional social values — above all, that greatest of American traditions, racism.

And this sustained reliance on the big con has, over time, exerted a strong selection effect both on the party’s leadership and on its base. G.O.P. politicians tend disproportionately to be con men (and in some cases, con women), because playing the party’s political game requires both a willingness to and a talent for saying one thing while doing another. And the party’s base consists disproportionately of the easily conned — those who are easily fooled by claims that Those People are the problem and don’t notice how much the true Republican agenda hurts them.

The point is that Trumpism was more or less fated to happen. Trump’s crude racism and blatant dishonesty are only exaggerated versions of what his party has been selling for decades, while his substantive policy agenda — slashing taxes on corporations and the wealthy, taking health care away from lower-income families — is utterly orthodox.

Even his protectionism is less of a departure from Republican norms than people imagine. George W. Bush put tariffs on steel, while Reagan limited imports of Japanese autos. Cutting taxes on the rich is a fundamental G.O.P. principle; free trade isn’t.

Once you realize the extent to which Republican politics has been shaped by the big con, three implications follow.

First, there will be no redemption from within. Principled, ethical politicians won’t reclaim the party from the likes of Trump, because they’re not what the base wants: The modern G.O.P. is no country for honest men. Con artists will continue to rule until or unless the party loses big, repeatedly, and spends years in the political wilderness.

Second, however, the party is indeed vulnerable, because there’s always the risk that voters will catch on to its con. Republican attacks on health care, not lurid scandals, seem to have been the biggest factor behind Democratic victories in special elections. And in November this backlash could give Democrats not just one or both houses of Congress, but also control of many state governments.

But what if it doesn’t? Here’s the third implication, which should scare you: The nature of the modern G.O.P.’s game gives it a bias against democracy. After all, one way to protect yourself against voters who figure out what you’re up to is to stop them from voting. Vote suppression and extreme gerrymandering are already key parts of Republican strategy, but what we’ve seen so far may be just the beginning.

And if you think that G.O.P. leaders would balk at gross electoral manipulation, you haven’t been paying attention. There used to be Republicans like that, but they’ve been gone for a long time.

 

Schierare gli ex detenuti nel conservatorismo, di Paul Krugman

New York Times 26 marzo 2018

Nel 2010 una esplosione in una miniera di carbone gestita da Massey Energy uccise 29 uomini. Nel 2015 Don Blankenship, il passato amministratore delegato della società, venne mandato in prigione per aver operato per violare i livelli di sicurezza della miniera. Nel 2018, Blankenship sembra avere una reale possibilità di diventare il candidato repubblicano per il posto di Senatore del West Virginia.

Blankenship è uno dei quattro repubblicani che quest’anno sono in lizza per incarichi simili, alcuni dei quali potranno ben aggiudicarsi la nomina da parte del loro partito. E c’è una lista molto più ampia di politici repubblicani che fanno i conti con accuse credibili di gravi scivoloni morali e che, nondimeno, sono usciti vittoriosi dalle primarie del Partito Repubblicano, da Roy Moore a, perché no, Donald Trump.

Sicuramente, c’è un gran quantità di democratici disonesti. Ma di solito la rivelazione della loro disonestà ha posto termine alle loro carriere politiche. Quello che è impressionante del paesaggio repubblicano odierno è che persone che sono evidentemente corrotte, imbroglioni o peggio ancora, continuano ad attrarre un forte sostegno dalla base del partito. Moore ha perso di misura le elezioni speciali in Alabama, ma ha ricevuto il 91 per cento dei voti di coloro che si sono dichiarati repubblicani.

E Trump, sebbene sia a questo punto del suo mandato impopolare come mai nel passato, continua a ricevere un massiccio sostegno dalla base repubblicana. Alcuni politici repubblicani hanno ammesso apertamente che questo mette l’ala dei membri del Congresso del suo partito nelle condizioni di non essere disponibili a ritenere Trump responsabile neppure per le malefatte più spettacolari, inclusa quella di una possibile collusione con una potenza straniera ostile.

Che cosa sta accadendo? Io non penso che sia per caso che il Partito Repubblicano odierno ospiti così tanti corrotti e che questi corrotti pare che prosperino nella politica interna al partito. Al contrario, il successo di persone come Blankenship, o Trump, è stata una inevitabile conseguenza della strategia politica che i repubblicani hanno seguito da decenni. Perché la semplice verità è che i repubblicani, a partire da Reagan, hanno sempre fondamentalmente giocato una partita disonesta con gli elettori americani.

La loro prolungata, invariabile agenda è stata una redistribuzione del reddito verso l’alto: tagliare le tasse sui ricchi nel mentre si indeboliscono le reti della sicurezza sociale. Questa agenda è impopolare: soltanto una piccola minoranza di americani vuole tagliare le tasse sui ricchi, e una minoranza anche più piccola vuole tagliare i programmi sociali più importanti. Tuttavia i repubblicani hanno vinto le elezioni in parte negando la realtà della loro agenda politica, ma principalmente atteggiandosi a difensori dei valori sociali tradizionali – soprattutto la più grande delle tradizioni americane, il razzismo.

E questo prolungato basarsi sul grande inganno, nel corso del tempo, ha esercitato un forte effetto di selezione, sia nel gruppo dirigente che nella base del partito. I politici del Partito Repubblicano tendono sproporzionatamente ad essere uomini (e in alcuni casi, donne) disonesti, perché giocare la partita politica del loro partito richiede sia la disponibilità a farlo, sia il talento di dire alcune cose mentre se ne fanno altre. E la base del partito consiste sproporzionatamente di individui facilmente ingannabili – coloro che vengono facilmente fuorviati dalle pretese secondo le quali il problema è costituito da Quella Gente [1], e non si accorgono quanto la effettiva agenda dei repubblicani li danneggi.

Il punto è che il trumpismo era più o meno fatale che accadesse. Il crudo razzismo e la sfacciata disonestà di Trump sono soltanto versioni esagerate di quello che il suo partito ha propagandato per decenni, mentre la sua sostanziale agenda politica – abbattere le tasse sulle società e sui ricchi, togliere di mezzo l’assistenza sanitaria dalle famiglie con redditi più bassi – è ortodossia pura.

Persino il suo protezionismo è meno di quanto la gente si immagini una deviazione dalle norme repubblicane. George W. Bush mise le tariffe sull’acciaio, mentre Reagan mise un limite all’importazione di automobili giapponesi. Tagliare le tasse è un principio fondamentale del Partito Repubblicano; il libero commercio non lo è.

Una volta che comprendete la misura nella quale la politica repubblicana è stata modellata sulla base del grande inganno, ne seguono tre implicazioni.

La prima, non ci sarà alcun riscatto dall’interno. Uomini politici coerenti a principi morali non recupereranno il partito da soggetti come Trump, perché non sono loro che la base vuole: il Partito Repubblicano moderno non è un paese per gente onesta. Gli incantatori continueranno a comandare finché o a meno che il partito non abbia sconfitte grandi e ripetute, e non finisca per anni in una selva oscura.

La seconda è, tuttavia, che il partito è in effetti vulnerabile, perché c’è sempre il rischio che gli elettori capiscano il suo inganno. Gli attacchi dei repubblicani sulla assistenza sanitaria, pare che siano stati il più grande fattore dietro le vittorie democratiche nelle elezioni speciali. E a novembre questo contraccolpo potrebbe consegnare ai democratici non solo uno o due rami del Congresso, ma anche il controllo dei governi di molti Stati.

Ma cosa accadrà se non sarà così? Qua c’è la terza implicazione, che dovrebbe spaventarvi: la stessa natura del partito Repubblicano odierno gli fornisce una propensione antidemocratica. Dopo tutto, un modo per proteggersi dagli elettori che intuiscono quello che avete in mente di fare è smettere di farli votare. La soppressione del voto e una forma estrema di organizzazione truffaldina dei distretti elettorali sono già aspetti fondamentali della strategia repubblicana, ma quello che si è visto sinora potrebbe essere solo l’inizio.

E se pensate che i dirigenti repubblicani si tirerebbero indietro rispetto a una grossolana manipolazione elettorale, vuol dire che non siete stati attenti. Una volta era consueto essere repubblicani in quel modo, ma è da molto che si sono venduti.

 

 

 

 

 

[1] Nel linguaggio popolare dei conservatori americani, Those PeopleQuella Gente – sono gli assistiti, i bisognosi, i poveri e di solito le persone di colore.

 

 

 

 

 

 

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