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Essere realisti con l’America rurale, di Paul Krugman (New York Times, 18 marzo 2019)

 

March 18, 2019

Getting Real About Rural America 

By Paul Krugman

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Things clump together; the periphery cannot hold.

As you read this, Democratic presidential hopefuls are crisscrossing Iowa, trying to assure farmers that they share their concerns. Commentators are publishing opinion pieces about how Democrats can win back rural voters. Think tanks are issuing manifestoes about reviving heartland economies.

There’s nothing wrong with discussing these issues. Rural lives matter — we’re all Americans, and deserve to share in the nation’s wealth. Rural votes matter even more; like it or not, our political system gives hugely disproportionate weight to less populous states, which are also generally states with relatively rural populations.

But it’s also important to get real. There are powerful forces behind the relative and in some cases absolute economic decline of rural America — and the truth is that nobody knows how to reverse those forces.

Put it this way: Many of the problems facing America have easy technical solutions; all we lack is the political will. Every other advanced country provides universal health care. Affordable child care is within easy reach. Rebuilding our fraying infrastructure would be expensive, but we can afford it — and it might well pay for itself.

But reviving declining regions is really hard. Many countries have tried, but it’s difficult to find any convincing success stories.

Southern Italy remains backward after generations of effort. Despite vast sums spent on reconstruction, the former East Germany is still depressed three decades after the fall of the Berlin Wall.

Maybe we could do better, but history is not on our side.

What’s the matter with rural America? Major urban centers have always been magnets for economic growth. They offer large markets, ready availability of specialized suppliers, large pools of workers with specialized skills, and the invisible exchange of information that comes from face-to-face contact. As the Victorian economist Alfred Marshall put it, “The mysteries of the trade become no mysteries; but are as it were in the air.”

But the gravitational pull of big cities used to be counteracted by the need to locate farming where the good land was. In 1950 U.S. agriculture directly employed more than six million people; these farmers supported a network of small towns providing local services, and some of these small towns served as seeds around which various specialized industries grew.

Nor was farming the only activity giving people a reason to live far from major metropolitan areas. There were, for example, almost half a million coal miners.

Even then, rural areas and small towns weren’t the “real America,” somehow morally superior to the rest of us. But they were a major part of the demographic, social and cultural landscape.

Since then, however, while America’s population has doubled, the number of farmers has fallen by two-thirds. There are only around 50,000 coal miners. The incentives for business to locate far from the metropolitan action have greatly diminished. And the people still living in rural areas increasingly feel left behind.

Some of the consequences have been tragic. Not that long ago we used to think of social collapse as an inner-city problem. Nowadays phenomena like the prevalence of jobless men in their prime working years, or worse yet, the surge in “deaths of despair” by drugs, alcohol or suicide are concentrated in declining rural areas.

And politically, rural America is increasingly a world apart. For example, overall U.S. public opinion is increasingly positive toward immigrants. But rural Americans — many of whom rarely encounter immigrants in their daily lives — have a vastly more negative view.

Not surprisingly, rural America is also pretty much the only place where Donald Trump remains popular; despite the damage his trade wars have done to the farm economy, his net approval is vastly higher in rural areas than it is in the rest of the country.

So what can be done to help rural America? We can and should make sure that all Americans have good health care, access to good education, and so on wherever they live. We can try to promote economic development in lagging regions with public investment, employment subsidies and, possibly, job guarantees.

But as I said, experience abroad isn’t encouraging. West Germany invested $1.7 trillion in an attempt to revive the former East Germany — more than $100,000 per capita — yet the region is still lagging, with many young people leaving.

Nor, realistically, can we expect aid to produce a political turnaround. Despite all that aid, in 2017 more than a quarter of East German men cast their ballots for the extreme-right, white nationalist Alternative for Germany.

I’m sure that some rural readers will be angered by everything I’ve just said, seeing it as typical big-city condescension. But that’s neither my intention nor the point. I’m simply trying to get real. We can’t help rural America without understanding that the role it used to play in our nation is being undermined by powerful economic forces that nobody knows how to stop.

 

 

 

Essere realisti con l’America rurale,

di Paul Krugman

Sono gli oggetti che si raggruppano; la periferia non può permetterselo.

Nel mentre leggete questo articolo, gli aspiranti democratici alla Presidenza girano in lungo e in largo lo Iowa, cercando di assicurare gli agricoltori che condividono le loro preoccupazioni. I commentatori stanno pubblicando commenti su come i democratici possono riguadagnare gli elettori rurali. Gruppi di ricercatori stanno elaborando manifesti per rivitalizzare le economie del cuore del paese.

Non c’è niente di sbagliato nel dibattere questi temi. L’esistenza nelle campagne è importante – siamo tutti americani, meritiamo tutti di condividere la ricchezza della nazione. I voti delle aree rurali contano anche di più: piaccia o no, il nostro sistema politico concede un peso molto sproporzionato agli Stati meno popolosi, che in generale sono anche gli Stati con popolazioni relativamente rurali.

Ma è anche importante essere realisti. Ci sono forze potenti dietro il declino economico relativo, e in qualche caso assoluto, dell’America rurale – e la verità è che nessuno sa come rovesciare quelle forze.

Diciamo così: molti problemi che l’America ha di fronte hanno soluzioni tecniche semplici; ci manca la volontà politica. Ogni altro paese avanzato fornisce una assistenza sanitaria universalistica. Una assistenza sostenibile per l’infanzia sarebbe facilmente alla nostra portata. Ricostruire le nostre logore infrastrutture sarebbe costoso, ma possiamo permettercelo – e si ripagherebbe da solo.

Ma rivitalizzare le regioni in declino è veramente difficile. Molti paesi ci hanno provato, ma è difficile trovare storie di successi convincenti.

L’Italia meridionale resta indietro dopo uno sforzo di generazioni. Nonostante grandi somme spese nella ricostruzione, la passata Germania dell’Est è ancora depressa dopo tre decenni dalla caduta del Muro di Berlino.

Forse noi potremmo far meglio, ma la storia non è dalla nostra parte.

Qual è il problema dell’America rurale? Importanti centri urbani hanno sempre attratto la crescita economica. Essi offrono ampi mercati, una pronta disponibilità di fornitori specializzati, ampi bacini di lavoratori con competenze specialistiche e l’invisibile scambio di informazioni che viene dai contatti diretti. Come si espresse l’economista vittoriano Alfred Marshall: “I misteri del commercio non sono più misteri; eppure è come se restassero nell’aria”.

Ma l’attrazione gravitazionale delle grandi città un tempo era bilanciata dalla necessità di collocare l’attività agricola dove erano buone terre. Nel 1950 l’agricoltura degli Stati Uniti dava lavoro a più di sei milioni di persone; questi agricoltori sostenevano una rete di piccole città che fornivano i servizi locali, e alcune di queste piccole cittadine operavano come sementi attorno alle quali crescevano varie industrie specializzate.

E l’agricoltura non era l’unica attività che dava alla gente una ragione per vivere lontano dalle importanti aree metropolitane. C’erano, ad esempio, quasi mezzo milione di minatori di carbone.

Anche allora, le aree rurali e le piccole città non erano “l’America vera”, qualcosa di moralmente superiore al resto del paese. Ma erano una parte importante del paesaggio demografico, sociale e culturale.

Da allora, tuttavia, mentre la popolazione dell’America è raddoppiata, il numero degli agricoltori è crollato di due terzi. Restano soltanto 50.000 minatori del carbone. Gli incentivi alle imprese per localizzarsi lontano dalle attività metropolitane sono grandemente diminuiti. E la gente che ancora vive nelle aree rurali si sente sempre di più lasciata indietro.

Alcune conseguenze sono state tragiche. Non molto tempo fa eravamo soliti pensare al collasso sociale come un problema dei quartieri poveri. Oggi fenomeni come la prevalenza di uomini senza lavoro nella loro principale età lavorativa, o peggio ancora la crescita delle “morti per disperazione” a seguito dell’uso di droghe o alcool o i suicidi sono concentrati nelle aree rurali in declino.

E, da un punto di vista politico, l’America rurale è sempre più un mondo a sé stante. Ad esempio, nel complesso l’opinione pubblica degli Stati Uniti ha un atteggiamento sempre più positivo verso gli immigrati. Ma gli americani delle aree rurali – molti dei quali raramente incontrano immigrati nelle loro esistenze quotidiane – hanno un punto di vista assai più negativo.

Non sorprende che l’America rurale resti anche l’unico luogo nel quale Donald Trump rimane popolare; nonostante il danno che le sue guerre commerciali hanno fatto all’economia agricola, la sua approvazione netta è assai più elevata nelle aree rurali che nel resto del paese [1].

Dunque, cosa si può fare per aiutare l’America rurale? Possiamo e dovremmo garantire che tutti gli americani abbiano una buona assistenza sanitaria, che abbiano accesso ad una buona istruzione, dovunque essi vivano. Possiamo provare a promuovere lo sviluppo economico nelle regioni che restano indietro con gli investimenti pubblici, i sussidi all’occupazione e, possibilmente, le garanzie di posti di lavoro.

Ma, come ho detto, l’esperienza all’estero non è incoraggiante. La Germania Occidentale ha investito 1.700 miliardi di dollari nel tentativo di rivitalizzare la passata Germania dell’Est – più di 100.000 dollari procapite – tuttavia la regione resta indietro, con molti giovani che la lasciano.

Né possiamo aspettarci realisticamente un aiuto che produca una inversione di rotta politica. Nonostante tutto quell’aiuto, nel 2017 più di un quarto degli uomini della Germania dell’Est dava il proprio voto alla nazionalista bianca Alternativa per la Germania, di estrema destra.

Sono certo che alcuni lettori delle aree rurali si arrabbieranno per quanto ho appena detto, considerandolo come un tipico atteggiamento di sufficienza da grande città. Ma non è quella la mia intenzione, e neppure è il punto. Sto semplicemente cercando di essere realista. Non possiamo aiutare l’America rurale senza capire che il ruolo che essa un tempo giocava nella nostra nazione è messo a repentaglio da potenti forze economiche che nessuno sa come fermare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] La connessione nel testo inglese è con un articolo sul blog FiveThirtyEight che commenta alcuni recenti sondaggi. Pare che Trump abbia un tasso di approvazione del 43% – e di disapprovazione del 45% – tra tutti gli adulti. Ma la approvazione diventa del 61% nelle aree rurali, del 44% nelle piccole città, del 41% nelle aree suburbane e del 31% tra gli abitanti delle città.

 

 

 

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