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La guerra di Trump sui poveri, di Paul Krugman (New York Times 26 aprile 2018)

 

April 26, 2018

Trump’s War on the Poor

By Paul Krugman

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America hasn’t always, or even usually, been governed by the best and the brightest; over the years, presidents have employed plenty of knaves and fools. But I don’t think we’ve ever seen anything like the collection of petty grifters and miscreants surrounding Donald Trump. Price, Pruitt, Zinke, Carson and now Ronny Jackson: At this point, our default assumption should be that there’s something seriously wrong with anyone this president wants on his team.

Still, we need to keep our eye on the ball. The perks many Trump officials demand — the gratuitous first-class travel, the double super-secret soundproof phone booths, and so on — are outrageous, and they tell you a lot about the kind of people they are. But what really matters are their policy decisions. Ben Carson’s insistence on spending taxpayer funds on a $31,000 dining set is ridiculous; his proposal to sharply raise housing costs for hundreds of thousands of needy American families, tripling rents for some of the poorest households, is vicious.

And this viciousness is part of a broader pattern. Last year, Trump and his allies in Congress devoted most of their efforts to coddling the rich; this was obviously true of the Tax Cuts and Jobs Act, but even the assault on Obamacare was largely about securing hundreds of billions in tax cuts for the wealthy. This year, however, the G.O.P.’s main priority seems to be making war on the poor.

That war is being fought on multiple fronts. The move to slash housing subsidies follows moves to sharply increase work requirements for those seeking food stamps. Meanwhile, the administration has been granting Republican-controlled states waivers allowing them to impose onerous new work requirements for recipients of Medicaid — requirements whose main effect would probably be not more work, but simply fewer people getting essential health care.

Even the administration’s de facto financial deregulation — its systematic gutting of consumer financial protection — should be seen largely as an attack on the least well off, since poor families and less educated workers are the most likely victims of exploitative bankers.

The interesting question is not whether Trump and friends are trying to make the lives of the poor nastier, more brutal and shorter. They are. The question, instead, is why.

Is it about saving money? Conservatives do complain about the cost of safety net programs, but it’s hard to take those complaints seriously coming from people who just voted to explode the budget deficit with huge tax cuts. Moreover, there’s good evidence that some of the programs under attack actually do what tax cuts don’t: eventually pay back a significant part of their upfront costs by promoting better economic performance.

For example, the creation of the food stamp program didn’t just make the lives of recipients a bit easier. It also had major positive impacts on the long-term health of children from poor families, which made them more productive as adults — more likely to pay taxes, less likely to need further public assistance.

The same goes for Medicaid, where new studies suggest that more than half of each dollar spent on health care for children eventually comes back as higher tax receipts from healthier adults.

What about the idea that anti-poverty programs create a “poverty trap,” reducing the incentive for people to work their way to a better life? That’s a very popular notion on the right. But the reality is that there are very few Americans getting food stamps or Medicaid who could and should be working but aren’t.

It’s true that some calculations indicate that means-tested programs — programs available only to those with sufficiently low incomes — can create disincentives for working and earning. But the evidence suggests that while safety net programs have some adverse effect on incentives, it’s a much smaller effect than many policymakers believe.

Furthermore, we could reduce those disincentives by making programs more generous, not less — providing more aid to the near-poor rather than less aid to the poor. Somehow, conservatives never seem to consider that option.

So what’s really behind the war on the poor? Pretty clearly, the pain this war will inflict is a feature, not a bug. Trump and his friends aren’t punishing the poor reluctantly, out of the belief that they must be cruel to be kind. They just want to be cruel.

Glenn Thrush of The New York Times reported, “Mr. Trump, aides said, refers to nearly every program that provides benefits to poor people as welfare, a term he regards as derogatory.” And I guess you can see where that comes from. After all, he’s a self-made man who can’t attribute any of his own success to, say, inherited wealth. Oh, wait.

Seriously, a lot of people both in this administration and in Congress simply feel no empathy for the poor. Some of that lack of empathy surely reflects racial animus. But while the war on the poor will disproportionately hurt minority groups, it will also hurt a lot of low-income whites — in fact, it will surely end up hurting a lot of people who voted for Trump. Will they notice?

 

La guerra di Trump sui poveri, di Paul Krugman

New York Times 26 aprile 2018

L’America non è stata sempre, o persino frequentemente, governata dai migliori e dai più brillanti; nel corso degli anni i Presidenti hanno utilizzato in abbondanza sciocchi e bricconi. Ma non penso che si sia mai vista la collezione di gretti imbroglioni e di furfanti che stanno attorno a Donald Trump. Price, Pruitt, Zinke, Carson e adesso Ronny Jackson: a questo punto la nostra supposizione di fallimento dovrebbe basarsi sul fatto che c’è qualcosa di irrimediabilmente sbagliato in tutti coloro che il Presidente vuole nella sua squadra.

Tuttavia, abbiamo bisogno di tenere gli occhi fissi sugli eventi. I vantaggi che molti dei dirigenti di Trump rivendicano – i viaggi in prima classe gratuiti, la doppia cabina telefonica super segreta e insonorizzata [1], e così via – sono scandalosi, e vi dicono molto sul genere di individui che sono. Ma quello che è realmente importante sono le decisioni operative che prendono. L’insistenza di Ben Carson nello spendere finanziamenti dei contribuenti per una attrezzatura da pranzo di 31.000 dollari è ridicola; la sua proposta di elevare bruscamente i costi abitativi per centinaia di migliaia di famiglie bisognose americane, triplicando le rendite su alcune delle famiglie più povere, è criminale.

E la sua ferocia fa parte di uno schema più vasto. L’anno passato, Trump e i suoi amici nel Congresso hanno destinato gran parte dei loro sforzi nel coccolare i più ricchi; era evidentemente così per la Legge sugli Sgravi Fiscali e sui Posti di Lavoro, ma anche l’assalto alla riforma sanitaria di Obama era in gran parte relativo ad assicurare centinaia di miliardi di tagli alle tasse per i ricchi. Quest’anno, tuttavia, la principale priorità del Partito Repubblicano sembra essere il fare la guerra ai poveri.

Quella guerra viene combattuta su vari fronti. L’iniziativa di abbattere i sussidi abitativi viene dietro ad altre iniziative per aumentare bruscamente i requisiti di lavoro per coloro che cercano di ottenere i sussidi alimentari [2]. Contemporaneamente, l’Amministrazione sta consentendo agli Stati controllati dai repubblicani, che rinunciano ai sussidi federali su Medicaid, di imporre nuovi requisiti lavorativi a coloro che utilizzano quel programma [3] – requisiti il cui effetto principale probabilmente non sarà quello di lavorare di più, ma semplicemente che un numero minore di persone otterrà l’assistenza sanitaria essenziale.

Anche la deregolamentazione finanziaria di fatto applicata dalla Amministrazione – la sua sistematica distruzione della protezione degli utenti del settore finanziario – dovrebbe essere in larga parte considerata come un attacco ai meno benestanti, dal momento che le famiglie povere e i lavoratori meno istruiti sono le vittime più probabili dello sfruttamento da parte dei banchieri.

La domanda interessante non è se Trump e compagnia stanno cercando di rendere le vite dei poveri più gravi, più crudeli e più corte. È quello che fanno. La domanda è piuttosto per quale ragione lo fanno.

Vogliono risparmiare denaro? I conservatori in effetti si lamentano del costo dei programmi della rete di sicurezza, ma è difficile prendere sul serio quelle lamentela da parte di persone che hanno appena approvato di far esplodere il deficit del bilancio con enormi tagli alle tasse. Inoltre, ci sono buone prove che alcuni dei programmi sotto attacco in realtà fanno quello che i tagli alle tasse non fanno: alla fine restituiscono una parte significativa dei loro costi anticipati, promuovendo migliori prestazioni economiche.

Ad esempio, la creazione del programma delle tessere alimentari non ha soltanto reso un po’ più facile la vita dei beneficiari. Ha anche avuto impatti importanti sulla salute a lungo termine dei figli delle famiglie povere, la qual cosa li ha resi più produttivi da adulti – con maggiori probabilità di pagare le tasse e con minore probabilità di aver bisogno di ulteriore assistenza pubblica.

Lo stesso accade con Medicaid, dove molti studi indicano che più della metà di ogni dollaro speso sulla assistenza sanitaria dei bambini alla fine ritorna con entrate fiscali più elevate di adulti più in salute.

Che dire dell’idea che i programmi contro la povertà determinano una “trappola della povertà”, riducendo gli incentivi alle persone a far funzionare i loro percorsi per una vita migliore? Si tratta di un concetto molto popolare a destra. Ma la realtà è che ci sono pochissimi americani che ricevono i sussidi alimentari o Medicaid e che potrebbero e dovrebbero lavorare e non lo fanno.

È vero che alcuni calcoli indicano che i programmi basati sulla verifica dei redditi – programmi disponibili soltanto per coloro che hanno redditi sufficientemente bassi – possono creare disincentivi per lavorare e guadagnare. Ma le prove indicano che mentre i programmi delle reti di sicurezza hanno qualche effetto negativo sugli incentivi, si tratta di un effetto molto più piccolo di quello che molti uomini politici credono.

Inoltre, potremmo ridurre quei disincentivi realizzando programmi più generosi e non meno generosi – fornendo più aiuti a coloro che sono più vicini alla soglia della povertà, anziché meno aiuti ai poveri. I conservatori, in qualche modo, non sembrano mai tener di conto di quella opzione.

Che cosa c’è, dunque, per davvero dietro la guerra sui poveri? È abbastanza chiaro, la sofferenza che questa guerra provocherà è una caratteristica distintiva, non è una seccatura. Trump e i suoi colleghi non stanno punendo i poveri con riluttanza, dietro al convincimento di dover essere crudeli per essere premurosi. Intendono semplicemente essere crudeli.

Secondo un resoconto di Glenn Thrush del New York Times, “Trump, dicono i suoi collaboratori, si riferisce a quasi tutti i programmi che forniscono sussidi alla povera gente come un sistema di assistenza, termine che considera dispregiativo”. Suppongo che ci si possa rendere conto quale sia l’origine di tutto questo. Dopo tutto, è un uomo che si è fatto da solo, che non può attribuire niente del suo successo personale, per fare un esempio, alla ricchezza ereditata. Si fa per dire.

Sul serio, una gran quantità di persone di questa Amministrazione e dl Congresso semplicemente non prova alcuna empatia verso i poveri. Una parte di quella mancanza di empatia riflette di certo uno spirito razzista. Ma se la guerra sui poveri colpirà in modo sproporzionato gruppi delle minoranze, colpirà anche una gran quantità di bianchi con bassi redditi – di fatto, finirà certamente col colpire una gran quantità di persone che hanno votato per Trump. Se ne accorgeranno?

 

 

 

 

 

[1] Il nuovo Direttore dell’Agenzia di Protezione dell’Ambiente Scott Pruitt ha voluto dotarsi, nel suo ufficio, di tale costoso dispositivo che è abbastanza normale per gli operatori di giustizia che trattano informazioni delicate, ma del tutto inconsueto per una Agenzia che svolge funzioni tecniche.

[2] Ovvero, i sussidi alimentari vengono negati a chi non lavora.

[3] Ovvero, anche in questo caso vengono negati i sussidi a chi non lavora, da parte degli stessi Stati che hanno rinunciato ai finanziamenti federali per ampliare la base di coloro che hanno diritto a Medicaid.

 

 

 

 

 

 

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