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La Warren contro i plutocrati meschini, di Paul Krugman (New York Times, 30 settembre 2019)

 

Sept. 30, 2019

Warren Versus the Petty Plutocrats

By Paul Krugman

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Remember when pundits used to argue that Elizabeth Warren wasn’t likable enough to be president? It was always a lazy take, with a strong element of sexism. And it looks ridiculous now, watching Warren on the campaign trail. Never mind whether she’s someone you’d like to have a beer with, she’s definitely someone thousands of people want to take selfies with.

But there are some people who really, really dislike Warren: the ultrawealthy, especially on Wall Street. They dislike her so much that some longtime Democratic donors are reportedly considering throwing their backing behind Donald Trump, corruption, collusion and all, if Warren is the Democratic presidential nominee.

And Warren’s success is a serious possibility, because Warren’s steady rise has made her a real contender, maybe even the front-runner: While she still trails Joe Biden a bit in the polls, betting markets currently give her a roughly 50 percent chance of securing the nomination.

But why does Warren inspire a level of hatred and fear among the very wealthy that I don’t think we’ve seen directed at a presidential candidate since the days of Franklin Delano Roosevelt?

On the surface, the answer may seem obvious. She is proposing policies, notably a tax on fortunes exceeding $50 million, that would make the extremely wealthy a bit less so. But delve into the question a bit more deeply, and Warren hatred becomes considerably more puzzling.

For the only people who would be directly affected by her tax proposals are those who more or less literally have more money than they know what to do with. Having a million or two less wouldn’t crimp their lifestyles; most of them would barely notice the change.

At the same time, even the very wealthy should be very afraid of the prospect of a Trump re-election. Any doubts you might have had about his authoritarian instincts should have been put to rest by his reaction to the possibility of impeachment: implicit death threats against whistle-blowers, warnings of civil war and claims that members of Congress investigating him are guilty of treason.

And anyone imagining that great wealth would make them safe from an autocrat’s wrath should look at the list of Russian oligarchs who crossed Vladimir Putin — and are now ruined or dead.

So what would make the very wealthy — even some Jewish billionaires, who should have a very good idea of the likely consequences of right-wing dominance — support Trump over someone like Warren?

There is, I’d argue, an important clue in the “Obama rage” that swept Wall Street circa 2010. Objectively, the Obama administration was very good to the financial industry, even though that industry had just led us into the worst economic crisis since the 1930s. Major financial players were bailed out on lenient terms, and while bankers were subjected to a long-overdue increase in regulation, the new regulations have proved fairly easy for reputable firms to deal with.

Yet financial tycoons were furious with President Barack Obama because they felt disrespected. In truth, Obama’s rhetoric was very mild; all he ever did was suggest that some bankers had behaved badly, which no reasonable person could deny. But with great wealth comes great pettiness; Obama’s gentle rebukes provoked fury — and a huge swing in financial industry political contributions toward Republicans.

The point is that many of the superrich aren’t satisfied with living like kings, which they will continue to do no matter who wins next year’s election. They also expect to be treated like kings, lionized as job creators and heroes of prosperity, and consider any criticism an unforgivable act of lèse-majesté.

And for such people, the prospect of a Warren presidency is a nightmarish threat — not to their wallets, but to their egos. They can try to brush off someone like Bernie Sanders as a rabble-rouser. But when Warren criticizes malefactors of great wealth and proposes reining in their excesses, her evident policy sophistication — has any previous candidate managed to turn wonkiness into a form of charisma? — makes her critique much harder to dismiss.

If Warren is the nominee, then, a significant number of tycoons will indeed go for Trump; better to put democracy at risk than to countenance a challenge to their imperial self-esteem. But will it matter?

Maybe not. These days American presidential elections are so awash in money that both sides can count on having enough resources to saturate the airwaves.

Indeed, over-the-top attacks from the wealthy can sometimes be a political plus. That was certainly the case for F.D.R., who reveled in his plutocratic opposition: “They are unanimous in their hate for me — and I welcome their hatred.”

So far Warren seems to be following the same playbook, tweeting out articles about Wall Street’s hostility as if they were endorsements, which in a sense they are. It’s good to have the right enemies.

I do worry, however, how Wall Streeters will take it if they go all out to defeat Warren and she wins anyway. Washington can bail out their balance sheets, but who can bail out their damaged psyches?

 

La Warren contro i plutocrati meschini,

di Paul Krugman

 

Vi ricordate quando i commentatori sostenevano che Elizabeth Warren non era abbastanza simpatica per fare la Presidente? È sempre stata una posizione pigra, con un forte elemento di sessismo. E adesso appare ridicola, osservando la Warren nel suo percorso elettorale. Non è importante se è una persona con la quale non berreste una birra, è sicuramente una con la quale migliaia di persone si farebbero un selfie.

Ma ci sono alcune persone alle quali senza alcun dubbio la Warren non piace; gli ultra ricchi, specialmente quelli di Wall Street. A loro non fa granché piacere che alcuni finanziatori da lungo tempo dei democratici stiano pensando, secondo quanto si apprende, di sprecare il loro sostegno alle spalle di Donald Trump, della corruzione, della collusione e di tutto il resto, se la Warren diventa la candidata presidenziale dei democratici.

E il successo della Warren è una possibilità seria, perché la regolare ascesa della Warren ha fatto di lei una candidata effettiva, forse addirittura la favorita: mentre ancora resta un po’ in svantaggio su Joe Biden nei sondaggi, i mercati delle scommesse le danno grosso modo un 50 per cento di possibilità di assicurarsi la nomina.

Ma perché la Warren ispira un livello di odio e di paura tra i ricchissimi, che penso non avevamo visto indirizzarsi verso un candidato presidenziale sin dai tempi di Franklin Delano Roosevelt?

In apparenza, la risposta sembra evidente. Lei sta proponendo politiche, precisamente una tassa sulle grandi fortune che superano i 50 milioni di dollari, che renderebbero un po’ meno ricchi i ricchissimi. Ma se scavate un po’ più nel profondo sulla questione, l’odio per la Warren diventa considerevolmente più oscuro.

Perché le sole persone che sarebbero direttamente interessate dalle sue proposte fiscali sono coloro che più o meno alla lettera hanno più soldi di quanti saprebbero spendere. Avere uno o due milioni in meno non metterebbe in difficoltà i loro stili di vita; la maggioranza se ne accorgerebbe appena.

Nello stesso tempo persino i ricchissimi dovrebbero essere molto preoccupati della prospettiva di una rielezione di Trump. Qualsiasi dubbio si possa aver avuto sui suoi istinti autoritari dovrebbe essere messo a tacere dalla sua reazione alla possibilità di una messa in stato d’accusa: l’implicita minaccia di morte contro l’informatore, gli ammonimenti di guerra civile e la pretesa per la quale i membri del Congresso che indagassero su di lui sarebbero responsabili di tradimento.

E chiunque si immagini che i grandi ricchi sarebbero al sicuro dalla sua collera dovrebbe dare un’occhiata alla lista degli oligarchi russi che hanno intralciato Vladimir Putin, e adesso sono in rovina o morti.

Dunque, che cosa dovrebbe spingere gli ultra ricchi – persino alcuni miliardari ebrei, che dovrebbero avere un’idea assai precisa delle probabili conseguenze di un dominio della destra estrema – a sostenere Trump contro una persona come la Warren?

Direi che c’è un importante indizio nella “rabbia verso Obama” che si diffuse a Wall Street attorno al 2010. Obiettivamente, l’Amministrazione Obama fu molto amichevole con il settore finanziario, anche se quel settore ci aveva appena portato alla peggiore crisi economica dagli anni ’30. Importanti operatori finanziari vennero messi in salvo con modalità indulgenti, e mentre i banchieri vennero sottoposti ad un incremento di regole che era atteso da lungo tempo, convivere con i nuovi regolamenti si è dimostrato abbastanza semplice per le imprese rispettabili.

Tuttavia i magnati delle finanze erano furiosi con il Presidente Barack Obama perché si sentivano non rispettati. In verità, la retorica di Obama era stata molto leggera; tutto quello che fece fu suggerire che alcuni banchieri si erano comportati in modo negativo, il che non poteva essere negato da alcuna persona ragionevole. Ma le grandi ricchezze si portano dietro grande meschinità; le innocue ramanzine di Obama li fecero infuriare – e provocarono un vasto spostamento nei contributi politici del settore finanziario a favore dei repubblicani.

Il punto è che gli ultra ricchi non sono appagati dal vivere come nababbi, cosa che continuarono a fare a prescindere da chi vinse alle elezioni dell’anno successivo. Essi si aspettano anche di essere trattati come re, esaltati come creatori di posti di lavoro ed eroi della prosperità, e considerano ogni critica come un atto imperdonabile di lesa maestà.

E per tali persone, la prospettiva di una Presidenza della Warren è una minaccia da incubo – non per i loro portafogli, ma per i loro ego. Possono cercare di liquidare una persona come Bernie Sanders come un agitatore. Ma quando la Warren critica le malefatte dei grandi ricchi e propone di mettere a freno i loro eccessi, la sua evidente raffinatezza politica – quale precedente candidato è mai riuscito a trasformare la competenza in una forma di carisma? – rende le sue critiche molto più difficili da ignorare.

Se sarà la Warren la candidata, in effetti allora un significativo numero di magnati si schiererà con Trump; meglio mettere a rischio la democrazia che tollerare una sfida alla loro auto stima imperiale. Ma questo sarà importante?

Forse no. Di questi tempi le elezioni presidenziali americane sono talmente stracolme di denaro che entrambi gli schieramenti possono far conto di avere risorse sufficienti per saturare i media.

In effetti, talora gli attacchi esagerati provenienti dai ricchi possono essere un vantaggio politico. Questo fu certamente il caso di Franklin Delano Roosevelt, che andò a nozze con la sua opposizione plutocratica: “Sono unanimi nel loro odio nei miei confronti – e io do il benvenuto al loro odio”.

Sinora la Warren sembra ispirarsi allo stesso criterio, twittando su articoli della ostilità di Wall Street come se fossero appoggi, come in un certo senso sono. È bene avere i giusti nemici.

Sono preoccupato, tuttavia, su come la prenderanno i personaggi di Wall Street se essi puntano tutto sulla sconfitta della Warren ed ella vince comunque. Washington può andare in salvataggio ai loro squilibri patrimoniali, ma chi può salvare le loro menti disturbate?

 

 

 

 

 

 

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