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I repubblicani fingono soltanto di essere patrioti, di Paul Krugman (New York Times, 23 settembre 2019)

 

Sept. 23, 2019

Republicans Only Pretend to Be Patriots

By Paul Krugman

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Republicans have spent the past half-century portraying themselves as more patriotic, more committed to national security than Democrats. Richard Nixon’s victory in 1972, Ronald Reagan’s victory in 1980 and George W. Bush’s victory in 2004 (the only presidential election out of the past seven in which the Republican won the popular vote) all depended in part on posing as the candidate more prepared to confront menacing foreigners.

And Barack Obama faced constant, scurrilous accusations of being too deferential to foreign rulers. Remember the “apology tour,” or the assertions that he had bowed to overseas leaders?

But now we have a president who really is unpatriotic to the point of betraying American values and interests. We don’t know the full extent of Donald Trump’s malfeasance — we don’t know, for example, how much his policies have been shaped by the money foreign governments have been lavishing on his businesses. But even what we do know — his admitted solicitation of foreign help in digging up dirt on political rivals, his praise for brutal autocrats — would have had Republicans howling about treason if a Democrat had done it.

Yet almost all G.O.P. politicians seem perfectly fine with Trump’s behavior. Which means that it’s time to call Republican superpatriotism what it was long before Trump appeared on the scene: a fraud.

After all, a true patriot is willing to make some sacrifice, to give up some personal or policy goal, in the national interest. Can anyone point to any prominent figure in the modern Republican Party who has done that?

In fact, the periods in which Republicans worked hardest to wrap themselves in the flag and question Democrats’ loyalty were also periods in which the G.O.P. doubled down on its usual domestic agenda of making the rich richer. Even as George W. Bush’s administration was hyping the war on terrorism and leading America to war on false pretenses, the party was pushing for tax cuts: “Nothing,” declared Tom DeLay, the House Republican leader at the time, “is more important in the face of a war than cutting taxes.”

But if Republican superpatriotism has always been a fraud, why were so many Americans taken in? After all, polling suggests that except for a brief period after the extent of the Iraq debacle became clear, the public has consistently viewed the G.O.P. as stronger than Democrats on national security.

My guess, although I’d love to see some serious research from political scientists, is that for most of the past half-century the G.O.P.’s patriotic posturing dovetailed with its domestic political strategy, which centered on hostility to the Other.

Republicans positioned themselves as the champions of white, small-town America against people of color and cosmopolitan urban elites; they also posed as the nation’s defenders against international Communism and Islamic extremism, which in reality had nothing to do either with each other or with domestic racial tensions, but somehow fit psychologically because they involved strange people with funny names.

The irony is that in the past few years this paranoid fantasy, in which a major U.S. political party is de facto allied with an international movement hostile to American values, has actually become true. But the party in question is the G.O.P., which under Trump has effectively become part of a cross-national coalition of authoritarian white nationalists. Republicans were never the patriots they pretended to be, but at this point they’ve pretty much crossed the line into being foreign agents.

And why have both professional Republicans and the party’s base gone along with this? You need to think of Trump’s foreign entanglements in the context of a G.O.P. establishment that realizes that its domestic agenda is deeply unpopular, and a rank-and-file that sees itself on the losing side of demographic and social change. The result is a party that is increasingly willing to play dirty, violating democratic norms, to hold on to power.

And once a party has decided to do whatever it takes to prevail politically, there’s no reason to expect the foul play to stop at the water’s edge. If a party is willing to rig political outcomes by preventing minorities from voting, if it’s willing to use extreme gerrymandering to retain power even when voters reject it, why won’t it be equally willing to encourage foreign powers to subvert U.S. elections? A bit of treason is just part of the package.

Which brings me to the political question of the moment: Should Democrats begin an impeachment inquiry? Such an inquiry almost certainly wouldn’t remove Trump from office, because Republicans in the Senate wouldn’t vote to convict. But that misses the point.

What an impeachment process would do now is get the truth about who really cares about defending America and its values — and who doesn’t — out into the open. By forcing Republicans to explicitly condone behavior they would have called treason if a Democrat did it, Nancy Pelosi and her colleagues can finally put an end to the G.O.P.’s long pretense of being more patriotic than its opponents.

 

 

I repubblicani fingono soltanto di essere patrioti,

di Paul Krugman

 

I repubblicani hanno speso il mezzo secolo passato dipingendosi come più patriottici, più impegnati per la sicurezza nazionale dei democratici. Le vittorie di Richard Nixon del 1972, di Ronald Reagan del 1980 e di George W. Bush del 2004 (le sole elezioni presidenziali delle ultime sette nelle quali i repubblicani si aggiudicarono la maggioranza del voto popolare) dipesero tutte almeno in parte dal presentarsi come i candidati più preparati ad affrontare le minacce straniere.

E Barack Obama affrontò costanti, diffamatorie accuse di essere troppo remissivo verso i governanti stranieri. Ricordate il “tour delle scuse”, ovvero i giudizi secondo i quali era stato servile nei confronti dei leader d’oltreoceano?

Eppure adesso abbiamo un Presidente che è realmente non patriottico al punto di tradire i valori e gli interessi americani. Non conosciamo la misura piena delle sue cattive condotte – non sappiamo, ad esempio, quanto le sue politiche siano state ispirate dal denaro che governi stranieri hanno profuso sulle sue imprese. Ma i repubblicani avrebbero urlato al tradimento se anche quello che conosciamo – la sua ammessa sollecitazione di aiuti stranieri per portare alla luce sporcizie sugli avversari politici, i suoi elogi per autocrati brutali – fosse stato fatto da un democratico.

Tuttavia quasi tutti i politici del Partito Repubblicano sembrano perfettamente a loro agio con il comportamento di Trump. Il che significa che è venuto il momento di chiamare il super patriottismo repubblicano per quello che era molto tempo prima che Trump apparisse sulla scena: un inganno.

In fin dei conti, un vero patriota è disponibile a fare qualche sacrificio, a rinunciare a qualche obbiettivo personale o politico, nell’interesse nazionale. Qualcuno può indicare qualche eminente personaggio nel partito repubblicano odierno che lo abbia fatto?

In sostanza, i periodi nei quali i repubblicani si sono impegnati più intensamente ad avvolgersi nella bandiera e a mettere in dubbio la fedeltà dei democratici, furono anche i periodi nei quali si impegnarono al massimo sulla loro consueta agenda interna di rendere i ricchi più ricchi. Persino quando l’Amministrazione di George W. Bush lanciava la sua guerra sul terrorismo, il partito faceva pressione per i tagli alle tasse: “Niente”, dichiarò Tom DeLay, il leader repubblicano alla Camera di quei tempi, “è più importante di fronte ad una guerra che tagliare le tasse”.

Ma se il super patriottismo repubblicano è sempre stato un inganno, perché così tanti americani ci sono cascati? Dopo tutto, i sondaggi indicano che, ad eccezione di un breve periodo dopo che divenne chiara la misura della debacle in Iraq, l’opinione pubblica aveva costantemente considerato il Partito Repubblicano più affidabile dei democratici sulla sicurezza nazionale.

La mia opinione, sebbene mi piacerebbe leggere qualche seria ricerca da parte di politologi, è che per la maggior parte del mezzo secolo trascorso l’atteggiamento patriottico del Partito Repubblicano ha collimato con la sua strategia politica nazionale, che era centrata sulla ostilità verso l’Altro.

I repubblicani si sono atteggiati a campioni dell’America bianca delle piccole città, contro la gente di colore e le elite urbane cosmopolite; si sono anche atteggiati a difensori della nazione contro il comunismo internazionale e l’estremismo islamico, che in realtà non hanno niente a che fare l’uno con l’altro o con le tensioni razziali interne, ma in qualche modo sono psicologicamente calzanti perché riguardano gente strana con nomi curiosi.

L’ironia è che nei pochi anni passati questa fantasia paranoide, per la quale un importante partito politico statunitense è di fatto alleato con un movimento internazionale ostile ai valori americani, si è effettivamente avverata. Ma il Partito in questione è il Partito Repubblicano, che sotto Trump è effettivamente diventato parte di una coalizione trans-nazionale di nazionalisti bianchi autoritari. I repubblicani non sono mai stati i patrioti che pretendevano di essere, ma a questo punto hanno praticamente attraversato il discrimine del diventare agenti stranieri.

E perché sia i repubblicani di professione che la base del partito hanno entrambi consentito a questo? Dovete pensare ai legami stranieri di Trump nel contesto di un gruppo dirigente del Partito Repubblicano che si accorge che la sua agenda nazionale è profondamente impopolare, e serra le fila che lo vedono sul versante perdente della demografia e del cambiamento sociale. Il risultato è un partito che è sempre più disponibile a giocare sporco, a violare le norme democratiche, per mantenersi al potere.

E una volta che un partito ha deciso di fare tutto quello che serve per prevalere politicamente, non c’è ragione di aspettarsi che il gioco sporco si interrompa sul bagnasciuga. Se un partito è disponibile a manipolare i risultati impedendo alle minoranze di votare, se è disponibile a utilizzare una delimitazione dei collegi elettorali del tutto truffaldina per mantenere il potere anche quando gli elettori lo respingono, perché non dovrebbe essere parimenti disponibile a incoraggiare potenze straniere a sovvertire elezioni statunitensi? Una porzione di tradimento è semplicemente una parte della confezione.

Il che mi porta alla domanda politica del momento: i democratici dovrebbero avviare una indagine per l’impeachment? Quasi certamente un’indagine del genere non rimuoverebbe Trump dalla sua carica, perché i repubblicani al Senato non voterebbero per condannarlo. Ma in questo modo sfugge la questione di sostanza.

Quello che in questo momento provocherebbe un procedimento di impeachment sarebbe avere la verità su chi realmente si occupa di difendere l’America e i suoi valori – e su chi non lo fa – in modo scoperto. Costringendo i repubblicani a condonare esplicitamente una condotta che avrebbero definita un tradimento se l’avesse tenuta un democratico, Nancy Pelosi e i suoi colleghi possono finalmente mettere fine alla lunga pretesa del Partito Repubblicano di essere più patriottico dei suoi avversari.

 

 

 

 

 

 

 

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