Articoli sul NYT

Perché l’America odia i suoi figli? Di Paul Krugman (New York Times, 16 gennaio 2020)

 

Jan 16, 2020

Why Does America Hate Its Children?

By Paul Krugman

zz 516

The other day a correspondent asked me a good question: What important issue aren’t we talking about? My answer, after some reflection, is the state of America’s children.

Now, it’s not entirely fair to say that we’re ignoring the plight of our children. Elizabeth Warren, characteristically, has laid out a comprehensive, fully financed plan for universal child care. Bernie Sanders, also characteristically, says he’s for it but hasn’t provided details. And as far as I can tell, all the other Democratic presidential candidates support doing more for children.

But policy toward children has attracted far less media attention than the debate over “Medicare for all,” which won’t become reality anytime soon — let alone the so-called Warren-Sanders “spat.” And my guess is that even well-informed voters have little sense of the grim exceptionalism of America’s child-oriented policies, which are Dickensian compared with those of every other advanced country.

A few numbers may be in order here.

Every advanced country mandates some form of paid leave for new mothers, typically three or four months — every country, that is, except America, which offers no maternity leave at all.

Most advanced countries devote substantial sums to benefits for families with children; in Europe these benefits average between 2 and 3 percent of G.D.P. The corresponding number for the United States is 0.6 percent of G.D.P.

Even where the United States does help children, the quality of that help tends to be poor. There have been many comparisons between French and American school lunches: French schoolchildren are taught to eat healthy meals; American children are basically treated as a disposal site for farm surpluses.

What’s especially striking is the contrast between the way we treat our children and the way we treat our senior citizens. Social Security isn’t all that generous — there’s a good case for expanding it — but it doesn’t compare too badly with other countries’ retirement systems. Medicare actually spends lavishly compared with single-payer systems elsewhere.

So America’s refusal to help children isn’t part of a broad opposition to government programs; we single out children for especially harsh treatment. Why?

The answer, I’d suggest, goes beyond the fact that children can’t vote, while seniors can and do. There has also been a poisonous interaction between racial antagonism and bad social analysis.

These days, political support for programs that aid children is surely hurt by the fact that less than half the population under 15 is non-Hispanic white. But even before immigration transformed America’s ethnic landscape, there was a widespread perception that programs like Aid to Families With Dependent Children basically helped Those People — you know, the bums on welfare, the welfare queens driving Cadillacs.

This perception undermined support for spending on children. And it went along with a widespread belief that aid to poor families was creating a culture of dependency, which in turn was the culprit behind social collapse in America’s inner cities. Partly in response, aid to families, such as it was, increasingly came with work requirements, or took the form of things like the earned-income tax credit, which is linked to earnings.

The result was a decline in assistance for the poor children who needed it most.

At this point, however, we know that cultural explanations of social collapse were all wrong. The sociologist William Julius Wilson argued long ago that social dysfunction in big cities was caused, not by culture, but by the disappearance of good jobs. And he has been vindicated by what happened to much of the American heartland, which suffered a similar disappearance of good jobs and a similar surge in social dysfunction.

What this means is that we’ve established a basically vicious system under which children can’t get the help they need unless their parents find jobs that don’t exist. And a growing body of evidence says that this system is destructive as well as cruel.

Multiple studies have found that safety-net programs for children have big long-term consequences. Children who receive adequate nutrition and health care grow up to become healthier, more productive adults. And in addition to the humanitarian side of these benefits, there’s a monetary payoff: Healthier adults are less likely to need public aid and are likely to pay more in taxes.

It’s probably too much to claim that helping children pays for itself. But it surely comes a lot closer to doing so than tax cuts for the rich.

So we should be talking a lot more about helping America’s children. Why aren’t we?

At least part of the blame rests with Bernie Sanders, who made Medicare for All both a progressive purity test and a bright shiny object chased by the news media at the expense of other policies that could greatly improve American lives, and are far more likely to become law. But it’s not too late to refocus.

Whoever becomes the Democratic nominee, I hope he or she will give our nation’s shameful treatment of children the attention it deserves.

 

Perchè l’America odia i suoi figli?

Di Paul Krugman

 

L’altro giorno un corrispondente mi ha fatto una bella domanda: qual’è la questione importante della quale non stiamo parlando? Dopo un po’ di riflessione, la mia risposta è stata la condizione dei bambini americani.

Ora, non è del tutto giusto dire che stiamo ignorando i problemi dei nostri figli. Elizabeth Warren, come al solito, ha esposto un piano organico e dotato di tutti i finanziamenti per l’assistenza universalistica all’infanzia. Bernie Sanders, anche lui come al solito, ha detto di essere a favore ma non ha fornito dettagli. E, per quanto posso dire, tutti gli altri candidati democratici sostengono di voler fare di più per i bambini.

Ma la politica verso i bambini ha attirato molta meno attenzione dei media che il dibattito su “Medicare-per-tutti”, che non è destinato a realizzarsi in breve tempo – per non dire del cosiddetto “battibecco” Warren-Sanders. E la mia impressione è che persino gli elettori bene informati abbiano scarsa percezione del triste eccezionalismo delle politiche rivolte all’infanzia dell’America, che al confronto con quelle di ogni altro paese avanzato sono dickensiane.

Sono opportuni al proposito pochi dati.

Ogni paese avanzato impone una qualche forma di congedo pagato per le nuove madri, di solito tre o quattro mesi – ovvero, ogni paese ad eccezione dell’America, che non fornisce affatto alcun congedo di maternità. I paesi più avanzati destinano somme sostanziali alle famiglie con figli; in Europa la media di questi sussidi è tra il 2 e il 3 per cento del PIL. Il dato corrispondente degli Stati Uniti è lo 0,6 per cento del PIL.

Anche laddove gli Stati Uniti aiutano effettivamente l’infanzia, la qualità di quell’aiuto tende ad essere modesta. Sono stati prodotti molti confronti tra le mense scolastiche francesi e americane: agli scolari francesi viene insegnato a mangiare pasti salutari; i bambini americani sono trattati come un luogo di smaltimento dei surplus dell’agricoltura.

Quello che è particolarmente impressionante è il contrasto tra il modo in cui trattiamo i nostri bambini e quello in cui trattiamo i cittadini anziani. La Previdenza Sociale non è affatto così generosa – ci sono buoni motivi per ampliarla – ma non sfigura al confronto con i sistemi pensionistici degli altri paesi. Effettivamente Medicare spende a profusione a confronto con i sistemi di pagamento centralizzato degli altri paesi. Dunque, il rifiuto di aiutare i bambini non fa parte di una generale opposizione ai programmi pubblici; ai bambini destiniamo un trattamento particolarmente punitivo. Perché?

Direi che la risposta va oltre il fatto che i bambini non possono votare, mentre gli anziani ne hanno il diritto e lo utilizzano. C’è  stato anche un intreccio perverso tra antagonismo razziale e pessima analisi sociale.

Ai nostri giorni, il sostegno politico ai programmi che aiutano i bambini è certamente danneggiato dal fatto che meno della metà della popolazione sotto i 15 anni è composta da bianchi non ispanici. Ma anche prima che l’immigrazione trasformasse il paesaggio etnico dell’America, c’era una percezione generalizzata che programmi quali l’Aiuto alle famiglie con Figli a Carico fondamentalmente aiutavano ‘Quella Gente’ – sapete i fannulloni assistiti, le regine dell’assistenza che guidano le Cadillac [1].

Questa percezione indebolisce il sostegno alla spesa pubblica per i bambini. Ed essa è andata di pari passo con la convinzione che aiutare le famiglie povere venisse determinando una cultura della dipendenza, che a sua volta era responsabile del collasso sociale dei quartieri poveri dell’America. In parte come risposta a tutto ciò, l’aiuto alle famiglie, per quello che era, ha sempre più proceduto assieme a requisiti lavorativi, oppure ha preso la forma di cose come i crediti di imposta sulle entrate da lavoro, che sono connessi ai redditi.

Il risultato è stato un declino della assistenza per i bambini che ne avevano maggiore necessità.

A questo punto, tuttavia, noi sappiamo che le spiegazioni culturali del collasso sociale erano completamente sbagliate. Il sociologo William Julius Wilson [2] sostenne molto tempo fa che il disordine sociale nelle grandi città non era provocato dalla cultura, ma dalla scomparsa di buoni posti di lavoro. Ed è stato confortato da quello che è accaduto in buona parte delle aree centrali dell’America, che hanno sofferto una scomparsa simile dei buoni posti di lavoro e una simile impennata del disordine sociale.

Quello che questo comporta è che abbiamo messo in piedi un sistema fondamentalmente crudele con il quale i bambini non possono ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno se i loro genitori non trovano posti di lavoro che non esistono. E un insieme crescente di prove mostra che questo sistema, oltre ad essere crudele, è distruttivo.

Vari studi hanno scoperto che i programmi delle reti di sicurezza sociale per i bambini comportano risultati a lungo termine. I bambini che ricevono nutrimento e assistenza sanitaria adeguati sono destinati a diventare adulti più in salute e più produttivi. E in aggiunta all’aspetto umanitario di questi sussidi, c’è un vantaggio monetario: gli adulti in salute è meno probabile che abbiano bisogno di assistenza pubblica ed è probabile che paghino maggiori tasse.

Forse, sostenere che aiutare i bambini si ripaga da solo è una esagerazione. Ma certamente ci si arriva assai più vicini che non con i tagli delle tasse ai ricchi.

Dunque, dovremmo parlare molto di più degli aiuti ai bambini americani. Perché non lo facciamo?

Almeno parte della responsabilità tocca a Bernie Sanders, che ha fatto di Medicare-per-tutti un test di purezza progressista e un oggetto di brillante lucentezza inseguito dai media dell’informazione, a spese delle altre politiche che potrebbero migliorare grandemente l’esistenza degli americani, e che è molto più probabile diventino leggi. Ma non è troppo tardi per rimettere a fuoco.

Chiunque, uomo o donna, diventi il candidato dei democratici, spero che darà al trattamento vergognoso dei bambini nella nostra nazione l’attenzione che esso merita.

 

 

 

 

 

 

[1] Sono i famigerati cavalli di battaglia che Ronald Reagan utilizzava nei suoi attacchi allo stato assistenziale, così come definire “Quella Gente” le persone di colore è nel linguaggio consueto dei conservatori americani.

[2] William Julius Wilson è un sociologo statunitense nato nel 1935, che ha insegnato all’Università di Chicago, dal 1972 al 1996, e poi a quella di Harvard. I suoi studi sulla povertà, particolarmente sulle condizioni degli afroamericani, hanno contribuito in particolare a mettere in evidenza la complessa interazione di fenomeni politici e culturali – la cultura dei ghetti e l’intera storia dei diritti civili – e di fenomeni socioeconomici, quali quelli della evoluzione di molte metropoli americane, che hanno conosciuto grandi fenomeni di decentramento dell’occupazione. Tra l’altro mostrò come il fenomeno delle donne afroamericane sole e con figli spesso derivasse semplicemente dalla resistenza delle donne di colore a riconoscere i padri dei loro figli attraverso regolari matrimoni, sinché i padri non potevano mantenere una famiglia con redditi almeno paragonabili agli aiuti delle famiglie di origine.

zz 516

 

 

 

 

 

 

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"