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La nuova economia e il posteriore di Trump, di Paul Krugman (New York Times, 19 novembre 2018)

 

Nov. 19, 2018

The New Economy and the Trump Rump

By Paul Krugman

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A little over a year ago, Amazon invited cities and states to offer bids for a proposed second headquarters. This set off a mad scramble over who would gain the dubious privilege of paying large subsidies in return for worsened traffic congestion and higher housing prices. (Answer: New York and greater D.C.)

But not everyone was in the running. From the beginning, Amazon specified that it would put the new facility only in a Democratic congressional district.

O.K., that’s not literally what Amazon said. It only limited the competition to “metropolitan areas with more than one million people” and “urban or suburban locations with the potential to attract and retain strong technical talent.” But in the next Congress the great majority of locations meeting those criteria will, in fact, be represented by Democrats.

Over the past generation, America’s regions have experienced a profound economic divergence. Rich metropolitan areas have gotten even richer, attracting ever more of the nation’s fastest growing industries. Meanwhile, small towns and rural areas have been bypassed, forming a sort of economic rump left behind by the knowledge economy.

Amazon’s headquarters criteria perfectly illustrate the forces behind that divergence. Businesses in the new economy want access to large pools of highly educated workers, which can be found only in big, rich metropolitan areas. And the location decisions of companies like Amazon draw even more high-skill workers to those areas.

In other words, there’s a cumulative, self-reinforcing process at work that is, in effect, dividing America into two economies. And this economic division is reflected in political division.

In 2016, of course, the parts of America that are being left behind voted heavily for Donald Trump. News organizations responded with many, many, many profiles of rural Trump supporters sitting in diners.

But this was, it turns out, fighting the last war. Trumpism turned America’s lagging regions solid red, but the backlash against Trumpism has turned its growing regions solid blue. Some of the reporters interviewing guys in diners should have been talking to college-educated women in places like California’s Orange County, a former ultraconservative stronghold that, come January, will be represented in Congress entirely by Democrats.

Why have lagging regions turned right while successful regions turned left? It doesn’t seem to be about economic self-interest. True, Trump promised to bring back traditional jobs in manufacturing and coal mining — but that promise was never credible. And the orthodox Republican policy agenda of cutting taxes and shrinking social programs, which is basically what Trump is following in practice, actually hurts lagging regions, which depend a lot on things like food stamps and disability payments, much more than it hurts successful areas.

Furthermore, there is little if any support in voting data for the notion that “economic anxiety” drove people to vote for Trump. As documented in “Identity Politics,” an important new book analyzing the 2016 election, what distinguished Trump voters wasn’t financial hardship but “attitudes related to race and ethnicity.”

Yet these attitudes aren’t divorced from economic change. Even if they’re personally doing well, many voters in lagging regions have a sense of grievance, a feeling that they’re being disrespected by the glittering elites of superstar cities; this sense of grievance all too easily turns into racial antagonism. Conversely, however, the transformation of the G.O.P. into a white nationalist party alienates voters — even white voters — in those big, successful metropolitan areas. So the regional economic divide becomes a political chasm.

Can this chasm be bridged? Honestly, I doubt it.

We can and should do a lot to improve the lives of Americans in lagging regions. We can guarantee access to health care and raise their incomes with wage subsidies and other policies (in fact, the earned-income tax credit, which helps low-wage workers, already disproportionally benefits workers in low-income states).

But restoring these regions’ dynamism is much harder, because it means swimming against a powerful economic tide.

And the sense of being left behind can make people angry even if their material needs are taken care of. That is what we see, for example, in the former East Germany: Despite huge financial aid from the west and generous social programs, “Ossis” feel aggrieved by what they see as second-class status, and they have given many of their votes to extreme right-wing parties.

So the bitter division we see in America — the ugliness infecting our politics — may have deep economic roots, and there may be no practical way to make it go away.

But the ugliness doesn’t have to win. Most rural white voters still support Trumpism, but they aren’t a majority, and in the midterms a significant number of those voters also broke with the white nationalist agenda.

America, then, is a divided nation, and is likely to stay that way for a while. But the better angels of our nature can still prevail.

 

 

La nuova economia e il posteriore di Trump,

di Paul Krugman

Un po’ più di un anno fa, Amazon invitò le città e gli Stati a presentare offerte per una sua seconda sede centrale. Questo fece partire una corsa pazzesca per chi si sarebbe aggiudicato il dubbio privilegio di pagare ampi sussidi in cambio di una peggiore congestione del traffico e di prezzi delle abitazioni più elevati (risultato: New York e l’area metropolitana di Washington).

Ma non tutti erano in corsa. Sin dall’inizio, Amazon aveva chiarito che avrebbe collocato la nuova struttura soltanto in un distretto congressuale democratico.

Precisiamo: non è questo che letteralmente Amazon disse. Essa limitò la competizione soltanto “alle aree metropolitane con più di un milione di abitanti” e a “localizzazioni urbane e suburbane dotate del potenziale per attrarre e conservare forti attitudini tecniche”. Ma nel prossimo Congresso la grande maggioranza dei luoghi che soddisfano quei criteri saranno, di fatto, rappresentati dai democratici.

Nel corso della passata generazione, le regioni dell’America hanno conosciuto una profonda divaricazione economica. Le ricche aree metropolitane sono diventate persino più ricche, attraendo sempre più le industrie nazionali a più rapida crescita. Nel frattempo le piccole città e le aree rurali sono state aggirate, formando una sorta di retrovia che l’economia della conoscenza ha lasciato alle sue spalle.

I criteri per la scelta del centro direzionale di Amazon illustrano perfettamente i fattori che stanno dietro tale divaricazione. Le imprese della nuova economia vogliono l’accesso ad ampi bacini di lavoratori altamente istruiti, che possono essere trovati solo nelle grandi e ricche aree metropolitane. E le decisioni di localizzazione di società come Amazon attirano in quelle aree un numero di lavoratori con elevate competenze anche maggiore.

In altre parole, è in atto un processo che si auto rafforza, che sta, in sostanza, dividendo l’America in due economie. E questa divisione economica si è riflessa in una divisione politica.

Naturalmente, nel 2016 le parti dell’America che sono state lasciate indietro hanno votato massicciamente per Donald Trump. Le agenzie dell’informazione hanno risposto con una infinità di articoli che ritraevano i sostenitori di Trump seduti nelle trattorie.

Ma si scopre che questa fu una battaglia dell’ultima guerra. Il trumpismo ha cambiato le regioni arretrate dell’America in solidi capisaldi ‘rossi’, ma il contraccolpo a Trump ha cambiato le regioni in crescita in solidi capisaldi ‘blu’ [1]. Alcuni dei giornalisti che intervistavano le persone nelle trattorie dovrebbero parlare con le donne con istruzione universitaria in posti come la Contea californiana di Orange, una passata fortezza ultraconservatrice che, a gennaio, sarà rappresentata in Congresso interamente da democratici.

Perché le regioni arretrate si sono spostate a destra mentre quelle di successo si sono spostate a sinistra? Il fenomeno non sembra riguardi gli specifici interessi economici. È vero, Trump ha promesso di riportare i tradizionali posti di lavoro nel manifatturiero e nell’estrazione di carbone – ma quella promessa non è mai stata credibile. E l’ortodossa agenda politica repubblicane dei tagli alle tasse e della riduzione dei programmi sociali, che fondamentalmente è quello a cui Trump in pratica si sta attenendo, in realtà danneggia molto di più le regioni arretrate, che dipendono molto da cose come i sussidi alimentari e i fondi per le disabilità, che non le aree di successo.

Inoltre, il sostegno dei dati elettorali all’idea secondo la quale l’“ansietà economica” ha spinto la gente a votare per Trump, è modesto o nullo. Come documentato in “Politiche identitarie”, un importante libro che analizza le elezioni del 2016, quello che ha distinto gli elettori di Trump non sono state le difficoltà finanziarie ma “le inclinazioni connesse con la razza e l’etnicità”.

Tuttavia, queste inclinazioni non sono separate dai cambiamenti economici. Persino se personalmente se la cavano bene, molti elettori nelle regioni arretrate hanno la sensazione di subire un torto, un sentimento di mancanza di rispetto da parte delle brillanti elite delle città più famose; questo senso di ingiustizia si trasforma anche troppo facilmente in antagonismo razziale. Di converso, tuttavia, la trasformazione del Partito Repubblicano in un partito bianco e nazionalista aliena gli elettori – persino gli elettori bianchi – in quelle grandi aree metropolitane di successo. Cosicché il divario economico regionale diventa una frattura politica.

Questa frattura può essere superata? Francamente lo dubito.

Possiamo e dovremmo fare molto per migliorare le esistenze degli americani nelle regioni arretrate. Possiamo garantire l’accesso alla assistenza sanitaria e accrescere i loro redditi con sussidi salariali e con altre politiche (di fatto, il credito di imposta sui redditi da lavoro, cha aiuta i lavoratori con bassi salari, favorisce già in modo più che proporzionale i lavoratori degli Stati con bassi redditi).

Ma ripristinare il dinamismo di queste regioni è molto più difficile, perché comporta nuotare contro una marea economica potente.

E la sensazione di essere lasciati indietro può far arrabbiare le persone anche se ci si prende cura dei loro fabbisogni materiali. È quanto, ad esempio, osserviamo nella passata Germania dell’Est: nonostante grandi aiuti finanziari dall’Ovest e generosi programmi sociali, i tedeschi dell’Est si sentono danneggiati da quella che percepiscono come una condizione di seconda categoria, ed hanno dato molti dei loro voti ai partiti dell’estrema destra.

Dunque, le aspre divisioni che constatiamo in America – la cattiveria che infetta la nostra politica – possono avere profonde radici economiche, e potrebbero non esserci modi pratici per liberarcene.

Ma quel fenomeno minaccioso non deve avere partita vinta. Molti elettori rurali bianchi ancora sostengono Trump, ma non sono una maggioranza, e nelle elezioni di medio termine anche un numero significativo di quegli elettori ha rotto con l’agenda nazionalista bianca.

Quindi l’America è una nazione divisa, ed è probabile che resti tale per un po’. Ma i migliori sentimenti della nostra natura possono ancora prevalere.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Rosso e blu sono i due colori dei partiti principali dell’America, il primo indica i repubblicani e il secondo i democratici.

 

 

 

 

 

 

 

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