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Trump e la minaccia socialista, di Paul Krugman (dal blog di Krugman, 7 febbraio 2020)

 

Feb 7, 2020

Trump Versus the Socialist Menace

By Paul Krugman

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In 1961, America faced what conservatives considered a mortal threat: calls for a national health insurance program covering senior citizens. In an attempt to avert this awful fate, the American Medical Association launched what it called Operation Coffee Cup, a pioneering attempt at viral marketing.

Here’s how it worked: Doctors’ wives (hey, it was 1961) were asked to invite their friends over and play them a recording in which Ronald Reagan explained that socialized medicine would destroy American freedom. The housewives, in turn, were supposed to write letters to Congress denouncing the menace of Medicare.

Obviously the strategy didn’t work; Medicare not only came into existence, but it became so popular that these days Republicans routinely (and falsely) accuse Democrats of planning to cut the program’s funding. But the strategy — claiming that any attempt to strengthen the social safety net or limit inequality will put us on a slippery slope to totalitarianism — endures.

And so it was that Donald Trump, in his State of the Union address, briefly turned from his usual warnings about scary brown people to warnings about the threat from socialism.

What do Trump’s people, or conservatives in general, mean by “socialism”? The answer is, it depends.

Sometimes it means any kind of economic liberalism. Thus after the SOTU, Steven Mnuchin, the Treasury secretary, lauded the Trump economy and declared that “we’re not going back to socialism” — i.e., apparently America itself was a socialist hellhole as recently as 2016. Who knew?

Other times, however, it means Soviet-style central planning, or Venezuela-style nationalization of industry, never mind the reality that there is essentially nobody in American political life who advocates such things.

The trick — and “trick” is the right word — involves shuttling between these utterly different meanings, and hoping that people don’t notice. You say you want free college tuition? Think of all the people who died in the Ukraine famine! And no, this isn’t a caricature: Read the strange, smarmy report on socialism that Trump’s economists released last fall; that’s pretty much how its argument goes.

So let’s talk about what’s really on the table.

Some progressive U.S. politicians now describe themselves as socialists, and a significant number of voters, including a majority of voters under 30, say they approve of socialism. But neither the politicians nor the voters are clamoring for government seizure of the means of production. Instead, they’ve taken on board conservative rhetoric that describes anything that tempers the excesses of a market economy as socialism, and in effect said, “Well, in that case I’m a socialist.”

What Americans who support “socialism” actually want is what the rest of the world calls social democracy: A market economy, but with extreme hardship limited by a strong social safety net and extreme inequality limited by progressive taxation. They want us to look like Denmark or Norway, not Venezuela.

And in case you haven’t been there, the Nordic countries are not, in fact, hellholes. They have somewhat lower G.D.P. per capita than we do, but that’s largely because they take more vacations. Compared with America, they have higher life expectancy, much less poverty and significantly higher overall life satisfaction. Oh, and they have high levels of entrepreneurship — because people are more willing to take the risk of starting a business when they know that they won’t lose their health care or plunge into abject poverty if they fail.

Trump’s economists clearly had a hard time fitting the reality of Nordic societies into their anti-socialist manifesto. In some places they say that the Nordics aren’t really socialist; in others they try desperately to show that despite appearances, Danes and Swedes are suffering — for example, it’s expensive for them to operate a pickup truck. I am not making this up.

What about the slippery slope from liberalism to totalitarianism? There’s absolutely no evidence that it exists. Medicare didn’t destroy freedom. Stalinist Russia and Maoist China didn’t evolve out of social democracies. Venezuela was a corrupt petrostate long before Hugo Chávez came along. If there’s a road to serfdom, I can’t think of any nation that took it.

So scaremongering over socialism is both silly and dishonest. But will it be politically effective?

Probably not. After all, voters overwhelmingly support most of the policies proposed by American “socialists,” including higher taxes on the wealthy and making Medicare available to everyone (although they don’t support plans that would force people to give up private insurance — a warning to Democrats not to make single-payer purity a litmus test).

On the other hand, we should never discount the power of dishonesty. Right-wing media will portray whomever the Democrats nominate for president as the second coming of Leon Trotsky, and millions of people will believe them. Let’s just hope that the rest of the media report the clean little secret of American socialism, which is that it isn’t radical at all.

 

Trump e la minaccia socialista,

di Paul Krugman

 

Nel 1961 l’America era di fronte a quella che i conservatori consideravano una minaccia mortale: le richieste per un programma nazionale di assicurazione sanitaria che proteggesse i cittadini più anziani. Nel tentativo di evitare questo orribile destino, la Associazione Medica Americana lanciò quella che chiamò l’Operazione tazza di caffè, un tentativo pionieristico di comunicazione virale.

Ecco come funzionava: alle mogli dei dottori (beh, eravamo nel 1961) veniva chiesto di invitare le loro amiche e di far sentire loro una registrazione nella quale Ronald Reagan spiegava che la medicina socializzata avrebbe distrutto la libertà americana. Si supponeva che le casalinghe, a loro volta, scrivessero lettere al Congresso per denunciare la minaccia di Medicare.

Naturalmente la strategia non ebbe effetto; non solo Medicare entrò in funzione, ma divenne così popolare che in questi giorni i repubblicani accusano ordinariamente (e falsamente) i democratici di avere in programma il taglio ai finanziamenti del programma. Ma la strategia – pretendere che ogni tentativo di rafforzare le reti della sicurezza sociale o di limitare l’ineguaglianza ci metterà su una china scivolosa verso il totalitarismo – persiste.

E così è accaduto che Donald Trump, nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione, si è brevemente allontanato dai suoi consueti ammonimenti sulla allarmante gente di colore per mettere in guardia sulla minaccia del socialismo.

Che cosa intendono i collaboratori di Trump, o i conservatori in generale, per “socialismo”? La risposta è: dipende.

Talvolta intendono ogni tipo di progressismo economico. Così, dopo il Discorso sullo Stato dell’Unione, Steven Mnuchin, il Segretario al Tesoro, ha elogiato l’economia di Trump ed ha dichiarato che “non stiamo tornando al socialismo” – come a dire che l’America stessa era un inferno socialista ancora nel 2016. Chi lo sapeva?

Altre volte, tuttavia, intendono la pianificazione centralizzata di stile sovietico, o la nazionalizzazione delle industrie di stile venezuelano, a prescindere dal fatto che non ci sia sostanzialmente nessuno nella vita politica americana che sostenga cose del genere.

Il trucco – e “trucco” è la parola giusta – consiste nel fare la spola tra questi due significati completamente diversi, sperando che la gente non se ne accorga. Dite di volere l’iscrizione gratuita alle università? Pensate a tutte le persone che morirono nella carestia in Ucraina! E questa non è affatto una caricatura: si legga lo strano, viscido rapporto sul socialismo che gli economisti di Trump hanno pubblicato lo scorso autunno; è sostanzialmente quello il modo in cui procede la loro tesi.

Dunque, parliamo di quello che è davvero sul tavolo.

Alcuni uomini politici statunitensi di orientamento progressista si descrivono come socialisti, e un significativo numero di elettori, inclusa una maggioranza di quelli che sono sotto i trent’anni, dicono di approvare il socialismo. Ma né gli uomini politici né gli elettori stanno reclamando la proprietà pubblica dei mezzi di produzione. Stanno piuttosto facendo propria la retorica conservatrice che considera tutto quello che tempera gli eccessi della economia di mercato come socialismo, e dicono in sostanza: “Ebbene, in quel caso io sono un socialista”.

Quello che gli americani che sostengono il “socialismo” effettivamente vogliono è quello che il resto del mondo chiama socialdemocrazia: una economia di mercato, ma con le avversità estreme limitate da una forte rete di protezione sociale e con l’estrema ineguaglianza limitata da una tassazione progressiva. Vogliono che si assomigli alla Danimarca e alla Norvegia, non al Venezuela.

E, nel caso non ci siate stati, i paesi nordici non sono affatto un inferno. Hanno un PIL procapite un po’ più basso del nostro, ma in gran parte perché si prendono più vacanze. Al confronto con l’America, hanno una aspettativa di vita più elevata, molta meno povertà ed un significativamente più alto compiacimento generale per la loro esistenza. Inoltre, hanno livelli più elevati di imprenditorialità – perché le persone sono più disponibili a prendersi dei rischi nell’avviare imprese quando sanno che, se falliscono, non perderanno la loro assistenza sanitaria e non precipiteranno nella povertà più degradante.

Gli economisti di Trump hanno chiaramente un bel daffare nell’inquadrare le società nordiche nel loro manifesto antisocialista. In alcuni passaggi dicono che i nordici non sono realmente socialisti; in altri cercano disperatamente di dimostrare che, a dispetto delle apparenze, i danesi e gli svedesi stanno soffrendo – ad esempio, per loro è costoso mantenersi un pickup. Non me lo sto inventando.

Che dire della china scivolosa dal progressismo al totalitarismo? Non c’è assolutamente alcuna prova della sua esistenza. Medicare non distrusse la libertà. La Russia stalinista e la Cina Maoista non vennero fuori da socialdemocrazie. Il Venezuela era un corrotto stato petrolifero assai prima che arrivasse Hugo Chavez. Se esiste una strada per la servitù, non mi viene in mente alcuna nazione che l’abbia imboccata.

Dunque, seminare paure sul socialismo è nello stesso tempo sciocco e disonesto. Ma sarà efficace, politicamente?

Probabilmente no. Dopo tutto, gli elettori sostengono in modo schiacciante la maggioranza delle politiche proposte dai “socialisti” americani, incluse tasse più elevate sui ricchi e far diventare Medicare disponibile per tutti (sebbene non sostengano programmi che costringerebbero la gente a lasciare le assicurazioni private – la qual cosa è una messa in guardia per i democratici a non far diventare la purezza di un sistema centralizzato di pagamenti una cartina di tornasole).

D’altra parte, non dovremmo mai sottovalutare il potere della disonestà. I media della destra descriveranno chiunque i democratici nominino per la Presidenza come una reincarnazione di Leone Trotzkj, e milioni di persone ci crederanno. Possiamo solo sperare che il resto dei media riferiscano il piccolo segreto pulito del socialismo americano, che consiste nel fatto che non ha niente di estremistico.

 

 

 

 

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