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Il negazionismo sul clima è stato il crogiuolo del trumpismo, di Paul Krugman (New York Times, 3 dicembre 2018)

 

Dec. 3, 2018

Climate Denial Was the Crucible for Trumpism

By Paul Krugman

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Many observers seem baffled by Republican fealty to Donald Trump — the party’s willingness to back him on all fronts, even after severe defeats in the midterm elections. What kind of party would show such support for a leader who is not only evidently corrupt and seemingly in the pocket of foreign dictators, but also routinely denies facts and tries to criminalize anyone who points them out?

The answer is, the kind of the party that, long before Trump came on the scene, committed itself to denying the facts on climate change and criminalizing the scientists reporting those facts.

The G.O.P. wasn’t always an anti-environment, anti-science party. George H.W. Bush introduced the cap-and-trade program that largely controlled the problem of acid rain. As late as 2008, John McCain called for a similar program to limit emissions of the greenhouse gases that cause global warming.

But McCain’s party was already well along in the process of becoming what it is today — a party that is not only completely dominated by climate deniers, but is hostile to science in general, that demonizes and tries to destroy scientists who challenge its dogma.

Trump fits right in with this mind-set. In fact, when you review the history of Republican climate denial, it looks a lot like Trumpism. Climate denial, you might say, was the crucible in which the essential elements of Trumpism were formed.

Take Trump’s dismissal of all negative information about his actions and their consequences as either fake news invented by hostile media or the products of a sinister “deep state.” That kind of conspiracy theorizing has long been standard practice among climate deniers, who began calling the evidence for global warming — evidence that has convinced 97 percent of climate scientists — a “gigantic hoax” 15 years ago.

What was the evidence for this vast conspiracy? A lot of it rested on, you guessed it, hacked emails. The credulousness of all too many journalists about the supposed misconduct revealed by “Climategate,” a pseudo-scandal that relied on selective, out-of-context quotes from emails at a British university, prefigured the disastrous media handling of hacked Democratic emails in 2016. (All we learned from those emails was that scientists are people — occasionally snappish, and given to talking in professional shorthand that hostile outsiders can willfully misinterpret.)

Oh, and what is supposed to be motivating the thousands of scientists perpetrating this hoax? We’ve become accustomed to the spectacle of Donald Trump, the most corrupt president in history leading the most corrupt administration of modern times, routinely calling his opponents and critics “crooked.” Much the same thing happens in climate debate.

The truth is that most prominent climate deniers are basically paid to take that position, receiving large amounts of money from fossil-fuel companies. But after the release of the recent National Climate Assessment detailing the damage we can expect from global warming, a parade of Republicans went on TV to declare that scientists were only saying these things “for the money.” Projection much?

Finally, Trump has brought a new level of menace to American politics, inciting his followers to violence against critics and trying to order the Justice Department to prosecute Hillary Clinton and James Comey.

But climate scientists have faced harassment and threats, up to and including death threats, for years. And they’ve also faced efforts by politicians to, in effect, criminalize their work. Most famously, Michael E. Mann, creator of the famous “hockey stick” graph, was for years the target of an anti-climate science jihad by Ken Cuccinelli, at the time Virginia’s attorney general.

And on it goes. Recently a judge in Arizona, responding to a suit from a group linked to the Koch brothers (and obviously not understanding how research works), ordered the release of all emails from climate scientists at the University of Arizona. To forestall the inevitable selective misrepresentation, Mann has released all the emails he exchanged with his Arizona colleagues, with explanatory context.

There are three important morals to this story.

First, if we fail to meet the challenge of climate change, with catastrophic results — which seems all too likely — it won’t be the result of an innocent failure to understand what was at stake. It will, instead, be a disaster brought on by corruption, willful ignorance, conspiracy theorizing and intimidation.

Second, that corruption isn’t a problem of “politicians” or the “political system.” It’s specifically a problem of the Republican Party, which has burrowed ever deeper into climate denial even as the damage from a warming planet becomes more and more obvious.

Third, we can now see climate denial as part of a broader moral rot. Donald Trump isn’t an aberration, he’s the culmination of where his party has been going for years. You could say that Trumpism is just the application of the depravity of climate denial to every aspect of politics. And there’s no end to the depravity in sight.

 

 

 

 

Il negazionismo sul clima è stato il crogiuolo del trumpismo,

di Paul Krugman

Molti osservatori sembrano sorpresi dalla fedeltà repubblicana a Donald Trump – la disponibilità del partito di seguirlo su tutti i fronti, persino dopo le gravi sconfitte nelle elezioni di medio termine. Quale partito mostrerebbe un tale sostegno a un leader che non solo è evidentemente corrotto e apparentemente sotto il controllo dei dittatori stranieri, ma che nega ordinariamente i fatti e cerca di criminalizzare chiunque li metta in evidenza.

La risposta è: quel genere di partito che, molto prima che Trump arrivasse sulla scena, era impegnato a negare i fatti sul cambiamento climatico e a criminalizzare gli scienziati che illustravano tali fatti.

Il Partito Repubblicano non è sempre stato un partito antiambientalista e ostile alla scienza. George W. Bush introdusse il programma cap and trade [1] che mise ampiamente sotto controllo il problema delle piogge acide. Non più tardi del 2008, John McCain si pronunciò per un programma simile per limitare le emissioni dei gas serra che provocano il riscaldamento climatico.

Ma il partito di McCain era già ben avanti nel processo per diventare quello che è oggi – una partito che non solo è completamente dominato dai negazionisti climatici, ma che è ostile alla scienza in generale, che demonizza e cerca di distruggere gli scienziati che sfidano il suo dogma.

Trump si colloca perfettamente in questa mentalità. Infatti, quando scorrete la storia del negazionismo climatico repubblicano, essa sembra molto simile al trumpismo. Potreste dire che il negazionismo climatico è il crogiuolo nel quale si sono formati gli elementi essenziali del trumpismo.

Si consideri il modo in cui Trump liquida tutte le informazioni negative sulle sue iniziative e sulle loro conseguenze alla stregua di false notizie inventate da media ostili o di prodotti di un nefasto “ventre molle dello Stato”. Quel tipo di teorizzazione cospirativa è stata da tempo la pratica consueta tra i negazionisti del clima, che ebbe inizio 15 anni orsono, definendo le prove del riscaldamento globale – prove che hanno convinto il 97 per cento degli scienziati del clima – come una “gigantesca bufala”.

Quali erano le prove di questa vasta cospirazione? Una gran quantità di esse si basavano, ve lo potete immaginare, su email violate da hacker. La creduloneria di anche troppi giornalisti sulla presunta cattiva condotta rivelata dal “Climategate”, un pseudo scandalo che si fondava su citazioni selettive e fuori dal contesto da email presso una università inglese, prefigurò la disastrosa gestione da parte dei media delle email dei democratici violate nel 2016 (tutto quello che si apprese da quelle mail fu che gli scienziati sono esseri umani – talvolta stizzosi e propensi a parlare in un dialetto professionale, che maliziosi non addetti ai lavoro possono deliberatamente fraintendere).

Inoltre, che cosa si pensava motivasse migliaia di scienziati a perpetrare questa bufala? Ci siamo abituati allo spettacolo di Donald Trump, il più corrotto Presidente della storia che guida la più corrotta Amministrazione dei tempi moderni, che ordinariamente chiama i suoi oppositori e critici “corrotti”. In gran parte, lo stesso accade nel dibattito sul clima.

La verità è che la maggioranza dei più eminenti negazionisti del clima sono in sostanza pagati per assumere quelle posizioni, ricevendo ampie quantità di denaro dalle società dei combustibili fossili. Ma dopo la pubblicazione della recente Valutazione sul Clima della Nazione che dettaglia il danno che ci possiamo aspettare dal riscaldamento globale, una parata di repubblicani sono andati sulle televisioni per dichiarare che gli scienziati stavano dicendo cose del genere soltanto “per i soldi”. Un film già visto?

Infine, Trump ha portato ad un livello mai visto la minaccia alla politica americana, incitando i suoi seguaci alla violenza contro i critici e cercando di ordinare al Dipartimento di Giustizia di perseguire Hillary Clinton e James Comey.

Ma gli scienziati del clima hanno fronteggiato molestie e minacce, sino alle minacce di morte, per anni. Ed hanno anche fronteggiato i tentativi da parte di politici, in sostanza, di criminalizzare il loro lavoro. Il caso più famoso, quello di Michael E. Mann, creatore del famoso diagramma del “bastone da golf” [2], che è stato per anni l’obbiettivo di una guerra santa contro la scienza climatica da parte di Ken Cuccinelli, un tempo procuratore generale della Virginia.

E si va avanti così. Di recente, un giudice in Arizona, nel rispondere ad una azione legale intentata da un gruppo collegato con i ‘fratelli Koch’ (e ovviamente non comprendendo come funzioni la ricerca), ha ordinato il rilascio di tutta la posta elettronica degli scienziati del clima all’Università dell’Arizona. Per prevenire l’inevitabile selettiva rappresentazione fuorviante, Mann ha pubblicato tutte le email scambiate con i colleghi dell’Arizona, con contestuali spiegazioni.

In questa storia, ci sono tre importanti morali.

La prima, se non riusciremo ad affrontare la sfida del cambiamento climatico – il che sembra del tutto probabile – non sarà in conseguenza di una innocente incapacità di riconoscere la posta in gioco. Sarà, invece, un disastro provocato dalla corruzione, dalla intenzionale ignoranza, dalle teorie della cospirazione e dalla intimidazione.

La seconda, che la corruzione non è un problema dei “politici” o del “sistema politico”. È in particolare un problema del Partito Repubblicano, che si è rifugiato in un persino più profondo negazionismo climatico anche quando il danno provocato dal riscaldamento del pianeta è diventato sempre più evidente.

La terza, possiamo oggi constatare che il negazionismo climatico è parte di un più generale marciume morale. Si potrebbe sostenere che il trumpismo è soltanto la applicazione della depravazione del negazionismo climatico a tutti gli aspetti della politica. E in vista non si vede una fine di questa depravazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Letteralmente, del “mettere un limite e consentire gli scambi” in materia di inquinamento ambientale – ovvero mettere un limite all’inquinamento e premiare chi sta sotto quel limite, anche permettendogli di ‘vendere’ il proprio comportamento virtuoso a chi resta provvisoriamente sopra (l’acquisto di ‘punti’ dai più virtuosi – e talora anche di tecnologie – essendo un modo provvisorio per restare nella legalità).

[2] Michael E. Mann (Amherst1965) è un climatologo e geofisico statunitense, direttore dell’Earth System Science Center presso la Pennsylvania State University. E questo è il diagramma che assomiglia ad un ‘bastone da hockey’ e che mostra l’andamento delle temperature negli ultimi duemila anni (come si vede, ci fu un periodo ‘caldo’ nel Medioevo e un periodo ‘freddo’ nel 1600/1700, ma la situazione dopo il 2000 non ha precedenti):

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