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La Cina cerca di insegnare a Trump l’economia, di Paul Krugman (New York Times, 8 agosto 2019)

 

Aug. 8, 2019

China Tries to Teach Trump Economics

By Paul Krugman

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If you want to understand the developing trade war with China, the first thing you need to realize is that nothing Donald Trump is doing makes sense. His views on trade are incoherent. His demands are incomprehensible. And he vastly overrates his ability to inflict damage on China while underrating the damage China can do in return.

The second thing you need to realize is that China’s response so far has been fairly modest and measured, at least considering the situation. The U.S. has implemented or announced tariffs on virtually everything China sells here, with average tariff rates not seen in generations. The Chinese, by contrast, have yet to deploy anything like the full range of tools at their disposal to offset Trump’s actions and hurt his political base.

Why haven’t the Chinese gone all out? It looks to me as if they’re still trying to teach Trump some economics. What they’ve been saying through their actions, in effect, is: “You think you can bully us. But you can’t. We, on the other hand, can ruin your farmers and crash your stock market. Do you want to reconsider?”

There is, however, no indication that this message is getting through. Instead, every time the Chinese pause and give Trump a chance to rethink, he takes it as vindication and pushes even harder. What this suggests, in turn, is that sooner or later the warning shots will turn into an all-out trade and currency war.

About Trump’s views: His incoherence is on view almost every day, but one of his recent tweets was a perfect illustration. Remember, Trump has been complaining nonstop about the strength of the dollar, which he claims puts America at a competitive disadvantage. On Monday he got the Treasury Department to declare China a currency manipulator, which was true seven or eight years ago but isn’t true now. Yet the very next day he wrote triumphantly that “massive amounts of money from China and other parts of the world is pouring into the United States,” which he declared “a beautiful thing to see.”

Um, what happens when “massive amounts of money” pour into your country? Your currency rises, which is exactly what Trump is complaining about. And if lots of money were flooding out of China, the yuan would be plunging, not experiencing the trivial (2 percent) decline that Treasury condemned.

Oh well. I guess arithmetic is just a hoax perpetrated by the deep state.

Still, even if Trump isn’t making sense, will China give in to his demands? The short answer is, “What demands?” Trump mainly seems exercised by China’s trade surplus with America, which has multiple causes and isn’t really under the Chinese government’s control.

Others in his administration seem concerned by China’s push into high-technology industries, which could indeed threaten U.S. dominance. But China is both an economic superpower and relatively poor compared with the U.S.; it’s grossly unrealistic to imagine that such a country can be bullied into scaling back its technological ambitions.

Which brings us to the question of how much power the U.S. really has in this situation.

America is, of course, a major market for Chinese goods, and China buys relatively little in return, so the direct adverse effect of a tariff war is larger for the Chinese. But it’s important to have a sense of scale. China isn’t like Mexico, which sends 80 percent of its exports to the United States; the Chinese economy is less dependent on trade than smaller nations, and less than a fifth of its exports come to America.

So while Trump’s tariffs certainly hurt the Chinese, Beijing is fairly well placed to counter their effects. China can pump up domestic spending with monetary and fiscal stimulus; it can boost its exports, to the world at large as well as to America, by letting the yuan fall.

At the same time, China can inflict pain of its own. It can buy its soybeans elsewhere, hurting U.S. farmers. As we saw this week, even a mostly symbolic weakening of the yuan can send U.S. stocks plunging.

And America’s ability to counter these moves is hindered by a combination of technical and political factors. The Fed can cut rates, but not very much given how low they are already. We could do a fiscal stimulus, but having rammed through a plutocrat-friendly tax cut in 2017, Trump would have to make real concessions to Democrats to get anything more — something he probably won’t do.

What about a coordinated international response? That’s unlikely, both because it’s not clear what Trump wants from China and because his general belligerence (not to mention his racism) has left America with almost nobody willing to take its side in global disputes.

So Trump is in a much weaker position than he imagines, and my guess is that China’s mini-devaluation of its currency was an attempt to educate him in that reality. But I very much doubt he has learned anything. His administration has been steadily hemorrhaging people who know anything about economics, and reports indicate that Trump isn’t even listening to the band of ignoramuses he has left.

So this trade dispute will probably get much worse before it gets better.

 

La Cina cerca di insegnare a Trump l’economia,

di Paul Krugman

 

Se volete comprendere la guerra commerciale in corso con la Cina, la prima cosa che dovete capire è che niente di quanto Donald Trump sta facendo ha senso. Il suo punto di vista sul commercio è incoerente. Le sue richieste sono incomprensibili. Ed egli sovrastima enormemente la sua capacità di far danni alla Cina mentre sottovaluta i danni che la Cina può fare a noi.

La seconda cosa che dovete comprendere è che sinora la risposta della Cina è stata abbastanza modesta e misurata, almeno considerando la situazione. Gli Stati Uniti hanno messo in atto o annunciato tariffe sostanzialmente su tutto quello che la Cina ci vende, con aliquote tariffarie medie che non si vedevano da generazioni. I cinesi, al contrario, devono ancora dispiegare qualcosa come la piena gamma degli strumenti a loro disposizione per bilanciare le iniziative di Trump e portar danni alla sua base politica.

Perché i cinesi non hanno fatto tutto quello che potevano? A me sembra che essi stiano ancora cercando di insegnare a Trump un po’ di economia. Quello che stanno in effetti dicendo con le loro iniziative è: “Tu pensi di poterci intimidire. Ma non puoi. Noi, al contrario, possiamo rovinare i tuoi agricoltori e far crollare il tuo mercato azionario. Vuoi ripensarci?”

Tuttavia, non c’è alcun indizio che questo messaggio venga compreso. Invece, ogni volta che la Cina si concede una pausa e dà a Trump una possibilità di ripensarci, Trump la considera come una giustificazione e insiste persino con maggiore durezza. Quello che, a sua volta, questo indica è che prima o poi i segnali di ammonimento si trasformeranno in una guerra commerciale e valutaria senza limiti.

A proposito dei punti di vista di Trump: la sua incoerenza è in mostra quasi quotidianamente, ma uno dei suoi recenti tweet l’ha illustrata perfettamente. Si ricordi, Trump è venuto lamentandosi in continuazione sulla forza del dollaro, che egli sostiene metta l’America in uno svantaggio competitivo. Lunedì è arrivato a far dichiarare al Dipartimento del Tesoro che la Cina sarebbe un manipolatore valutario, che era vero sette o otto anni fa ma è falso oggi. Tuttavia, solo il giorno successivo ha scritto trionfalmente che “massicce somme di denaro dalla Cina e da altre parti del mondo stanno riversandosi negli Stati Uniti”, la qual cosa l’ha definita “una bella cosa da vedere”.

Uhm, cosa accade quando “massicce somme di denaro” si riversano nel vostro paese? La vostra valuta cresce, il che è esattamente quello di cui Trump sta lamentandosi. E se grandi quantità di denaro fuoriescono dalla Cina, lo yuan dovrebbe precipitare, e non sperimentare il banale declino (2 per cento) che il Tesoro ha condannato.

Lasciamo perdere. Suppongo che l’aritmetica sia solo una bufala ordita dallo “Stato nello Stato” [1].

Eppure, anche se ciò che dice Trump non ha senso, la Cina aderirà alle sue richieste? La risposta in breve è: “Quali richieste”? Trump sembra principalmente agito dal surplus commerciale della Cina verso gli Stati Uniti, la qual cosa ha cause molteplici e non è davvero sotto il controllo del Governo cinese.

Altri nella sua Amministrazione sembrano preoccupati che la Cina promuova l’industria ad alta tecnologia, il che potrebbe in effetti minacciare il dominio statunitense. Ma la Cina è sia una superpotenza economica che un soggetto relativamente modesto a confronto con gli Stati Uniti; è grossolanamente irrealistico immaginare che un paese del genere possa essere intimidito sino a retrocedere dalle sue ambizioni tecnologiche.

Il che ci porta alla domanda di quanto sia grande il potere che gli Stati Uniti hanno realmente in questa situazione.

L’America, ovviamente, è un mercato importante per i prodotti cinesi, e in cambio la Cina compra relativamente poco, cosicché il diretto effetto negativo di una guerra commerciale è più ampio per i cinesi. Ma è importante avere un senso delle dimensioni. La Cina non è come il Messico, che invia l’80 per cento delle sue esportazioni negli Stati Uniti; l’economia cinese è meno dipendente dal commercio delle nazioni più piccole, e meno di un quinto delle sue esportazioni arrivano all’America.

Dunque, mentre le tariffe di Trump certamente danneggiano i cinesi, Pechino è abbastanza ben messa per contrastare i loro effetti. La Cina può ravvivare la spesa interna con lo stimolo monetario e della spesa pubblica; può incoraggiare le sue esportazioni, verso il mondo intero come verso l’America, facendo cadere lo yuan.

Nello stesso tempo, la Cina può per suo conto provocare sofferenze. Può acquistare altrove la soia, danneggiando i coltivatori statunitensi. Come abbiamo visto questa settimana, persino un indebolimento in gran parte simbolico dello yuan può far cadere le azioni statunitensi.

E la capacità dell’America di contrastare queste mosse è ostacolata da una combinazione di fattori tecnici e politici. La Fed può tagliare i tassi, ma non di molto, considerato quanto essi sono già bassi. Possiamo operare con uno stimolo della finanza pubblica, ma avendo imposto nel 2017 un taglio delle tasse favorevole ai plutocrati, Trump dovrebbe fare effettive concessioni ai democratici per ottenere qualcos’altro – una cosa che probabilmente non farà.

Che dire di una coordinata risposta internazionale? Essa è improbabile, sia perché non è chiaro cosa Trump voglia dalla Cina, sia perché la sua complessiva aggressività (per non dire il suo razzismo) hanno lasciato l’America quasi con nessuno disponibile a stare dalla sua parte nelle dispute globali.

Dunque Trump è in una posizione molto più debole di quanto immagini, e la mia impressione è che la mini svalutazione da parte della Cina della sua moneta sia stata un tentativo di educarlo a quel dato di fatto. Ma dubito fortemente che abbia imparato alcunché. La sua Amministrazione ha avuto una emorragia costante di individui che sapevano qualcosa di economia, e i resoconti indicano che Trump non sta neppure ascoltando la banda di ignorantoni che gli sono rimasti.

Dunque, questa disputa commerciale diventerà probabilmente molto peggiore, prima di rasserenarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] È la traduzione suggerita da MondoFox, un po’ più significativa che non “Stato profondo”. In effetti, in tal senso tale espressione è stata di recente utilizzata da campioni del sovranismo americano come Bannon. Ma talvolta i conservatori si riferiscono al “deep state” semplicemente per indicare il “ventre molle” dello Stato assistenziale.

 

 

 

 

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