Articoli sul NYT

La Russia è una superpotenza Potemkin, di Paul Krugman (New York Times, 28 febbraio 2022)

 

Feb. 28, 2022

Russia Is a Potemkin Superpower

By Paul Krugman

zzz 429

Beware, Vladimir Putin: Spring is coming. And when it does, you’ll lose much of whatever leverage you had left.

Before Putin invaded Ukraine, I might have described the Russian Federation as a medium-size power punching above its weight in part by exploiting Western divisions and corruption, in part by maintaining a powerful military. Since then, however, two things have become clear. First, Putin has delusions of grandeur. Second, Russia is even weaker than most people, myself included, seem to have realized.

It has long been obvious that Putin desperately wants to restore Russia’s status as a Great Power. His already infamous “there is no such thing as Ukraine” speech, in which he condemned Lenin (!) for giving his neighbor what Putin considers a false sense of national identity, made it clear that his aims go beyond recreating the Soviet Union — he apparently wants to recreate the czarist empire. And he apparently thought that he could take a big step toward that goal with a short, victorious war.

So far, it hasn’t worked out as planned. Ukrainian resistance has been fierce; Russia’s military has been less effective than advertised. I’ve been especially struck by reports that the early days of the invasion were hampered by severe logistical problems — that is, the invaders had a hard time providing their forces with the essentials of modern war, above all fuel. It’s true that supply problems are common in war; still, logistics is one thing advanced nations are supposed to be really good at.

But Russia is looking less and less like an advanced nation.

The truth is that I was being generous in describing Russia as even a medium-size power. Britain and France are medium-size powers; Russia’s gross domestic product is only a bit more than half as large as either’s. It seemed remarkable that such an economically underweight state could support a world-class, highly sophisticated military — and maybe it couldn’t.

That’s not to deny that the force ravaging Ukraine has immense firepower, and it may well take Kyiv. But I wouldn’t be surprised if post-mortems on the Ukraine war eventually show that there was a lot more rot at the heart of Putin’s military than anyone realized.

And Russia is starting to look even weaker economically than it did before it went to war.

Putin isn’t the first brutal dictator to make himself an international pariah. As far as I can tell, however, he’s the first to do so while presiding over an economy deeply dependent on international commerce — and with a political elite accustomed, more or less literally, to treating Western democracies as their playground.

For Putin’s Russia isn’t a hermetic tyranny like North Korea or, for that matter, the old Soviet Union. Its standard of living is sustained by large imports of manufactured goods, mostly paid for via exports of oil and natural gas.

This leaves Russia’s economy highly vulnerable to sanctions that might disrupt this trade, a reality reflected in Monday’s sharp plunge in the value of the ruble despite a huge increase in domestic interest rates and draconian attempts to limit capital flight.

Before the invasion it was common to talk about how Putin had created “fortress Russia,” an economy immune to economic sanctions, by accumulating a huge war chest of foreign currency reserves. Now, however, such talk seems naïve. What, after all, are foreign reserves? They aren’t bags of cash. For the most part they consist of deposits in overseas banks and holdings of other governments’ debt — that is, assets that can be frozen if most of the world is united in revulsion against a rogue government’s military aggression.

True, Russia also has a substantial amount of physical gold held within the country. But how useful is this gold as a way to pay for things the Putin regime needs? Can you really conduct large-scale modern business with ingots?

Finally, as I noted last week, Russia’s oligarchs have stashed most of their assets overseas, making them subject to freezing or seizure if democratic governments can muster the will. You might say that Russia doesn’t need those assets, which is true. But everything Putin has done in office suggests that he considers it necessary to buy oligarchs’ support, so their vulnerability is his vulnerability.

Incidentally, one puzzle about Russia’s pre-Ukraine image of strength was how a kleptocratic regime managed to have an efficient, effective military. Maybe it didn’t?

Still, Putin has one remaining ace in the hole: Feckless policies have made Europe deeply dependent on Russian natural gas, potentially inhibiting the West’s response to his aggression.

But Europe mainly burns gas for heat; gas consumption is 2.5 times higher in the winter than it is in the summer. Well, winter will soon be over — and the European Union has time to prepare for another winter without Russian gas if it’s willing to make some hard choices.

As I said, Putin may well take Kyiv. But even if he does, he will have made himself weaker, not stronger. Russia now stands revealed as a Potemkin superpower, with far less real strength than meets the eye.

 

La Russia è una superpotenza Potemkin [1],

di Paul Krugman

 

Stai attento, Vladimir Putin; la primavera è in arrivo. E quando arriva, perderai molto del potere che in qualche modo ti era rimasto.

Prima che Putin invadesse l’Ucraina, potevo descrivere la Federazione Russa come una potenza di medie dimensioni che faceva il passo più lungo della gamba, in parte sfruttando le divisioni e la corruzione dell’Occidente, in parte mantenendo un esercito potente. Da allora, tuttavia, sono diventati chiari due aspetti. Il primo, le illusioni di grandezza di Putin. Il secondo, la Russia è persino più debole di quanto la maggioranza delle persone, incluso il sottoscritto, sembravano aver compreso.

E’ da molto tempo evidente che Putin vuole disperatamente resuscitare lo status di Grande Potenza della Russia. Il suo già famigerato discorso su “l’Ucraina che non esiste”, nel quale ha condannato Lenin (!) per aver dato al suo vicino quella che Putin considera una falsa sensazione di unità nazionale, ha reso evidente che i suoi obbiettivi vanno oltre  la ricostituzione dell’Unione Sovietica – a quanto pare intende ricreare l’impero zarista. E pare aver pensato che poteva fare un gran passo verso quell’obbiettivo con una guerra breve e vittoriosa.

Sinora, non è andata come era stato programmato. La resistenza ucraina è stata accanita; l’esercito russo è stato meno efficace di quanto annunciato. Sono rimasto particolarmente colpito dai resoconti secondo i quali i primi giorni dell’invasione sono stati ostacolati da gravi problemi logistici – ovvero, gli invasori hanno avuto difficoltà a rifornire le loro forze con ciò che è essenziale nella guerra moderna, soprattutto i carburanti. È vero che i problemi dei rifornimenti sono comuni in guerra; eppure, la logistica è una di quelle cose nelle quali si suppone che le nazioni avanzate siano capacissime. Ma la Russia sta mostrandosi sempre meno come una nazione avanzata.

La verità è che ero stato generoso nel descrivere la Russia persino come una potenza di medie dimensioni. L’Inghilterra e la Francia sono potenze di medie dimensioni; il prodotto interno lordo della Russia è solo un po’ superiore alla metà di ciascuna di esse. Sembrava rilevante che uno Stato con tale ridotta consistenza potesse sostenere un esercito di prima categoria e altamente sofisticato –  e forse non poteva sostenerlo.

Questo non per negare che la forza che infuria in Ucraina abbia una enorme potenza di fuoco e che possa prendere Kiev. Ma non sarei sorpreso alla fine se le analisi a cose fatte della guerra ucraina mostrassero che c’era molto più marciume al cuore dell’esercito di Putin di quanto non avessero compreso tutti.

E la Russia sta cominciando ad apparire economicamente persino più debole di quanto non sembrava prima di entrare in guerra.

Putin non è il primo brutale dittatore che si rende un reietto del consesso internazionale. Tuttavia, per quanto posso capire, è il primo a farlo mentre governa su una economia profondamente dipendente dal commercio internazionale – e con una elite politica abituata, più o meno alla lettera, a trattare con le democrazie occidentali come il suo parco giochi.

Giacché la Russia di Putin non è una tirannia ermetica come la Corea de Nord o, in modo simile, la vecchia Unione Sovietica. Il suo standard di vita è sorretto da ampie importazioni di beni manifatturieri, principalmente pagati tramite le esportazioni di petrolio e di gas naturale.

Questo lascia l’economia della Russia altamente vulnerabile a sanzioni che potrebbero interrompere i suoi scambi commerciali, una realtà riflessa nel brusco crollo di lunedì del valore del rublo, nonostante un grande crescita nei tassi di interesse nazionali e tentativi draconiani di limitare le fuga dei capitali.

Prima dell’invasione era un luogo comune sostenere che Putin avesse creato la “fortezza Russia”, una economia immune alle sanzioni economiche, per aver accumulato un ampio bottino di guerra di riserve in valute straniere. Adesso, tuttavia, discorsi del genere sembrano ingenui. Cosa rappresentano, dopo tutto, le riserve di valute straniere? Non sono valige di denaro contante. Per la maggior parte consistono di obbligazioni sui debiti pubblici – ovvero, asset che possono essere congelati se la maggior parte del mondo è unita nella repulsione contro una aggressione militare di un Governo ribaldo.

È vero che la Russia possiede anche all’interno del paese una quantità rilevante di riserve auree. Ma quest’oro in che modo può rivelerarsi utile per pagare le cose di cui il regime di Putin ha bisogno? Davvero si possono condurre gli affari moderni su larga scala con i lingotti?

In fin dei conti, come osservavo la scorsa settimana, gli oligarchi russi hanno messo da parte la maggior parte dei loro asset all’estero, rendendoli passibili di congelamento o di confisca se i Governi democratici mettono assieme la loro volontà. Si potrebbe dire che la Russia non ha bisogno di quegli asset, il che è vero.  Ma tutto quello che Putin ha fatto da quando è in carica indica che egli considera necessario comprare il sostegno degli oligarchi, dunque la loro vulnerabilità è la sua vulnerabilità.

Per inciso, un mistero dell’immagine della forza della Russia precedente all’Ucraina era come un regime cleptocratico riuscisse ad avere un esercito efficiente ed efficace. Forse non era così?

Eppure, a Putin resta un asso nella manica: politiche inconcludenti hanno reso l’Europa profondamente dipendente dal gas naturale russo, potenzialmente inibendo la risposta dell’Occidente alla sua aggressione.

Ma l’Europa principalmente consuma il gas per il riscaldamento; il consumo di gas è due volte e mezzo più elevato nell’inverno rispetto all’estate. Ebbene, l’inverno arriverà presto – e l’Unione Europea ha il tempo per prepararsi ad un altro inverno senza il gas russo, se ha la volontà di fare alcune scelte difficili.

Come ho detto, è del tutto possibile che Putin prenda Kiev. Ma anche se lo facesse, si sarebbe reso più debole, non più forte. In questo momento la Russia si è palesata come una ‘potenza Potemkin’, con assai meno forza reale di quello che sembra.

 

 

 

 

 

[1] Grigorij Aleksandrovič Potëmkin (1739-1791), fu un militare ed un politico russo, che ebbe parte rilevante nel colpo di Stato per cacciare l’Imperatore Pietro III e mettere al suo posto Caterina, della quale divenne peraltro uno degli amanti. Della sua carriera è rimasto rilevante l’episodio – forse marginale e forse anche suggerito dai suoi detrattori – del cosiddetti “villaggi Potemkin”, ovvero dei villaggi di cartapesta con i quali adornava i paesaggi russi quando l’Imperatrice transitava nelle vicinanze, per darle l’impressione di un paese florido. Quindi, come i villaggi di Potemkin, il sospetto di Krugman è che la forza della superpotenza russa sia di cartapesta.

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"