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Speriamo in un nuovo anno verde, di Paul Krugman (New York Times, 31 dicembre 2018)

 

Dec. 31, 2018

Hope for a Green New Year

By Paul Krugman

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Let’s be honest with ourselves: The new Democratic majority in the House won’t be able to enact new legislation. I’ll be astonished if there are bipartisan deals on anything important — even on infrastructure, where both sides claim to want action but what the G.O.P. really wants is an excuse to privatize public assets.

So the immediate consequences of the power shift in Washington won’t involve actual policymaking; they’ll come mainly from Democrats’ new, subpoena-power-armed ability to investigate the fetid swamp of Trumpian corruption.

But that doesn’t mean that Democrats should ignore policy issues. On the contrary, the party should spend the next two years figuring out what, exactly, it will try to do if it gains policymaking power in 2021. Which brings me to the big policy slogan of the moment: the so-called Green New Deal. Is this actually a good idea?

Yes, it is. But it’s important to go beyond the appealing slogan, and hash out many of the details. You don’t want to be like the Republicans, who spent years talking big about repealing Obamacare, but never worked out a realistic alternative.

So what does the Green New Deal mean? It’s not entirely clear, which is what makes it a good slogan: It could mean a number of good things. But the main thrust, as I understand it, is that we should make a big move to tackle climate change, and that this move should accentuate the positive, not the negative. In particular, it should emphasize investments and subsidies, not carbon taxes.

But wait, shouldn’t we be considering a carbon tax? In principle, yes. As any card-carrying economist can tell you, there are big advantages to discouraging pollution by putting a price on emissions, which you can do either by imposing a tax or by creating a cap-and-trade system in which people buy and sell emission permits.

It’s Economics 101: A pollution tax or equivalent creates broad-based incentives in a way less comprehensive policies can’t. Why? Because it encourages people to reduce their carbon footprint in all possible ways, from using renewable energy, to conservation, to shifting consumption away from energy-intensive products.

A carbon tax is, however, a tax — which will upset the people who have to pay it. Yes, the revenue from a carbon tax could be used to cut other taxes, but convincing enough people that they will be better off over all would be a very hard sell. And claims that a carbon tax high enough to make a meaningful difference would attract significant bipartisan support are a fantasy at best, a fossil-fuel-industry ploy to avoid major action at worst.The point is that going for a less-than-ideal but salable policy, at least initially, is better than letting the best be the enemy of the good. That was the lesson of health care reform: Single payer had no chance of being enacted under President Barack Obama, but a somewhat awkward public-private hybrid system that preserved employer-based insurance was (just) doable — and 20 million Americans gained coverage.

Now that the principle of universal coverage is out there, a gradual transition to some version of Medicare for all is starting to look politically possible; but it was important to start with policies that achieved big progress without greatly disrupting people’s lives.

Can we similarly make big progress on climate change without disrupting Americans’ lives too much? My read of the data says yes.

The majority of U.S. greenhouse gas emissions come from electricity generation and transportation. We could cut generation-related emissions by two-thirds or more simply by ending the use of coal and making more use of renewables (whose prices have fallen drastically), without requiring that Americans consume less power. We could almost surely reduce transportation emissions by a comparable amount by raising mileage and increasing the use of electric vehicles, even if we didn’t reduce the number of miles we drive each year.

These are gains that could be achieved with a combination of positive incentives like tax credits and not-too-onerous regulation. Add in investments in technology and infrastructure that supports alternative energy, and a Green New Deal that dramatically reduces emissions seems entirely practical, even without carbon taxes. And these policies would visibly create jobs in renewable energy, which already employs a lot more people than coal mining.

Of course, some people would be hurt. The 53,000 Americans still employed in coal mining would eventually have to find other employment (and aid for workers in transition industries should be a part of the Green New Deal). Profits of fossil-fuel companies would also go down, although these companies now give almost all their money to the G.O.P., so it’s not clear why Democrats should care.

Over all, however, Democrats can surely do for climate change what they did for health care: devise policies that hugely improve the situation while producing far more winners than losers. They can’t enact a Green New Deal right away — but they should start preparing now, and be ready to move in two years.

 

Speriamo in un nuovo anno verde,

di Paul Krugman

Siamo onesti con noi stessi: la nuova maggioranza democratica alla Camera non sarà nelle condizioni di approvare nuove leggi. Sarei sorpreso se ci fossero accordi bipartisan su temi importanti – persino sulle infrastrutture, dove entrambi gli schieramenti sostengono di volere dei provvedimenti, ma quello che in realtà il Partito Repubblicano vuole è una scusa per privatizzare asset pubblici.

Dunque, la conseguenza immediata dello spostamento di potere a Washington non riguarderà l’effettiva legislazione: principalmente arriverà dai democratici la nuova possibilità di mandati di comparizione in forza di legge per indagare sulla fetida palude della corruzione trumpista.

Ma questo non significa che i democratici dovrebbero ignorare i temi del governo. Al contrario, il partito dovrebbe spendere i prossimi due anni nell’immaginare che cosa, esattamente, cercherà di fare se otterrà il potere legislativo nel 2021. Il che mi porta al grande slogan del momento della politica: il cosiddetto New Deal Verde. È davvero una buona idea?

Sì, è una buona idea. Ma è importante andare oltre lo slogan attraente, e chiarire molti dettagli. Non si può fare come i repubblicani, che hanno passato anni ad alzare la voce sulla abrogazione della riforma sanitaria di Obama, senza elaborare una alternativa realistica.

Cosa significa, dunque, il New Deal Verde?  Non è del tutto chiaro, il che spiega perché è un buono slogan: potrebbe significare un certo numero di cose positive. Ma il nocciolo principale, per come lo intendo io, è che dovremmo assumere un grande iniziativa per affrontare il cambiamento climatico, e che in questa iniziativa si dovrebbe mettere l’accento sugli aspetti positivi, non su quelli negativi. In particolare, si dovrebbero enfatizzare gli investimenti e i sussidi, non le tasse sul carbonio.

Ma, un momento, non dovevamo prendere in esame una tassa sul carbonio? In linea di principio, sì. Come ogni economista patentato potrebbe dirvi, ci sono grandi vantaggi nello scoraggiare l’inquinamento mettendo un prezzo alle emissioni, il che si può fare sia imponendo una tassa che creando un sistema cap-and-trade [1] nel quale le persone possano acquistare e vendere permessi alle emissioni.

È quanto si prescrive in ogni libro di testo di economia: una tassa sull’inquinamento o qualcosa di equivalente crea incentivi molto diffusi in modi più esaurienti di quello che possono fare le politiche. Perché? Perché incoraggia le persone a ridurre il loro impatto di carbonio in tutti i modi possibili, dall’uso di energie rinnovabili, alla conservazione, allo spostamento dei consumi dai prodotti a più elevata intensità energetica.

Tuttavia, una tassa sul carbonio è una tassa – che scontenterà le persone che debbono pagarla. È vero, le entrate di una tassa sul carbonio possono essere usate per tagliare altre tasse, ma convincere un numero sufficiente di persone che andranno a star meglio sarebbe molto arduo da ottenere. E gli argomenti secondo i quali una tassa sul carbone alta abbastanza per fare una differenza apprezzabile riceverebbe un sostegno significativo da entrambi gli schieramenti sono nel migliore dei casi una fantasia [2], nel peggiore una manovra dell’industria dei combustibili fossili per evitare una legislazione importante.

Il punto è che essere favorevoli ad una politica tutt’altro che ideale ma spendibile, almeno all’inizio, è meglio che consentire che l’ottimo divenga il nemico del buono. Questa è stata la lezione della riforma della assistenza sanitaria: un sistema centralizzato di pagamenti non aveva la possibilità di essere varato sotto il Presidente Barack Obama, ma un complicato sistema ibrido pubblico privato che in qualche modo ha preservato una assicurazione basata sui datori di lavoro era praticabile (non di più) – e 20 milioni di americani ci hanno guadagnato l’assicurazione sanitaria.

Adesso che il principio della assicurazione universale è in funzione, una graduale transizione ad una qualche versione di Medicare per tutti comincia ad apparire politicamente possibile; ma è stato importante partire con politiche che hanno realizzato un rilevante progresso senza gravi turbamenti nelle vite delle persone.

Possiamo ottenere in modo simile un grande progresso sul cambiamento climatico senza turbamenti troppo rilevanti nelle vite degli americani? La mia lettura dei dati mi porta ad una risposta affermativa.

La maggioranza delle emissioni dei gas serra proviene dalla produzione di elettricità e dai trasporti. Potremmo tagliare di due terzi o più le emissioni connesse con la produzione di elettricità semplicemente ponendo fine all’uso del carbone e facendo un uso maggiore delle energie rinnovabili (i cui prezzi sono calati in modo drastico), senza richiede agli americani di consumere meno energia. Potremmo quasi sicuramente ridurre le emissioni nel settore dei trasporti di una quantità analoga elevando la distanza percorribile con lo stesso carburante [3] ed incrementando l’uso dei veicoli elettrici, anche se non riducessimo il numero di miglia che percorriamo ogni anno.

Ci sono vantaggi che potremmo ottenere con una combinazione di incentivi positivi come i crediti di imposta e regolamentazioni non troppo onerose. Si aggiungano gli investimenti nella tecnologia e nelle infrastrutture che sostengono le energie alternative, ed un New Deal Verde che riduca le emissioni in modo spettacolare sembra del tutto a portata di mano, anche senza tasse sul carbonio. E queste politiche creerebbero visibilmente posti di lavoro nelle energie rinnovabili, che già occupano molte persone in più della estrazione del carbone.

Naturalmente, alcuni verrebbero danneggiati. I 53.000 americani ancora impiegati nell’estrazione del carbone alla fine dovrebbero trovare un’altra occupazione (e aiutare i lavoratori nelle industrie di transizione dovrebbe essere un aspetto del New Deal Verde). Anche i profitti delle società dei combustibili fossili scenderebbero, sebbene queste società adesso versino quasi tutti i soldi delle loro donazioni al Partito Repubblicano, per cui non è chiaro perché i democratici dovrebbero preoccuparsene.

Soprattutto, tuttavia, i democratici possono sicuramente fare per il cambiamento climatico quello che hanno fatto per l’assistenza sanitaria: concepire politiche che migliorino grandemente la situazione nel mentre producono di gran lunga più vincitori che perdenti. Non possono varare une New Deal Verde subito – ma dovrebbero cominciare a prepararsi oggi, ed essere pronti a renderlo operativo in due anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Letteralmente, “mettere un limite e consentire gli scambi” in materia di inquinamento ambientale – ovvero mettere un limite all’inquinamento e premiare chi sta sotto quel limite, anche permettendogli di ‘vendere’ il proprio comportamento virtuoso a chi resta provvisoriamente sopra (l’acquisto di ‘punti’ dai più virtuosi – e talora anche di tecnologie – essendo un modo provvisorio per restare nella legalità).

[2] Nella connessione nel testo inglese, alla parola “fantasy” si rimanda ad un lungo articolo di David Roberts su Vox, dal titolo “I lobbisti dell’energia creano un nuovo comitato per spingere a favore di una tassa sul carbone. Un momento, cosaaa?”.

L’articolo ricorda che i protagonisti di tale comitato – i passati Senatori Trent Lott del Mississippi e John Breaux della Louisiana – erano stati tra i principali lobbisti dell’industria dei combustibili fossili all’epoca di George Bush. La proposta in questione si basa su una tassa iniziale di 40 dollari, destinata a crescere gradualmente ad un tasso imprecisato e capace di produrre dividendi da distribuire tra tutte le famiglie. Notizia abbastanza sorprendente, personaggi del calibro di Ben Bernanke e Janet Yellen, i due passati Presidenti della Fed, hanno aderito all’iniziativa.

Secondo l’autore “Quella proposta politica non è affatto bipartisan, non è probabile che divenga popolare, non è affatto un progetto politico così rilevante da condividere, ed è ingenuo credere che sia uno stratagemma che nasce principalmente o anche casualmente, da preoccupazioni per l’ambiente. È prima di tutto e anzitutto un’offerta dell’industria del petrolio, del gas e del nucleare per assicurarsi una transizione energetica la più mite e la più prevedibile possibile”.

Ma è interessante che quei settori industriali stiano operando per cercare di attenuare i costi di una transizione ad una energia più indipendente dal carbone. Peraltro, l’articolo afferma che tra i promotori del comitato ci sarebbero anche associazioni industriali dei settori dell’energia solare ed eolica.

Come si vede anche dal prosieguo dell’articolo, la posizione di Krugman non dà credito a questa mossa che gli appare come una possibile manovra per evitare nel prossimo futuro una legislazione più impegnativa.

[3] “Mileage” ha due significati in lingua inglese: la distanza che un veicolo ha percorso e la distanza che può percorrere utilizzando una quantità data di carburante. Il secondo concetto non è restituibile con la semplice traduzione di “chilometraggio”.

 

 

 

 

 

 

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