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Chi ha paura del deficit del bilancio? Di Paul Krugman (New York Times, 3 gennaio 2019)

 

Jan.3, 2019

Who’s Afraid of the Budget Deficit?

By Paul Krugman

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On Thursday, the best House speaker of modern times reclaimed her gavel, replacing one of the worst. It has taken the news media a very long time to appreciate the greatness of Nancy Pelosi, who saved Social Security from privatization, then was instrumental in gaining health insurance for 20 million Americans. And the media are still having a hard time facing up to the phoniness of their darling Paul Ryan, who, by the way, left office with a 12 percent favorable rating. But I think the narrative is finally, grudgingly, catching up with reality.

There’s every reason to expect that Pelosi will once again be highly effective. But some progressive Democrats object to one of her initial moves — and on the economics, and probably the politics, the critics are right.

The issue in question is “paygo,” a rule requiring that increases in spending be matched by offsetting tax increases or cuts elsewhere.

You can argue that as a practical matter, the rule won’t matter much if at all. On one side, paygo is the law, whether Democrats put it in their internal rules or not. On the other side, the law can fairly easily be waived, as happened after the G.O.P.’s huge 2017 tax cut was enacted.

But adopting the rule was a signal of Democratic priorities — a statement that the party is deeply concerned about budget deficits and willing to cramp its other goals to address that concern. Is that a signal the party should really be sending?

The economics of crude, mechanical rules about budget deficits are clear: They’re a really bad idea.

Deficit obsession was deeply destructive in the years that followed the global financial crisis, helping conservatives push for austerity measures that held back economic recovery for years. True, we no longer have a depressed economy, and austerity is a lot less destructive when the unemployment rate is less than 4 percent than it is when unemployment is more than 8 percent. But another recession will come, sooner or later — probably sooner rather than later — and a rigid budget rule will not be helpful when it does.

Furthermore, there are things the government should be spending money on even when jobs are plentiful — things like fixing our deteriorating infrastructure and helping children get education, health care and adequate nutrition. Such spending has big long-run payoffs, even in purely monetary terms.

Meanwhile, the federal government can borrow money very cheaply — the interest rate on inflation-protected 10-year bonds is only about 1 percent. These low borrowing costs, in turn, reflect what seems to be a persistent savings glut — that is, the private sector wants to save more than it’s willing to invest, even with very low interest rates.

Given this reality, why not put some of those excess savings to work in high-return public investments? Should we really refuse to spend money repairing sewer systems or providing child nutrition if doing so raises the deficit a bit, with only a minor impact on future interest costs?

But, you may say, isn’t it politically important for Democrats to present themselves as the party of fiscal responsibility? I’m highly skeptical.

Consider budget history over the past generation. The story is very clear: When in power, Democrats make big efforts to balance the budget; when Republicans come in, they promptly blow the money on tax cuts for the wealthy. Yet polling consistently shows the G.O.P. with an edge on the question of which party is better at dealing with deficits.

Or consider what happened after Democrats enacted the Affordable Care Act, going to great lengths to pay for the additional benefits with tax increases and spending cuts. A majority of voters still believed that it increased the deficit. Reality doesn’t seem to matter.

Anyway, the truth is that while voters may claim to care about the deficit, hardly any of them really do. For example, does anyone still believe that the Tea Party uprising was a protest against deficits? From the beginning, it was basically about race — about the government spending money to help Those People. And that’s true of a lot of what pretends to be fiscal conservatism.

In fact, even the deficit scolds who played such a big role in Beltway discourse during the Obama years seem oddly selective in their concerns about red ink. After all those proclamations that fiscal doom was coming any day now unless we cut spending on Social Security and Medicare, it’s remarkable how muted their response has been to a huge, budget-busting tax cut. It’s almost as if their real goal was shrinking social programs, not limiting national debt.

So am I saying that Democrats should completely ignore budget deficits? No; if and when they’re ready to move on things like some form of Medicare for All, the sums will be so large that asking how they’ll be paid for will be crucial.

But while fiscal prudence is always necessary, for Democrats to put spending in a straitjacket — especially when Republicans have shown themselves completely irresponsible — looks like a bad move.

 

Chi ha paura del deficit del bilancio’?

Di Paul Krugman

Giovedì, la migliore speaker della Camera dei Rappresentanti dei tempi moderni, che ha sostituito uno dei peggiori, ha recuperato il suo martelletto [1]. C’è voluto molto tempo perché le agenzie dell’informazione apprezzassero le doti di Nancy Pelosi, che salvò la Sicurezza Sociale dalla privatizzazione, poi fu determinante nel guadagnare l’assicurazione sanitaria a vantaggio di 20 milioni di americani. E i media hanno ancora difficoltà nel prendere di petto la falsità del loro adorato Paul Ryan, il quale, per inciso, ha lasciato la carica con un 12 per cento di apprezzamenti positivi. Ma penso che alla fine i resoconti, a denti stretti, stiano rimettendosi al passo con la realtà.

Ci sono tutte le ragioni per aspettarsi che, ancora una volta, la Pelosi sarà assai efficace. Ma alcuni democratici progressisti sollevano obiezioni ad una delle sue prime mosse – e dal punto di vista economico, e probabilmente politico, i critici hanno ragione.

Il tema in questione è quello del “paygo[2] , una regola che comporta che gli incrementi della spesa siano bilanciati da corrispondenti aumenti delle tasse o tagli delle spese in altri settori.

Si può sostenere che da un punto di vista pratico, la regola non sia destinata a pesare che poco o niente. Da una parte, il “Paygo” è la legge, che i democratici lo includano o no nelle loro regole interne. D’altronde, la legge può facilmente essere derogata, come accadde dopo che venne varato il grande taglio delle tasse del Partito Repubblicano del 2017.

Ma adottare la legge è stato un segnale delle priorità dei democratici – una presa di posizione secondo la quale il Partito è profondamente preoccupato per i deficit di bilancio e disponibile a inibire i suoi altri obbiettivi per dedicarsi a quella preoccupazione. È quello il segnale che davvero il partito dovrebbe inviare?

Gli effetti economici di regole di bilancio rozze e meccaniche sono chiari: esse sono davvero una pessima idea.

L’ossessione per i deficit di bilancio furono profondamente distruttive negli anni che seguirono la crisi finanziaria globale, aiutando i conservatori a spingere per misure di austerità che ostacolarono per un periodo prolungato la ripresa economica. È vero, non siamo più in un’economia depressa, e l’austerità è molto meno distruttiva quando il tasso di disoccupazione è inferiore al 4 per cento che quando la disoccupazione è superiore all’8 per cento. Ma, prima o poi, arriverà un’altra recessione – probabilmente più prima che poi – e quando accadrà una rigida regola di bilancio non sarà utile.

Inoltre, ci sono cose sulle quali il Governo dovrebbe spendere soldi persino quando i posti di lavoro sono abbondanti – cose come riparare le nostre infrastrutture deteriorate o aiutare i bambini ad avere istruzione, assistenza sanitaria ed adeguata alimentazione. Tali spese hanno grandi vantaggi nel lungo periodo, persino in termini meramente monetari.

Nel contempo, il Governo federale può prendere denaro in prestito in modo assai conveniente – il tasso di interesse sui bond decennali protetti dall’inflazione è appena attorno all’1 per cento. Questi bassi costi dell’indebitamento, a loro volta, riflettono quello che sembra essere un persistente eccesso di risparmi – ovvero, il settore privato vuole risparmiare più di quanto è disponibile a investire, anche con tassi di interesse molto bassi.

Data questa realtà, perché non mettere alcuni di questi risparmi in eccesso all’opera in investimenti pubblici con elevati rendimenti? Sul serio dovremmo rifiutare di spendere soldi per riparare sistemi fognari o per fornire ai bambini alimenti se per farlo si innalza un po’ il deficit, con un impatto solo secondario sui futuri costi degli interessi?

Ma, potete obiettare, non è politicamente importante per i democratici presentarsi come il partito della responsabilità nella finanza pubblica? Io sono assai scettico.

La storia è molto chiara: quando sono al potere, i democratici fanno grandi sforzi per equilibrare il bilancio; quando entrano i repubblicani, questi immediatamente bruciano i soldi nei tagli alle tasse sui ricchi.

Tuttavia i sondaggi mostrano costantemente il Partito Repubblicano in vantaggio, alla domanda di quale partito sia migliore nel trattare i deficit.

Oppure, si consideri quello che accadde dopo che i democratici approvarono la Legge sulla Assistenza Sostenibile, andando a pagare in misura esagerata i sussidi aggiuntivi con incrementi delle tasse o con tagli alle spese. Una maggioranza di elettori credeva ancora che ciò avrebbe aumentato il deficit. La realtà sembra non conti.

In ogni modo, la verità è che mentre gli elettori possono sostenere di preoccuparsi del deficit, in realtà è difficile che qualcuno di loro lo faccia. Ad esempio, qualcuno crede che la rivolta del Tea Party fosse una protesta contro i deficit? Sin dall’inizio, fu fondamentalmente sul tema della razza – sul Governo che spende soldi per aiutare Quella Gente [3]. E lo stesso è vero per molti di coloro che fingono di essere conservatori in materie di finanze pubbliche.

Di fatto, persino le Cassandre del deficit che giocarono un ruolo così grande nel dibattito a Washington durante gli anni di Obama sembrano curiosamente selettive sui bilanci in rosso. Dopo tutti quei proclami secondo i quali una rovina finanziaria era in arrivo da un giorno all’altro se non si tagliava la spesa sulla Sicurezza Sociale e su Medicare, è considerevole quanto siano ammutoliti nella loro reazione ad un vasto taglio delle tasse, tale da far scoppiare il bilancio. Pare quasi che il loro vero obbiettivo fosse restringere i programmi sociali, non limitare il debito nazionale.

Sto dunque dicendo che i democratici dovrebbero ignorare i deficit di bilancio? No: se e quando saranno pronti per muoversi su obbiettivi come qualche forma di Medicare-per-tutti, le somme saranno così grandi che chiedere come verranno ripagate sarà cruciale.

Ma mentre la prudenza in materia di finanza pubblica è sempre necessaria, per i democratici collocare la spesa in una camicia di forza – in particolari quando i repubblicani si sono dimostrati completamente irresponsabili – non sembra affatto una buona mossa.

 

 

 

 

 

 

 

[1] Ovvero, quello strumento di legno battendo il quale la Presidente avvia o sospende le sedute (che è, del resto, lo stesso strumento che ogni giudice ha a disposizione quando pronuncia la frase fatidica “Il caso è chiuso”). Nel caso di Nancy Pelosi, lo ha recuperato perché era stata Presidente della Camera anche all’epoca del secondo mandato di George W. Bush e del primo mandato di Obama, in seguito sostituita da Paul Ryan, dopo un periodo di Presidenza di John Boehner.

[2] Da “Pay-as-you-go”, e significa in generale un servizio per il quale è previsto un pagamento che ne precede l’uso, uso che non può eccedere quanto si è pagato in anticipo. Noi diremmo, ad esempio, che una carta telefonica prepagata, come si usavano non molti anni fa, è un “paygo”.

[3] Ovvero le gente di colore, i poveri.

 

 

 

 

 

 

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