Articoli sul NYT

Imparare a smetterla di preoccuparsi ed a amare il debito, di Paul Krugman (New York Times, 3 dicembre 2020)

Dec 3, 2020

Learn to Stop Worrying and Love Debt

By Paul Krugman

zz 898

Amid all the wild swings in U.S. politics over the past decade, one thing has remained constant: the G.O.P. position on government debt. The party considers high levels of debt an existential threat — if a Democrat is sitting in the White House. If a Republican president presides over big deficits, well, as Donald Trump’s budget director reportedly told supporters last year, “nobody cares.”

So it’s a completely safe prediction that once Joe Biden is sworn in, we will once again hear lots of righteous Republican ranting about the evils of borrowing. What’s less clear is whether we’ll see a repeat of what happened during the Obama years, when many centrists — and much of the news media — both took obvious fiscal phonies seriously and joined in the chorus of fearmongering.

Let’s hope not. For the fact is that we’ve learned a lot about the economics of government debt over the past few years — enough so that Olivier Blanchard, the eminent former chief economist of the International Monetary Fund, is talking about a “shift in fiscal paradigm.” And the new paradigm suggests both that public debt isn’t a major problem and that government borrowing for the right purposes is actually the responsible thing to do.

Why are economists thinking differently about debt? Part of the answer is that we’ve discovered some things about how the world works; the rest of the answer is that the world has changed.

It made some sense, nine or 10 years ago, to worry that the financial crisis in Greece was a harbinger of potential debt crises in other countries (although I never bought it). As it turned out, however, the full list of countries that ended up looking like Greece is … Greece. What briefly seemed like a spread of Greek-style problems across southern Europe turned out to be a temporary investor panic, quickly ended by a promise from the European Central Bank that it would lend money to cash-short governments if necessary.

In other words, those dire warnings we used to hear (and will soon be hearing again) that America faces imminent disaster once government debt crosses some red line were always misguided. We weren’t and aren’t anywhere close to that kind of crisis, and probably never will be.

But what about the longer term? Doesn’t debt impose a burden on future generations, who will have to spend money paying interest that could have been put to better uses?

Here’s where it becomes crucial to realize that the world has changed: Interest rates are much lower than they were in the past, and all indications are that they’ll stay low for years to come.

One key indicator is the real interest rate on long-term government bonds — the interest rate minus inflation, which is a better measure of true borrowing costs than the headline rate. The real rate on 10-year bonds averaged around 4 percent in the 1990s; it has been generally less than 1 percent, and sometimes negative, for the past decade.

Why are interest rates so low? That’s a longish story, probably mainly involving demography and technology. Basically, the private sector doesn’t seem to see many opportunities for productive investment, and savers who have no place else to go are willing to buy government debt even though it doesn’t pay much interest. The important point for current discussion is that government borrowing costs are now very low and likely to stay low for a long time.

As a result, the burden of debt — which was always exaggerated and was misunderstood in any case — isn’t what it used to be. One measure of how much things have changed: On the eve of the pandemic, federal debt as a percentage of gross domestic product was twice its level in 2000. But federal interest payments as a percentage of G.D.P. were actually down.

The bottom line is that government debt just isn’t a major problem these days. Which brings us back to the politics.

Joe Biden has promised to “build back better,” a slogan that translates into proposals to spend big sums on infrastructure, climate policy, education and more, largely with borrowed money. And that’s very much the right thing to do; business may see only limited returns to investment, but we’re in desperate need of more public investment, broadly defined (for example, including spending on children).

Yet Republicans will surely oppose these proposals. Indeed, if they hold the Senate, they may well do what they did to Barack Obama, and try to force Biden to cut spending. And they’ll justify their intransigence by railing against the evils of debt.

So how should we push back against this predictable attempt to stonewall the Biden agenda? It will be tempting to emphasize Republican hypocrisy. But the biggest problem with the debt-scare politics we all know is coming isn’t the hypocrisy or the bad faith; it’s the fact that it’s wrong on the merits.

For given what we’ve learned and where we are, it’s clear that the U.S. government should be investing heavily in the nation’s future, and that it’s OK, indeed desirable, to borrow the money we need to make those investments. That is, to act responsibly, we must stop worrying and learn to love debt.

 

Imparare a smetterla di preoccuparsi e ad amare il debito,

di Paul Krugman

 

In mezzo alle turbolente oscillazioni della politica statunitense del decennio passato, una cosa è rimasta costante: la posizione del Partito Repubblicano sul debito pubblico. Il partito considera gli alti livelli del debito come una minaccia esistenziale – se un democratico siede alla Casa Bianca. Se è un repubblicano che governa grandi deficit, ebbene, “non importa a nessuno”, come si dice che l’anno passato abbia detto a dei sostenitori il direttore del bilancio di Donald Trump.

Dunque è del tutto certa la previsione che una volta che Joe Biden avrà giurato, ancora una volta sentiremo un mucchio di repubblicani virtuosi inveire contro i mali dell’indebitamento. Quello che è meno chiaro è se si ripeterà quello che accadde durante gli anni di Obama, quando molti centristi – e buona parte dei media dell’informazione – presero sul serio gli ipocriti della finanza pubblica e si unirono anche al coro dei seminatori di paure.

Speriamo di no. Perché il punto è che abbiamo imparato molto negli anni passati sulla economia del debito pubblico – al punto che Olivier Blanchard, l’eminente passato capo economista del Fondo Monetario Internazionale, sta parlando di un “cambiamento nel paradigma della finanza pubblica”. E il nuovo paradigma indica sia che il debito pubblico non è un problema fondamentale, sia che l’indebitamento del Governo per propositi giusti è in realtà la cosa responsabile da fare.

Perché gli economisti la pensano diversamente sul debito? Una parte della risposta è che abbiamo scoperto alcune cose su come funziona il mondo; il resto della risposta è che il mondo è cambiato.

Poteva avere qualche senso, nove o dieci anni fa, preoccuparsi che la crisi finanziaria in Grecia fosse un presagio di possibili crisi del debito in altri paesi (sebbene io non ci abbia mai creduto). Come si scoprì, tuttavia, la lista completa dei paesi che avrebbero finito con l’assomigliare alla Grecia era … la Grecia. Quello che era sembrata per un attimo come una diffusione dei problemi del genere di quelli greci nell’Europa meridionale, si scoprì che era una temporanea condizione di panico tra gli investitori, rapidamente rientrata per una promessa della Banca Centrale Europea, se necessario, di prestare denaro ai governi a corto di contante.

In altre parole, quei terribili ammonimenti che eravamo soliti udire (e che presto ascolteremo ancora), secondo i quali l’America sarà dinanzi a un disastro imminente se oltrepassa una qualche linea rossa sul debito pubblico, erano sempre stati fuorvianti. Non eravamo e non siamo in alcun modo vicini ad una crisi del genere, e probabilmente non lo saremo mai.

Ma che dire dei tempi più lunghi? Il debito non costituisce un peso sulle future generazioni, che dovranno spendere soldi per pagare interessi che avrebbero potuto essere utilizzati per cose migliori?

È qua che diventa cruciale comprendere che il mondo è cambiato: i tassi di interesse sono molti più bassi di quello che erano in passato, e tutte le indicazioni dicono che resteranno bassi negli anni avvenire.

Un indicatore fondamentale è il tasso di interesse reale sulle obbligazioni a lungo termine del Governo – il tasso di interesse depurato dall’inflazione, che è una misura migliore dei costi effettivi dell’indebitamento del tasso complessivo. Il tasso reale sui bond decennali è stato in media del 4 per cento negli anni ’90; esso è in generale inferiore all’1 per cento, e talvolta negativo, in riferimento al prossimo decennio.

Perché i tassi di interesse sono così bassi? Questa è una storia lunghetta, che probabilmente riguarda soprattutto la demografia e la tecnologia. Fondamentalmente, il settore privato non sembra vedere molte opportunità di investimenti produttivi, e i risparmiatori che non hanno altri luoghi dove indirizzarsi sono disponibili ad acquistare obbligazioni sul debito pubblico anche se esse non restituiscono granché di interesse. Ciò che conta nella discussione attuale è che i costi dell’indebitamento del Governo sono oggi molto bassi e probabilmente resteranno bassi per un lungo tempo.

Come risultato, il peso del debito – che è sempre stato esagerato e in qualche caso frainteso – non è quello che era una volta. Una misura di quanto le cose sono cambiate: nell’epoca della pandemia, il debito federale come percentuale del prodotto interno lordo è due volte il livello del 2000. Ma i pagamenti federali degli interessi come percentuale del PIL sono effettivamente diminuiti.

La morale della favola è che il debito pubblico, in questi giorni, non è un problema fondamentale. Il che mi riporta alla politica.

Joe Biden ha promesso di “ricostruire meglio”, uno slogan che si traduce nelle proposte di spendere grandi somme nelle infrastrutture, nella politica del clima, nell’istruzione e in altro, in gran parte con denaro preso in prestito. E quella è davvero la cosa giusta da fare; le imprese può darsi che avranno rendimenti molto limitati dagli investimenti, ma noi abbiamo un bisogno disperato di maggiore investimento pubblico, nel suo senso più ampio (ad esempio, includendo la spesa sui bambini).

Tuttavia i repubblicani si opporranno certamente a queste proposte. In effetti, se avranno in mano il Senato, potranno ben fare quello che fecero a Barack Obama, e cercare di costringere Biden a tagliare la spesa. E giustificheranno la loro intransigenza imprecando contro i mali del debito.

Come si dovrebbe dunque respingere questo prevedibile tentativo di boicottare l’agenda di Biden? Si sarà tentati di porre l’accento sulla ipocrisia del repubblicani. Ma il più grande problema con la politica del terrore sul debito che sappiamo essere in arrivo, non è l’ipocrisia o la buona fede; è il fatto che essa è sbagliata nel merito.

Perché, considerato quello che abbiamo imparato e quello che siamo, è chiaro che il Governo degli Stati Uniti dovrebbe investire pesantemente sul futuro della nazione, e che è positivo, in effetti è desiderabile, prendere a prestito il denaro di cui abbiamo bisogno per fare quegli investimenti. Ovvero, per agire responsabilmente, dobbiamo smettere di preoccuparci e imparare ad amare il debito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"