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Un racconto su due città cinesi, di Zhang Jun (da Project Syndicate, 23 novembre 2020)

 

Nov 23, 2020

A Tale of Two Chinese Cities

ZHANG JUN

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SHANGHAI – On October 14, Chinese President Xi Jinping visited the southern city of Shenzhen, where he delivered a speech celebrating 40 years of progress since the special economic zone (SEZ) was established there and set a path for the future. A month later, Xi headed to Shanghai’s Pudong district – which was designated China’s first “new area” 30 years earlier – for the same purpose. The centrality of Shenzhen and Shanghai to China’s future development could not be clearer.

When China first created the Shenzhen SEZ, some questioned its judgment. For example, as a postgraduate student at the University of Cambridge in the 1980s, James Kai-sing Kung, now of the University of Hong Kong, asked why the government would choose an unknown village like Shenzhen, rather than an economic center like Shanghai or Tianjin, to serve as an incubator for Deng Xiaoping’s “reform and opening up” strategy.

The decision must, Kung concluded, be politically motivated; China’s government must have been preparing for the return of neighboring Hong Kong, which was already a global financial center. But, while it is true that sovereignty over Hong Kong was formally transferred back to China in 1997, Hong Kong’s impact on Shenzhen’s development was rooted less in sovereignty than in proximity.

If presented with an aerial view of Shenzhen’s Futian District and Hong Kong’s New Territories today, the latter areas, south of the Shenzhen River, would appear desolate. Meanwhile, Shenzhen, with its bustling ports and glittering skyline, is clearly populated and prosperous.

This is not to say that other areas of Hong Kong aren’t flourishing. In fact, that is the point. Shenzhen’s development along the border with Hong Kong reflects the so-called urban pileup effect: the accumulation of densely urbanized clusters along the frontier with a more developed area, enabling the less developed region to seize cross-border spillover opportunities.

The same phenomenon can be seen along the border between Mexico and Texas. An aerial view of the region would reveal sprawling suburbs on the wealthier American side – making it appear almost barren – and dynamic, populous cities on the Mexican side, where local workers flock to jobs at American-owned manufacturing plants, among other opportunities.

As Deng predicted, Hong Kong, with its developed financial system and economic dynamism, has had similarly powerful spillover effects on Shenzhen. The result is a thriving metropolis, where annual economic output will soon reach CN¥3 trillion ($456 billion) – one-third of the Guangdong province’s total.

Shenzhen is thus a major engine of the Greater Bay Area, which covers nine cities around the Pearl River Delta in Guangdong province, plus Hong Kong and Macau. The region already accounts for about 13% of mainland China’s GDP, and its share is growing.

Shanghai’s geographical location – on China’s east coast, near the mouth of the Yangtze River – has been similarly crucial to its success. Yet, far from piggybacking on the dynamism of a neighbor, Shanghai has always led the development of the Yangtze River Delta region, and has been the beating heart of the Yangtze River Economic Belt – which covers nine provinces and two megacities – since the belt’s launch in 2016.

In the last 30 years, growth in the Pudong new area has reinforced Shanghai’s regional primacy, while also driving development in an increasingly integrated Yangtze River Delta. Today, the Yangtze River Economic Belt accounts for more than 46% of China’s total output. This region, together with the Greater Bay Area, constitutes about 60% of China’s total output.

So, Shanghai and Shenzhen are both vital to China’s economic future. But neither is more important than the other; each has a unique role to play.

As the more mature and developed player, Shanghai has long been a leader in equipment manufacturing. Yet its economic structure is far from stationary: the city is now being transformed into a research and development hub and a center of trade, finance, and modern services.

Shenzhen, for its part, is on track to become China’s Silicon Valley. In the last 20 years, this young, dynamic city has outpaced Shanghai in hard-technology development, with dozens of world-renowned companies – including Huawei, Tencent, Ping An, DJI, BYD, and SF Express – concentrating there.

To be sure, in terms of overall technological prowess, Shanghai still ranks first. But, rather than replacing Shanghai in the areas where it leads, Shenzhen is becoming a kind of laboratory for experimentation, not only with technology, but also with policies that incentivize and facilitate innovation. Shanghai cannot play that role, because it must continue to serve as a predictable environment for global trade and finance.

Guiding the development of an economy as large and diverse as China will always be a difficult challenge. But, by recognizing and investing in the strengths of pioneering cities and regions, China has developed a powerful mechanism for organizing and advancing its economic transformation. Judging by the tremendous success of Shenzhen and Shanghai, it seems clear that China will continue to reap the rewards of this approach for decades to come.

 

Un racconto su due città cinesi,

di Zhang Jun

 

SHANGHAI –  Il 24 ottobre, il Presidente cinese Xi Jinping ha visitato la città meridionale di Shenzhen, dove ha pronunciato un discorso di celebrazione dei 40 anni di progresso da quando venne istituita in quell’area la zona economica speciale (ZES) e stabilito un indirizzo per il futuro. Un mese dopo, Xi si è recato per lo stesso scopo nel distretto Pudong di Shanghai – che trent’anni fa venne designato come la prima “nuova area” della Cina. La centralità per lo sviluppo futuro della Cina di Shenzhen e Shanghai non poteva essere più esplicita.

Agli inizi, quando la Cina creò la ZES di Shenzhen, qualcuno sollevò domande sulla sua scelta. Ad esempio, da studente di dottorato all’Università di Cambridge negli anni ’80, James Kai-sing Kung, adesso all’Università di Hong Kong, si chiese perché il Governo avesse scelto un ignoto villaggio come Shenzhen, piuttosto che un centro economico come Shanghai o Tianjin, per servire come incubatore della strategia del “riformare ed aprirsi” di Deng Xiaoping.

La decisione, concluse Kung, doveva avere una motivazione politica; il Governo della Cina stava preparandosi al ritorno della vicina Hong Kong, che era già un centro finanziario globale. Ma, mentre è vero che la sovranità su Hong Kong venne formalmente ritrasferita alla Cina nel 1997, l’impatto di Hong Kong su Shenzhen mise radici più sulla vicinanza che sulla sovranità.

Se oggi fossero presentati con una immagine aerea il Distretto Futian di Shenzhen e i Nuovi Territori di Hong Kong, le seconde aree, a sud del Fiume Shenzhen, apparirebbero desolate. Di contro Shenzhen, con i suoi porti trafficati e e il suo profilo abbagliante, appare chiaramente popolata e prospera.

Questo non significa che altre aree di Hong Kong non siano floride. In sostanza, il punto è quello. Lo sviluppo di Shenzhen lungo il confine con Hong Kong riflette il cosiddetto effetto di accumulo: lo accostamento di distretti densamente urbanizzati lungo una frontiera con un area più sviluppata, permette alla regione meno sviluppata di cogliere le opportunità delle ricadute transfrontaliere.

Lo stesso fenomeno può essere osservato lungo il confine tra il Messico e il Texas. Un’immagine dall’alto della regione rivelerebbe estese periferie sul più ricco versante americano – facendolo apparire quasi desolato – e città dinamiche e popolose sul versante messicano, dove i lavoratori locali, tra le altre opportunità, si riversano nei posti di lavoro degli stabilimenti manifatturieri di proprietà americana.

Come aveva previsto Deng, Hong Kong, con il suo sviluppato sistema finanziario e il suo dinamismo economico, ha avuto simili potenti effetti di ricaduta su Shenzhen. Il risultato è una rigogliosa metropoli, dove la produzione economica  annuale raggiungerà presto i tre mila miliardi di yuan cinesi (456 miliardi di dollari) – un terzo del totale della Provincia del Guangdong.

Shenzhen è quindi un importante motore dell’Area Metropolitana della Baia, che comprende nove città attorno al delta del Fiume delle Perle nella provincia di Guangdong [1], oltre ad Hong Kong ed a Macao. La regione già realizza circa il 13% del PIL della Cina continentale, e la sua quota sta crescendo.

La collocazione geografica di Shanghai – sulla costa orientale della Cina, vicino alla foce del Fiume Azzurro – è stata similmente fondamentale per il suo successo. Però, lungi dall’andare al traino del dinamismo di un vicino, Shanghai ha sempre guidato lo sviluppo della regione del delta del Fiume Azzurro, ed è stata il cuore pulsante della Cintura Economica del Fiume Azzurro – che comprende nove province e due mega città – dal momento del lancio della Cintura nel 2016.

Negli ultimi 30 anni la crescita della nuova area del Pudong ha rafforzato il primato regionale di Shanghai ed ha anche guidato lo sviluppo della sempre più integrata area del Delta del Fiume Azzurro. Oggi, la Cintura Economica del Fiume Azzurro realizza più del 46% della produzione totale della Cina. Questa regione, assieme all’Area Metropolitana della Baia, costituisce circa il 60% della produzione totale della Cina [2].

Dunque, Shanghai e Shenzhen sono entrambi vitali per il futuro economico della Cina. Ma nessuna delle due è più importante dell’altra; ciascuna ha un ruolo unico.

Quale attore più maturo e sviluppato, Shanghai è da tempo leader nel settore manifatturiero dei macchinari. Tuttavia la sua struttura economica è lungi dall’essere stazionaria: la città si viene adesso trasformando in un centro nevralgico di ricerca e sviluppo nonché in un centro di commerci, finanza e servizi moderni.

Shenzhen, per suo conto, è indirizzata a diventare la Silicon Valley della Cina. Negli ultimi 20 anni, questa città giovane e dinamica ha distanziato Shanghai nello sviluppo delle alte tecnologie, con dozzine di società rinomate nel mondo – incluse Huawei, Tencent, Ping An, DJI, BYD e SF Express – che là si concentrano.

Di sicuro, in termini di complessiva capacità tecnologica, Shanghai si colloca ancora al primo posto. Ma piuttosto che rimpiazzare Shanghai nelle aree nelle quali è al comando, Shenzhen sta diventando una specie di laboratorio di sperimentazione, non solo nelle tecnologie, ma anche nelle politiche che incentivano e facilitano l’innovazione. Shanghai non può giocare quel ruolo, giacché deve continuare a funzionare come un ambiente prevedibile per il commercio globale e la finanza.

Indirizzare lo sviluppo di un’economia così vasta e diversificata come la Cina sarà sempre una impresa difficile. Ma, riconoscendo e investendo nei punti di forza delle città e delle regioni all’avanguardia, la Cina ha sviluppato un meccanismo potente per organizzare e progredire nella sua trasformazione economica. Giudicando dall’impressionante successo di Shenzhen e di Shanghai, sembra chiaro che la Cina continuerà a raccogliere i frutti di questo approccio nei decenni avvenire.

 

 

 

 

 

 

[1] Questa è l’area del delta del Fiune delle Perle. La piccola isola in basso è Hong Kong, la più grande isola retrostante sono i Nuovi Territori di Hong Kong, sul continente (n° 2) Shenzhen; al n° 11 Macao.

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[2] Questa è la collocazione di Shanghai sulla mappa della Cina, allo sbocco del Fiume Azzurro nel Mar Cinese Orientale, che è il terzo fiume più lungo del mondo (6.480 chilometri), dopo il Rio delle Amazzoni e il Nilo:

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