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L’economia di Donald J. Keynes, di Paul Krugman (New York Times 6 maggio 2019)

 

May 6, 2019

The Economics of Donald J. Keynes

By Paul Krugman

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I made a bad economic call on election night 2016, predicting a Trump recession. But I quickly realized that political dismay had clouded my judgment, and retracted the call three days later. “It’s at least possible,” I wrote on Nov. 11, 2016, “that bigger budget deficits will, if anything, strengthen the economy briefly.”

What I didn’t realize at the time was just how much bigger the deficits would get. Since 2016, the Trump administration has, in practice, implemented the kind of huge fiscal stimulus followers of John Maynard Keynes pleaded for when unemployment was high — but Republicans blocked.

Contrary to what Donald Trump and his supporters claim, we are not seeing an unprecedented boom. The U.S. economy grew 3.2 percent over the past year, a growth rate we haven’t seen since … 2015. Employment has been growing steadily since 2010, with no break in the trend after 2016. Still, the long stretch of growth has pushed the unemployment rate down to levels not seen in decades. How did that happen, and what does it tell us?

The strength of the economy doesn’t reflect a turnaround of the U.S. trade deficit, which remains high. Nor does it reflect a giant boom in business investment, which proponents of the 2017 tax cut promised, but didn’t happen. What’s driving the economy now is, instead, deficit spending.

Economists often use the cyclically adjusted budget deficit — an estimate of what the deficit would be at full employment — as a rough measure of how much fiscal stimulus the government is providing. By that measure, the federal government is now pumping as much money into the economy as it was seven years ago, when the unemployment rate was more than 8 percent.

The explosion of the budget deficit isn’t just a result of that tax cut. After Republicans took control of the House in 2010, they forced the federal government into austerity, squeezing spending despite high unemployment and low borrowing costs. But once Trump was in the White House, spending was suddenly O.K. again (as long as it didn’t help poor people). In particular, real discretionary spending — expenditures other than those on Social Security, Medicare and other safety net programs — has surged after years of decline.

So there’s really no mystery about the economy’s continuing strength: It’s a Keynesian thing. But what do we learn from the experience?

Politically, we’ve learned that the G.O.P. is deeply hypocritical. After all that Obama-era shrieking about the dangers of debt and the looming threat of inflation, the party cheerfully opened the spigots as soon as it had its own man in the White House. You still see news reports that describe prominent Republicans as “deficit hawks,” and puzzle over their relaxed attitude toward the current flood of red ink. Come on, everyone knows what that was all about.

Beyond that, we now know that the long period of high unemployment that followed the 2008 financial crisis could easily have been avoided. Those of us who warned from the beginning that the Obama stimulus was too small and short-lived, and that austerity was hobbling the recovery, were right. If we had been willing to provide the same kind of fiscal support in 2013 that we’re providing now, unemployment that year would probably have been under 6 percent, not 7.4 percent.

But at the time, what I used to call the Very Serious People offered many reasons we couldn’t do what textbook economics said we should be doing. The V.S.P. said there was a debt crisis, even though the U.S. government was able to borrow at incredibly low interest rates. They said high unemployment was “structural,” and couldn’t be solved by increasing demand. In particular, workers didn’t have the skills needed for a modern economy.

None of these claims were true. But together with Republican obstructionism, they helped postpone a return to full employment for many years.

So are the Trump deficits a good thing? It turns out that two years ago the U.S. was further from full employment than most people thought, so there is a case for fiscal stimulus even now. And the risks of debt are far lower than the Very Serious People claimed.

If we’re going to run up debt, however, it should be for a good purpose. We could be using deficits to rebuild our creaking infrastructure. We could be investing in children, making sure they have adequate health care and nutrition, and lifting them out of poverty.

But Republicans are still blocking any kind of useful spending. Not only are Senate Republicans opposed to infrastructure investment, the Trump administration is proposing big cuts in aid to children, especially health care and education. Deficits are apparently good only if they’re incurred giving huge tax breaks to corporations, which use the money to buy back their stock.

So that’s the story of the economy in 2019. Employment is high and unemployment low, because Republicans have embraced the kind of deficit spending they claimed would destroy America when Democrats held power. But none of that spending is being used to help those in need, or make us stronger in the long run.

 

L’economia di Donald J. Keynes,

di Paul Krugman

 

Feci una previsione sbagliata la notte delle elezioni del 2016, pronosticando una recessione provocata da Trump. Ma compresi rapidamente che lo sconcerto politico aveva annebbiato il mio giudizio e ritirai la previsione tre giorni dopo. “È quantomeno possibile”, scrissi l’11 novembre del 2016, “che maggiori deficit di bilancio, semmai, rafforzino per una breve periodo l’economia”.

Quello che a quell’epoca non compresi fu quanto sarebbero stati più grandi i deficit. A partire dal 2016, l’Amministrazione Trump ha, in pratica, realizzato quel tipo di vasto stimolo di finanza pubblica che i seguaci di John Maynard Keynes imploravano quando la disoccupazione era alta – ma che i repubblicani avevano impedito.

Contrariamente a quanto affermano Donald Trump e i suoi sostenitori, non stiamo assistendo ad una espansione senza precedenti. L’economia statunitense è cresciuta del 3,2 per cento l’anno passato, un tasso di crescita che non vedevamo dal … 2015. L’occupazione è cresciuta regolarmente dal 2010, con nessun cambiamento improvviso dopo il 2016. Eppure, il lungo protrarsi della crescita ha spinto in basso il tasso di disoccupazione, a livelli che non si vedevano da decenni. Come è accaduto, e che cosa ci insegna?

La forza dell’economia non riflette una inversione di rotta del deficit commerciale degli Stati Uniti, che resta elevato. Non riflette neppure un gigantesco boom degli investimenti delle imprese, che coloro che avevano promosso il taglio delle tasse del 2017 avevano promesso, ma non si è verificato. Quello che adesso sta guidando l’economia è, invece, la spesa in deficit.

Gli economisti usano spesso il deficit di bilancio corretto sulla base del ciclo – una stima del deficit che ci sarebbe in condizioni di piena occupazione – come misura rudimentale di quanto stimolo di finanza pubblica il Governo sta fornendo. Secondo quella misura, il Governo Federale sta oggi immettendo nell’economia lo stesso denaro di sette anni orsono, quando il tasso di disoccupazione era superiore all’8 per cento.

L’esplosione del deficit del bilancio non è soltanto il risultato di quel taglio delle tasse. Dopo che nel 2010 i repubblicani presero il controllo della Camera dei Rappresentanti, imposero l’austerità al Governo Federale, con una stretta sulla spesa nonostante l’elevata disoccupazione e i bassi costi dell’indebitamento. Ma una volta che Trump si è insediato alla Casa Bianca, la spesa è diventata improvvisamente corretta (a condizione che non aiuti la povera gente). In particolare, la spesa effettiva discrezionale – le altre spese ad eccezione di quelle sulla Previdenza Sociale, su Medicare e sugli altri programmi della sicurezza sociale – si è impennata dopo anni di declino.

Dunque, non c’è alcun mistero sulla perdurante forza dell’economia: è un fenomeno keynesiano. Ma che cosa apprendiamo dall’esperienza?

Politicamente, abbiamo appreso quanto sia radicata l’ipocrisia repubblicana. Dopo tutto il frastuono dell’epoca di Obama sui pericoli del debito e sulla incombente minaccia di inflazione, il partito ha spensieratamente aperto i rubinetti appena ha avuto il suo uomo alla Casa Bianca. Si leggono ancora resoconti giornalistici che descrivono eminenti repubblicani come “falchi del deficit” e si interrogano sulla loro permissività verso l’attuale inondazione di conti in rosso. Suvvia, sanno tutti da cosa dipende.

Oltre a ciò, adesso sappiamo che il lungo periodo di alta disoccupazione che seguì la crisi finanziaria del 2008 avrebbe facilmente potuto essere evitato. Chi tra di noi mise in guardia sin dagli inizi che lo stimolo di Obama era troppo piccolo e di troppo breve durata, e che l’austerità stava azzoppando la ripresa, aveva ragione. Se fossimo stati disponibili a fornire nel 2013 lo stesso tipo di sostegno della finanza pubblica che stiamo fornendo oggi, quell’anno la disoccupazione sarebbe stata sotto il 6 per cento, non al 7,4 per cento.

Ma a quel tempo quelle che ero solito chiamare Persone Molto Serie (VSP) presentavano molte ragioni per le quali non si poteva fare quello che i libri di testo dicevano si sarebbe dovuto fare. Le Persone Molto Serie dicevano che c’era una crisi da debito, anche se il Governo era nelle condizioni di indebitarsi a tassi di interesse incredibilmente bassi. Dicevano che la disoccupazione era “strutturale” e non poteva essere risolta con un aumento della domanda. In particolare, i lavoratori non avevano le competenze necessarie per un’economia moderna.

Nessuno di questi argomenti era vero. Ma assieme all’ostruzionismo repubblicano, essi contribuirono per molti anni a ritardare un ritorno alla piena occupazione.

Dunque, i deficit di Trump sono una buona cosa? Si scopre che due anni fa gli Stati Uniti erano più lontani dalla piena occupazione di quanto la maggioranza delle persone pensasse [1], in tal modo ci sono persino oggi argomenti per uno stimolo della finanza pubblica. E i rischi del debito sono molto più bassi di quello che sostenevano le Persone Molto Serie.

Tuttavia, se siamo orientati ad aumentare il debito, dovrebbe essere per un buono scopo. Potremmo stare utilizzando i deficit per ricostruire le nostre infrastrutture scricchiolanti. Potremmo investire nei bambini, facendo loro avere con certezza una adeguata assistenza sanitaria e nutrizione e togliendoli dall’indigenza.

Ma i repubblicani stanno ancora bloccando ogni tipo di spesa utile. Non solo i repubblicani del Senato si sono opposti agli investimenti in infrastrutture, l’Amministrazione Trump sta proponendo grandi tagli negli aiuti ai bambini, particolarmente assistenza sanitaria e istruzione. I deficit sembra siano buoni solo se comportano il concedere ampi sgravi fiscali alle società, che usano il denaro per ricomprarsi le loro azioni.

Questa è dunque la storia dell’economia nel 2019. L’occupazione è alta e la disoccupazione è bassa, perché i repubblicani hanno abbracciato il genere di spesa in deficit che sostenevano avrebbe distrutto l’America quando i democratici erano al potere. Ma niente di questa spesa viene usato per aiutare coloro che ne hanno bisogno, o per rafforzarci nel lungo termine.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] L’articolo che appare nella connessione (testo inglese) fornisce una spiegazione molto interessante apparsa il 2 maggio sul New York Times a cura di Ben Casselman, sulle ragioni per le quali soltanto adesso, dieci anni dopo l’uscita dalla recessione, i salari stanno aumentando.

Secondo la generalità degli economisti, con la diminuzione della disoccupazione è naturale un fenomeno di crescita dei salari; ma in America non è accaduto per lungo tempo e solo ora comincia ad accadere, in genere a favore dei posti di lavoro con remunerazioni medio basse. La spiegazione più semplice (che molti, in realtà, sospettavano) è che i dati sul mercato del lavoro non fossero veritieri. In realtà “La definizione ufficiale di disoccupazione da parte del Governo è relativamente ristretta. Essa considera soltanto le persone che stanno attivamente cercando lavoro, il che significa che esclude molti studenti, molti genitori che restano a casa e che gradirebbero un posto di lavoro se fosse disponibile”.  In pratica, è accaduto che i datori di lavoro non sono stati costretti ad aumentare i salari finché il mercato del lavoro aveva ancora rilevanti margini di offerta di forza lavoro non occupata, anche se non era censita come ‘disoccupata’.

“Pare esattamente – continua Casselman – quello che ora sta avvenendo. Nei mesi recenti, più del 70 per cento delle persone che ottengono posti di lavoro, nei mesi precedenti non veniva considerata disoccupata. Il che era assai al di sopra dei livelli storici …”.

 

 

 

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