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Il PIL e il significato della vita, di Paul Krugman (dal blog di Krugman, 8 settembre 2020)

 

Sep 8, 2020

GDP and the meaning of the life,

Paul Krugman

zz 898 “I’ve been rich and I’ve been poor,” said Mae West. “Believe me, rich is better.” Words of wisdom. But getting richer doesn’t necessarily improve your life as much as you’d expect, and what goes for individuals goes double for societies.

Today’s column was about what’s happening now, with the economy partially recovering from the coronavirus recession but the lives of millions getting sharply worse. Blame for the extreme current disconnect rests squarely with Donald Trump and his party, who have yanked away the safety net that helped many people cope with bad times. But in fairness, this kind of disconnect isn’t new; it has been an increasingly glaring feature of American society for decades.

By the usual measures, the U.S. economy is highly successful. We have the highest GDP per capita of any major nation. Before the coronavirus hit, we had low unemployment. Our tech companies alone are worth more than the entire European stock market. We clearly have the means to live la dolce vita.

But do we actually manage to live good lives? Some of us do. Overall, though, America seems to get much less satisfaction out of its wealth than one might have expected.

People who make this point often compare us to the Nordic countries, which are success stories by any standard. For today’s newsletter, however, I thought it might be worth comparing us to a country that is widely regarded — indeed, in some respects really is — a failure: Italy.

A few weeks ago our own Roger Cohen wrote about Italy’s remarkable cohesiveness in the face of the coronavirus: after a terrible start, the famously fractious nation pulled itself together, and has done a vastly better job of containing the pandemic than we have. (Soon after writing that column, Roger himself was diagnosed with Covid-19: let’s all wish him the best.)

The thing is, among those who study international economics, Italy is best known as a cautionary tale of economic failure. For reasons that are endlessly debated, it somehow seems to have missed out on the information technology revolution. Its economy has stagnated for decades. Incredibly, Italy’s real GDP per capita on the eve of the pandemic was lower than it had been in 2000, even as the same measure rose 25 percent in the U.S.:

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Italy’s stagnation.World Bank

But there’s more to life than money. To take just one crude example, one thing you surely have to do in order to live a good life is, well, not die. And that’s one area in which Italians have been outperforming Americans by an ever-widening margin. In the mid-1980s, the two nations had roughly the same life expectancy. These days Italians can expect to live around 4 ½ years longer:

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Life is better when you aren’t dead OECD

OK, I don’t want to speculate on the hidden strengths of Italian society. But the weaknesses of American society, despite our national wealth, are obvious: Extreme inequality, including racial inequality on a scale whites can find hard to comprehend. A weak social safety net, including a unique failure among advanced countries to guarantee universal health care. Terrible work-life balance, with far less vacation and family time than a wealthy nation should have.

And a personal, informal observation: Trump is an extreme case, but we are a nation obsessed with the notion of winners and losers. The nature of my various careers has brought me into contact with a number of extremely successful people, in various walks in life, and what always strikes me is how insecure many of them are, because there’s always another money manager who makes even more billions or another professor who’s won even more prizes.

Imagine what this kind of competitive mentality does to people who aren’t objectively successful, who — usually through no fault of their own — have been stranded by economic or social change.

Of course, I’m far from the first person to make observations like this. Still, maybe this strange, ugly time in America will help teach us some lessons about building a better society once the pandemic is over.

 

Il PIL e il significato della vita,

di Paul Krugman

 

“Sono stata ricca e sono stata povera”, disse Mae West [1]. “Credetemi, ricchi è meglio”. Parole di buon senso. Ma diventare più ricchi non migliora necessariamente la vostra vita quanto vi aspettereste, e quello che vale per gli individui vale il doppio per le società.

L’articolo di oggi era su quello che sta accadendo adesso, con l’economia in parziale ripresa dalla recessione del coronavirus ma con la vita di milioni di persone che sta bruscamente peggiorando. La colpa della attuale estrema disconnessione spetta precisamente a Donald Trump e al suo partito, che hanno tolto la rete di sicurezza che aveva aiutato molte persone a misurarsi con questo brutto periodo. Ma in tutta onestà questa disconnessione non è nuova; da decenni essa è stata una caratteristica sempre più lampante della società americana.

Secondo i consueti criteri, l’economia americana ha un elevato successo. Abbiamo il più elevato PIL procapite di ogni importante nazione. Prima che arrivasse il colpo del coronavirus, avevamo una disoccupazione bassa. Le nostre società tecnologiche da sole valgono più dell’intero mercato azionario europeo. Chiaramente abbiamo i mezzi per vivere “la dolce vita”.

Ma davvero riusciamo a vivere buone esistenze? Alcuni di noi ci riescono. Tuttavia, nel complesso, l’America sembra trarre molta meno soddisfazione dalla sua ricchezza di quanto ci si poteva aspettare.

Le persone che avanzano questo argomento spesso ci confrontano con i paesi nordici, che sono da ogni punto di vista storie di successo. Per la newsletter di oggi, tuttavia, ho pensato che poteva essere il caso di confrontarci con un paese che è generalmente considerato – e, in effetti, per alcuni aspetti è effettivamente – un insuccesso: l’Italia.

Poche settimane orsono il nostro Roger Cohen scriveva sul considerevole spirito di collaborazione dell’Italia a fronte del coronavirus: dopo una partenza terribile, la nazione notoriamente ribelle ha ritrovato la propria coesione ed ha fatto un lavoro considerevolmente migliore nel contenimento della pandemia di quello che abbiamo fatto noi (subito dopo aver scritto quell’articolo, allo stesso Roger è stato diagnosticato il Covid-19; auguriamogli tutti il meglio).

La questione è che, tra coloro che studiano l’economia internazionale, l’Italia è soprattutto nota come un monito dell’insuccesso economico. Per ragioni che vengono continuamente dibattute, sembra che essa si sia lasciata sfuggire la rivoluzione della tecnologia dell’informazione. La sua economia ha ristagnato per decenni. Incredibilmente, il PIL procapite dell’Italia negli anni della pandemia era più basso di quello che era stato nel 2000, anche quando lo stesso dato era cresciuto del 25 per cento negli Stati Uniti:

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La stagnazione dell’Italia. Banca Mondiale.

 Ma nella vita c’è altro oltre ai soldi. Per fare soltanto un esempio molto semplice, una cosa che sicuramente dovete fare per vivere una buona vita è, vivaddio, non morire. E questa è un’area nella quale gli italiani hanno prestazioni assai migliori degli americani, con un margine che è sempre più ampio. Alla metà degli anni ’80, le due nazioni avevano la stessa aspettativa di vita. Di questi tempi gli italiani possono aspettarsi di vivere 4 anni e mezzo più a lungo:

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La vita è migliore quando non si muore. OCSE

 Ebbene, non ho adesso l’intenzione di fare congetture sui nascosti punti di forza della società italiana. Ma le debolezze della società americana, nonostante la nostra ricchezza nazionale, sono evidenti: l’ineguaglianza estrema, compresa una ineguaglianza razziale che i bianchi possono trovare difficile da comprendere. Una rete della sicurezza sociale debole, compresa l’incapacità a garantire l’assistenza sanitaria universalistica, caso unico tra i paesi avanzati. Un equilibrio tra lavoro e vita terribile, con molte meno vacanze e tempo per la famiglia di quello che una nazione ricca dovrebbe avere.

Inoltre, una informale osservazione personale: Trump è un caso estremo, ma noi siamo una nazione ossessionata dall’idea dei vincenti e dei perdenti. La natura delle mie varie carriere mi ha portato a contatto con un certo numero di persone estremamente di successo, in vari passaggi della vita, e quello che mi ha sempre colpito è quanto molti di loro siano insicuri, perché ci sono sempre altri manager finanziari che fanno persino più miliardi o altri professori che hanno avuto persino più riconoscimenti.

Si immagini che cosa questo genere di mentalità competitiva provoca a persone che, obiettivamente, non hanno successo, che – di solito senza portarne alcuna personale responsabilità – sono state bloccate dal cambiamento economico o sociale.

Ovviamente, non sono certo la prima persona che fa osservazioni di questo genere. Eppure, forse questo strano e inquietante periodo in America contribuirà a insegnarci qualche lezione su come costruire una società migliore una volta che la pandemia sarà passata.

 

 

 

 

 

 

[1] Mae West, nata Mary Jean West (New York17 agosto 1893 – Los Angeles22 novembre 1980), è stata un’attrice statunitense e, prima ancora, una star del musical: è stata inoltre il primo vero e proprio sex symbol del cinema. Dotata di un piccante senso dell’ironia … raggiunse il successo cinematografico dopo aver compiuto i 40 anni; fu maestra del doppiosenso, scandalizzando l’America perbenista e puritana del suo tempo. Wikipedia

 

 

 

 

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