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Il trionfo dell’ipocrisia nella finanza pubblica, di Paul Krugman (New York Times, 6 febbraio 2020)

 

Feb 6, 2020

The Triumph of Fiscal Hypocrisy

By Paul Krugman

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Donald Trump’s re-election campaign will be centered around claims that he has done great things for the economy. And let’s be honest: The U.S. economy is running pretty hot these days. Growth in G.D.P. and employment has been good, though not spectacular; the unemployment rate is near a historic low.

There are some shadows in the picture. Economic gains have been lopsided, with a large increase in corporate profits that mainly reflects giant tax breaks, while workers haven’t seen comparable gains (and gains for lower-wage workers have been driven in part by minimum-wage increases in blue states). The huge gains in health insurance coverage under President Barack Obama have stalled or gone into reverse, and there has been a sharp increase in the number of Americans who report delaying medical treatment because of costs.

Still, it is indeed a strong economy. But if we ask what lies behind that strength, the main answer is an explosion in the federal budget deficit, which exceeded $1 trillion last year. And the story of how that happened has deeply disturbing implications for the future of U.S. politics.

Let’s go back for a minute to early 2009, when the economy was imploding and desperately needed help in the form of deficit spending. The Obama administration did indeed propose a significant stimulus plan — but it was much too small relative to the size of the problem, largely because the administration wanted to win bipartisan support and wasn’t willing to use reconciliation to bypass the filibuster.

Then, in 2010, Republicans took control of the House and were in a position to force Obama into years of spending cuts that exerted a significant drag on economic growth. This drag wasn’t enough to prevent a sustained economic recovery, but the recovery could and should have been much faster. There was no economic reason we shouldn’t have returned to full employment by, say, 2013; instead, largely thanks to fiscal austerity, the average unemployment rate that year was still above 7 percent.

Now, Republicans claimed that they were demanding spending cuts because they were deeply concerned about budget deficits. And the news media, I’m sorry to say, both bought into the narrative that deficits were our most important problem — abandoning the usual conventions of reportorial neutrality — and took G.O.P. claims of fiscal probity at face value.

By the way, whatever happened to the deficit scolds who were so prominent during the Obama years? They’re oddly quiet now.

Anyway, it was always obvious to anyone who really paid attention that people like Paul Ryan were fiscal hypocrites, who would suddenly lose all interest in deficits as soon as a Republican occupied the White House. And that’s what they did.

As I said, the budget deficit has exploded past $1 trillion under Trump, up from less than $600 billion in Obama’s last year. Most of that rise can be attributed to Trump’s policies, mainly a tax cut rammed through Congress using exactly the hyperpartisan tactics Obama balked at in 2009.

In a way, the surprising thing about Trump’s deficitpalooza is that it hasn’t boosted the economy even more, a shortfall that can be attributed to bad design. After all, the corporate tax cuts that were the biggest driver of rising deficits did nothing to increase business investment, which has actually declined over the past year.

And while the Obama stimulus included significant investments in the future, helping in particular to jump-start revolutionary progress in green energy, Trump has never delivered a penny on his promise to rebuild America’s infrastructure.

Still, Trump’s deficits have given the economy — and Trump’s political fortunes — a lift in the short term. And that fact should bother you, a lot.

Put it this way: Republicans used the pretense that they cared about fiscal responsibility to engage in de facto economic sabotage as long as a Democrat was in the White House. Then they abandoned the pretense and opened up the spending taps as soon as one of their own was in power. And far from paying a price for their duplicity, they are being politically rewarded.

The implications for party strategy are stark: Maximum cynicism is the best policy. Obstruct, disrupt, and hurt the economy as much as you can, deploying whatever hypocritical excuses you think the media will buy, when the other party holds the presidency. Then abandon all concerns for the future and buy votes once you’re back in control.

For whatever reason, Democrats haven’t been willing or able to behave that cynically. Republicans, however, have. And if Trump is re-elected, that asymmetric cynicism will be the main reason.

 

Il trionfo dell’ipocrisia nella finanza pubblica,

di Paul Krugman

 

La campagna per la rielezione di Donald Trump sarà centrata sulla pretesa di aver fatto grandi cose per l’economia. E siamo onesti: di questi tempi l’economia è abbastanza su di giri. La crescita del PIL e dell’occupazione è stata abbastanza buona, per quanto non spettacolare; il tasso di disoccupazione è vicino ai minimi storici.

Nel quadro ci sono alcune ombre. I vantaggi economici sono stati asimmetrici, con un grande aumento dei profitti delle società che riflette principalmente giganteschi sgravi fiscali, mentre i lavoratori non hanno conosciuto guadagni paragonabili (e i vantaggi per i lavoratori con i salari più bassi sono stati in parte guidati dagli aumenti dei minimi salariali negli Stati democratici). I grandi avanzamenti nella copertura della assicurazione sanitaria sotto il Presidente Barack Obama si sono fermati o invertiti, è c’è stato un brusco aumento del numero degli americani che dichiarano di rinviare i trattamenti sanitari a causa del loro costo.

Tuttavia, è in effetti un’economia forte. Ma se ci chiediamo cosa c’è dietro quella forza, la principale risposta è nella esplosione del deficit del bilancio federale, che l’anno passato ha superato i mille miliardi di dollari. E il racconto su come è accaduto ha implicazioni profondamente allarmanti per il futuro della politica statunitense.

Torniamo per un attimo agli inizi del 2009, quando l’economia stava implodendo ed era disperatamente necessario un aiuto nella forma della spesa in deficit. L’Amministrazione Obama propose infatti un piano significativo di stimoli – ma esso era troppo piccolo rispetto alla dimensione del problema, soprattutto perché l’Amministrazione voleva ottenere il sostegno di entrambi i partiti e non era disponibile a utilizzare lo strumento della “riconciliazione” [1] per eludere l’ostruzionismo.

Poi, nel 2010, i repubblicani presero il controllo della Camera ed erano nella condizione di costringere Obama ad anni di tagli della spesa che provocarono un significativo rallentamento della crescita economica. Questo prelievo non fu sufficiente a impedire una sostenuta ripresa dell’economia, ma la ripresa avrebbe potuto e dovuto essere molto più veloce. Non c’era alcuna ragione economica per la quale non avremmo dovuto tornare alla piena occupazione, diciamo, nel 2013; invece, grazie soprattutto alla austerità nella spesa pubblica, quell’anno il tasso medio di disoccupazione era ancora sopra il 7 per cento.

Ora, i repubblicani sostenevano che la loro richiesta di tagli alla spesa derivava dalla loro profonda preoccupazione per il deficit del bilancio. E i media dell’informazione, dispiace dirlo, abboccarono a quel racconto secondo il quale i deficit erano il nostro principale problema – abbandonando le comuni convenzioni sulla neutralità dei resoconti – e presero per buone le pretese di correttezza finanziaria del Partito Repubblicano.

Tra parentesi, che cosa è successo alle Cassandre del deficit che avevano un tale rilievo negli anni di Obama? Strano a dirsi, oggi sono tranquille.

In ogni modo, era sempre evidente per chiunque prestasse attenzione che individui come Paul Ryan erano degli ipocriti della finanza pubblica, che avrebbero all’improvviso perso ogni interesse ai deficit appena un repubblicano avesse occupato la Casa Bianca. Ed è quello che hanno fatto.

Come ho detto, il deficit del bilancio con Trump è esploso oltre i mille miliardi di dollari, da meno di 600 miliardi nell’ultimo anno di Obama. Gran parte di quella crescita può essere attribuita alle politiche di Trump, principalmente a un taglio delle tasse imposto al Congresso usando precisamente le tattiche faziose dinanzi alle quali Obama era stato riluttante nel 2009.

In un certo senso, la cosa sorprendente della grande abbuffata di deficit di Trump è stata che essa non ha sospinto anche maggiormente l’economia, un difetto che può essere attribuito ad una sciatta concezione. Dopo tutto, i tagli alle tasse delle società che sono stati il fattore principale della crescita del deficit non hanno fatto niente per aumentare gli investimenti delle imprese, che in effetti nell’anno passato sono calati.

E mentre lo stimolo di Obama incluse significativi investimenti sul futuro, contribuendo in particolare a innescare un progresso rivoluzionario nell’energia verde, Trump non ha mai consegnato un centesimo alla sua promessa di ricostruire le infrastrutture americane.

Eppure, i deficit di Trump, nel breve termine, hanno consegnato all’economia – e alle fortune politiche di Trump – una specie di ascensore. La qual cosa dovrebbe inquietarvi, e non poco.

Diciamo così: i repubblicani hanno usato la pretesa di preoccuparsi della responsabilità in materia di finanza pubblica per impegnarsi di fatto in un sabotaggio economico, finché c’era un democratico alla Casa Bianca. Poi hanno abbandonato la pretesa e hanno aperto i rubinetti della spesa appena una di loro è andato al potere. E lungi dal pagare un prezzo per la loro doppiezza, ne vengono politicamente premiati.

Le implicazioni per le strategie di un partito sono desolanti: il massimo del cinismo è la migliore politica. Fate ostruzionismo, bloccate e danneggiate l’economia più che potete, dispiegando qualsiasi scusa ipocrita alla quale pensate che i media abboccheranno, quando l’altro partito ha la Presidenza. Poi abbandonate tutte le preoccupazioni per il futuro e compratevi i voti, una volta che siete nuovamente al potere.

Per una qualche ragione, i democratici non sono stati disponibili o capaci di comportarsi così cinicamente. I repubblicani, tuttavia, sono capaci. E se Trump viene rieletto, questo cinismo asimmetrico sarà stata la ragione principale.

 

 

 

 

 

 

[1] C’è una regola del Senato americano, in parte successivamente modificata, secondo la quale un ostruzionismo senza limiti di tempo poteva essere superato solo disponendo del 60% dei voti dei senatori, con i quali si poteva imporre la chiusura della discussione (tramite la cosiddetta “cloture”, ovvero la mozione di interruzione del dibattito). Poiché quella non era la condizione della maggioranza democratica ai tempi della prima amministrazione Obama, il pericolo di ostruzionismo era apparentemente insuperabile. In effetti la soluzione avrebbe potuto essere quella di trasferire il tema nella fase finale dei provvedimenti di bilancio controversi, definita fase di “riconciliazione”. A quel punto, per i provvedimenti di natura finanziaria, non valeva più quell’obbligo di una maggioranza del 60 per cento e il programma avrebbe potuto essere approvato, senza ostruzionismo, a maggioranza semplice.

 

 

 

 

 

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