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Quale non è il problema con la Georgia? Di Paul Krugman

Nov 9, 2020

What’s Not the Matter With Georgia?

By Paul Krugman

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Right now, we all have Georgia on our minds. It’s probably going to end up called for Joe Biden; his lead is razor-thin, but most observers expect it to survive a recount. And the January runoff races in Georgia offer Democrats their last chance to take the Senate.

Beyond the immediate electoral implications, however, the fact that Democrats are now competitive in Georgia but not in Ohio, which appears to have become Trumpier than Texas, tells you a lot about where America is heading. In some ways these changes in the electoral map offer reason for hope; but they also suggest looming problems for U.S. democracy.

How did Georgia turn faintly blue? As The Atlantic’s Derek Thompson wrote, in a phrase I wish I’d come up with, the great divide in American politics is now over “density and diplomas”: highly urbanized states — especially those containing large metropolitan areas — with highly educated populations tend to be Democratic.

Why this particular partisan association? Think about the longer-term political strategy of the modern G.O.P. Republican economic policy is relentlessly plutocratic: tax cuts for the rich, benefit cuts for everyone else. The party has, however, sought to win over voters who aren’t rich by taking advantage of intolerance — racial hostility, of course, but also opposition to social change in general.

But both living in large, diverse metropolitan areas and being highly educated seem to make voters less receptive to this strategy. Indeed, many big-city and highly educated voters seem repelled by G.O.P. illiberalism on social issues — which is why so many affluent Americans on the coasts back Democrats even though Republicans might reduce their taxes.

In practice, density and diplomas tend to go together — an association that has grown stronger over the past few decades. Modern economic growth has been led by knowledge-based industries; these industries tend to concentrate in large metropolitan areas that have highly educated work forces; and the growth of these metropolitan areas brings in even more highly educated workers.

Hence the transformation of Georgia. The state is home to greater Atlanta, one of the nation’s most dynamic metropolises, which now accounts for 57 percent of Georgia’s population. Atlanta has drawn in a growing number of college-educated workers, so that at this point the percentage of working-age adults with bachelor’s degrees is higher in Georgia than in Wisconsin or Michigan. So at some level it shouldn’t be surprising that Georgia apparently joined the “blue wall” in securing the presidency for Biden.

But if there’s one thing I hope Democrats have learned these past dozen years, it is that they can’t simply count on changing demography and growing social liberalism to deliver election victories. Red-state Republicans have fought tooth and nail to hold power — not by moderating their policies, but through gerrymandering and vote suppression. And Democrats need to do what they can to fight back.

Which is why Georgia’s blue shift is in one way a reason for hope.

Why, after all, did Biden win Georgia even as he was losing North Carolina, another relatively well-educated state with growing knowledge industries? The answer, in two words: Stacey Abrams.

Two years ago Abrams narrowly lost her bid to become Georgia’s governor, largely thanks to ruthless efforts to suppress the Black vote by Brian Kemp, the secretary of state — who also happened to be her opponent. She could, with considerable justification, have tried to make the case that the election was stolen.

But what she did instead was much more effective: She led a hugely impressive effort to get eligible Georgia citizens registered and to the polls. In so doing, she achieved a victory that would probably have delivered the White House to Biden even if he hadn’t carried Pennsylvania. Her efforts are a reason to think Democrats still have a chance at getting those two Senate seats. And partisan politics aside, we should celebrate evidence that hard work can sometimes overcome voter suppression.

That’s the good news. The bad news is that the same forces that made it possible to turn Georgia blue are also exacerbating the underlying flaws in American democracy.

For the Senate hugely overrepresents voters in states with small populations — which mainly means states that are relatively rural and don’t contain big metropolitan areas. The Electoral College has a similar though smaller slant.

And the growing divide between rural and metropolitan voters means that outcomes like 2016, when Donald Trump won office despite losing the popular vote by a substantial margin, are increasingly likely.

Indeed, Joe Biden will become president only after winning the popular vote by a near-landslide; once all the votes are counted, he’ll probably be ahead by around five percentage points. And the evidence keeps mounting that the party that benefits from this skewed system is fundamentally opposed to democracy.

So the news from Georgia is encouraging in itself, but is also a warning that American democracy remains very much at risk.

 

Quale non è il problema con la Georgia? [1]

Di Paul Krugman

 

In questo momento, stiamo pensando tutti alla Georgia. Probabilmente è destinata a finire aggiudicata a Joe Biden; il suo vantaggio è sul filo del rasoio, ma la maggioranza degli osservatori si aspetta che resista ad un riconteggio. E le competizioni pr lo spareggio di gennaio in Georgia offrono ai democratici la loro ultima possibilità di aggiudicarsi il Senato.

Oltre le immediate implicazioni elettorali, tuttavia, il fatto che i democratici adesso siano competitivi in Georgia e non in Ohio, che sembra essere diventato più trumpiano del Texas, ci dice molto su dove sta andando l’America. Per alcuni versi questi mutamenti nella mappa elettorale offrono motivi di speranza; ma indicano anche i problemi che incombono per la democrazia americana.

Come è diventata leggermente ‘blu’ [2] la Georgia? Come ha scritto su The Atlantic Derek Thompson, con una frase che vorrei avere concepito io, il grande divario nella politica americana adesso verte sula “densità e sui titoli di studio”: gli Stati altamente urbanizzati – specialmente quelli che contengono grandi aree metropolitane – con popolazioni fortemente istruite tendono ad essere democratici.

Perché questa particolare associazione di parte? Si pensi alla strategia politica a più lungo termine del Partito Repubblicano moderno. La politica economica repubblicana è implacabilmente plutocratica: tagli alle tasse per i ricchi, tagli ai sussidi per tutti gli altri. Il partito, tuttavia, ha cercato di vincere con gli elettori che non sono ricchi avvantaggiandosi con l’intolleranza – l’ostilità razziale, ovviamente, ma anche in generale l’opposizione al cambiamento sociale.

Ma sembra che vivere in ampie e diversificate aree metropolitane ed essere altamente istruiti siano entrambi fattori che rendono gli elettori meno recettivi a questa strategia. In effetti, molte grandi città e molti elettori altamente istruiti sembrano disgustati dall’illiberalismo sui temi sociali del Partito Repubblicano – che è la ragione per la quale tanti benestanti sulle coste seguono i democratici anche se i repubblicani potrebbero ridurre le loro tasse. In pratica, la densità e i titoli di studio tendono a procedere assieme – una associazione che è diventata più forte nei decenni passati. La moderna crescita economica è stata guidata da industrie che si basano sulla conoscenza; queste industrie tendono a concentrarsi in ampie aree metropolitane che hanno forze di lavoro altamente istruite; e la crescita di queste aree metropolitane comporta lavoratori con una istruzione persino più elevata. Da qua la trasformazione della Georgia. Lo Stato è sede della area metropolitana di Atlanta, una delle aree più dinamiche della nazione, che ad oggi totalizza il 57 per cento della popolazione della Georgia. Atlanta ha attirato un numero crescente di lavoratori  con una istruzione universitaria, cosicché a questo punto la percentuale di adulti in età lavorativa con un titolo di laurea breve è più elevato in Georgia che in Wisconsin o in Michigan. Dunque in qualche senso non dovrebbe essere sorprendente che la Georgia in apparenza si sia unita alla “muraglia democratica” nell’assicurare la Presidenza a Biden.

Ma se c’è un cosa che spero i democratici abbiano imparato da questa dozzina di anni passati, è che non possono semplicemente far conto sul cambiamento demografico e sul crescente liberalismo sociale per conseguire vittorie elettorali. I repubblicani degli Stati conservatori hanno combattuto con le unghie e con i denti per conservare il potere – non moderando le loro politiche, ma attraverso la delimitazione faziosa dei distretti elettorali e il soffocamento del diritto di voto. E i democratici hanno bisogno di fare quello che possono per reagire.

Che è la ragione per la quale, da una parte,  la svolta democratica della Georgia è un motivo di speranza.

Perché, in fin dei conti, Biden ha conquistato la Georgia anche mentre stava perdendo in Carolina del Nord, un altro Stato con una buona istruzione e con una crescita delle industrie della conoscenza? La risposta consiste in due parole: Stacey Abrams [3].

Due anni orsono la Abrams perse di misura la sua gara per diventare governatrice della Georgia, in gran parte grazie allo sforzo spietato di soffocare i diritto di voto dei neri da parte di Brian Kemp, il Segretario di Stato – che si dava il caso fosse anche il suo avversario. Ella avrebbe potuto, con pieno diritto, promuovere una causa per il furto delle elezioni.

Ma quello che invece fece fu molto più efficace: condusse uno sforzo assai impressionante per dare i diritto di voto ai cittadini registrati della Georgia e portarli a votare. Così facendo, ha ottenuto una vittoria che probabilmente poteva consegnare a Biden la Casa Bianca anche se non avesse portato con sé la Pennsylvania. E, mettendo da parte gli schieramenti politici, noi dovremmo celebrare la prova che il lavoro duro talvolta è più forte dell’ostracismo verso il diritto di voto.

Questa è la buona notizia. La cattiva notizia è che le stesse forze che hanno reso possibile la svolta democratica in Georgia stanno anche esacerbando i difetti di fondo della democrazia americana.

Perché il Senato dà un premio sproporzionato agli elettori negli Stati con popolazioni modeste – il che principalmente significa gli Stati che sono relativamente rurali e che non contengono grandi aree metropolitane. Il Collegio Elettorale ha un orientamento simile, per quanto più piccolo.

E il crescente divario tra gli elettori rurali e quelli metropolitani significa che i risultati come quello del 2016, quando Donald Trump ottene la carica pur avendo perso al voto popolare con un margine sostanziale, sono sempre più probabili.

Infatti, Joe Biden diverrà Presidente solo a seguito di una vittoria nel voto popolare quasi schiacciante; una volta che saranno contati tutti i voti, egli probabilmente sarà in vantaggio di circa cinque punti percentuali. E continuano a crescere le prove che il partito che beneficia di questo sistema fazioso è fondamentalmente avverso alla democrazia.

Dunque, le notizie dalla Georgia sono in sé incoraggianti, ma sono anche un ammonimento che la democrazia americana resta in grande pericolo.

 

 

 

 

 

 

[1] La frase la traduco letteralmente; sul significato sono incerto. Forse si intende dire che il Georgia il soffocamento del diritto di voto non è più un problema, come si spiega nell’articolo?

[2] Come è noto, blu è il colore dei democratici e rosso quello dei repubblicani.

[3] (desumo queste notizie da un articolo su The Guardian e da Wikipedia, inglese)) 

Stacey Abrams, nata nel 1973, è una avvocatessa democratica di colore, famosa per la sua battaglia per il diritto di voto in Georgia. Uscì sconfitta da precedenti elezioni nelle quali era candidata democratica alla carica di Governatore dello Stato. Il suo avversario che vinse, il repubblicano Kemp, all’epoca era Segretario di Stato per la Georgia, ovvero aveva anche il ruolo di controllore delle elezioni.

Costui si rese responsabile di una vastissima iniziativa di “suppression” (soppressione soffocamento, interdizione del diritto di voto), con quasi 670 mila persone cancellate nel 2017 dagli elenchi. Una analisi della Associated Press rivelò che il 70% degli elettori cancellati erano neri, a fronte di una popolazione di colore della Georgia che non supera il 32% dei cittadini. Poiché i voti con i quali Kemp vinse furono 55.000, è evidente che il risultato dipese fondamentalmente dalla preventiva eliminazioni degli elettori di colore dalle liste elettorali.

I modi nei quali questa eliminazione può avvenire sono vari (in questo blog si può utilmente leggere un articolo su tali aspetti: “Greg Palast rivela che i voti sottratti in Stati cruciali hanno contribuito a truccare le elezioni negli Stati Uniti a favore di Trump” (intervista di Ben Gelblum). Sulla scorta di quell’articolo, si comprende che per combattere la negazione del diritto di voto con la eliminazione dalle liste elettorali, si deve intraprendere una battaglia personale precedente al voto per recuperare tali diritti, in genere eliminati con pretesti burocratici (come quello di pretendere per scritto conferma del proprio diritto e di procedere alla esclusione in tutti i casi nei quali un cittadino non prende visione o sottovaluta il significato di tale richiesta).

E’ quello che la Abrams ha fatto con una battaglia con il suo movimento (che ha il nome di “Fair fight”, “Battaglia Giusta”), sviluppando in tutto lo Stato una iniziativa per educare le persone a gestire i propri diritti e, in particolare, per spingere i giovani di colore ad iscriversi nei registri elettorali. L’effetto di questa iniziativa sono stati 800.000 nuovi elettori nelle elezioni recenti, decisivi questa volta per la vittoria di Biden.

E questa è a foto di una delle sedi del movimento, con l’immagine della Abrams dipinta sull’edificio:

 

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