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Quanto è verde la vostra metropoli? Di Paul Krugman (New York Times, 21 aprile 2022)

 

April 21, 2022

How Green Is Your Metropolis?

By Paul Krugman

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Normally, a special election for California’s State Assembly wouldn’t have much national significance — especially not an election in San Francisco, a liberal, Democratic city that’s the opposite of a swing district.

But this particular election was fought largely over housing policy. The winner had the backing of the newly rising Yimby — Yes in My Backyard — movement that has emerged in opposition to Nimbyism, calling for more housing construction and higher urban population density. And if this is a straw in the wind for national policy, the consequences for both the economy and the environment could be hugely positive.

Some background: On the eve of the coronavirus pandemic, America’s big cities were in many ways in better shape than ever before in their history. Urban social problems hadn’t vanished, but they had receded. In New York, in particular, homicides were down 85 percent from their level in 1990. At the same time, the knowledge economy was drawing businesses to large, highly educated metropolitan areas.

For a little while it seemed as if the pandemic might reverse these gains: The coronavirus hit New York hard during its early months, and there were many assertions that high population density was a health hazard. As we learned more about how to deal with the virus, however — and especially after vaccines became available — densely populated urban areas became substantially safer than rural areas, if only because their residents were more willing to wear masks and get vaccinated.

It’s true that crime, especially shootings, rose sharply during the pandemic. But this is not restricted to big cities. And even now New York’s crime rate is considerably lower than it was when, say, Rudy Giuliani was mayor. (Whatever happened to him?)

And if housing markets are any indication, big cities’ appeal has rebounded. Rents in New York fell sharply during the worst of the pandemic, but they have now fully reversed that decline.

Which is a problem. You see, cities have become highly desirable places to live and work; as I’ll explain in a minute, they’re also good for the environment. But they’ve become increasingly unaffordable, largely because of local-level opposition to new construction.

Where does this opposition come from? There has always been a segment of U.S. opinion that views dense urban living as inherently dystopian. Senator Tom Cotton was widely mocked when he tweeted (falsely) that Democrats “want to make you live in downtown areas, and high-rise buildings, and walk to work, or take the subway” as if this lifestyle — which quite a few of us find appealing — was horrible. But many Americans probably share his views.

Some of the opposition also reflects selfishness: Affluent residents of expensive communities often want to keep housing prices high by restricting the housing supply.

But a significant proportion of the opposition to density may reflect honest misunderstandings of what density does.

According to a recent YouGov survey, three in four Americans believe that it’s better for the environment if houses are built farther apart. And you can sort of see why they believe that. Someone who lives in a leafy suburb, let alone in a rural area, is surrounded by more greenery than someone in an urban high-rise. So wouldn’t the nation as a whole be greener if everyone spread out more?

The answer, of course, is no, because this seemingly common-sense view involves a fallacy of composition. Imagine taking a square mile of Manhattan holding about 70,000 people — which, by the way, is much quieter and feels much less crowded than people who haven’t lived in such a neighborhood can easily imagine — and spreading its population out to a typical suburban density. These people would then occupy about 35 square miles. The footprint of their houses, the roads they need to get around (because everything has to be done in a car), their shopping malls and so on would end up paving over far more green space than they used in New York.

Dense cities also use much less energy per capita than suburbs, largely because their residents drive less, relying instead on walking and various forms of public transit, including the extremely efficient mode known as the elevator.

So while nobody is suggesting that we force Americans to live like New Yorkers, allowing more people to live that way by permitting more density would be good for the environment.

It would also be good for the economy. Some people are willing to pay very high prices for urban housing because they’re more productive in big cities. So limiting density makes America poorer, by preventing workers from making the best use of their talents. One recent study estimated that reducing land-use restrictions in a few major cities would add 3.7 percent to U.S. gross domestic product — that is, almost $900 billion a year.

So let’s hear it for Yimbys. Opposition to urban density has done a remarkable amount of harm. Reducing that opposition could do a surprising amount of good.

 

Quanto è verde la vostra metropoli?

Di Paul Krugman

 

Normalmente, una elezione speciale per l’Assemblea di Stato della California non avrebbe tanto rilievo nazionale – particolarmente, non una elezione a San Francisco, città democratica che è l’opposto di un distretto elettorale oscillante tra i due partiti.

Ma queste particolari elezioni sono state combattute in gran parte sulla politica abitativa. Il vincitore è stato il sostenitore del nuovo movimento Yimby – letteralmente “Sì, nell’orto di casa mia” – che si è sviluppato, con la richiesta di una maggiore costruzione di alloggi e di una maggiore densità della popolazione urbana, in opposizione al Nimby [1]. E se questo è un sondaggio del vento che tira per la politica nazionale, le conseguenze sia per l’economia che per l’ambiente potrebbero essere altamente positive.

Alcuni precedenti: nell’epoca della pandemia del coronavirus, le grandi città americane erano in molti sensi in condizioni migliori di quelle che non avevano mai avuto nella storia nazionale. I problemi sociali urbani non erano svaniti, ma si erano ridotti. In particolare a New York, gli omicidi erano calati dell’85 per cento rispetto al loro livello nel 1990. Nello stesso tempo, l’economia della conoscenza stava attraendo imprese verso le ampie aree metropolitane con alti livelli di istruzione.

Per un breve periodo è sembrato che la pandemia potesse rovesciare questi progressi: durante i primi mesi il coronavirus colpì duramente New York, e ci furono molti pronunciamenti secondo i quali l’elevata densità della popolazione era un rischio per la salute. Tuttavia, quando abbiamo compreso di più come misurarci con il virus – e particolarmente dopo che sono diventati disponibili i vaccini – le aree urbane densamente popolate sono apparse sostanzialmente più sicure delle aree rurali, se non altro perché i loro residenti erano più disponibili ad usare le mascherine ed a vaccinarsi.

È vero che durante la pandemia, i crimini, in particolare l’uso delle armi da fuoco, sono cresciuti bruscamente. Ma questo fenomeno non si è limitato alle grandi città. E anche adesso il tasso di criminalità a New York è considerevolmente più basso, ad esempio, di quando era Sindaco Rudy Giuliani (dove è mai finito, costui?).

E se i mercati delle abitazioni offrono una qualche indizio, l’attrazione delle grandi città ha avuto un recupero. Durante i momenti peggiori della pandemia gli affitti a New York sono caduti bruscamente, ma adesso hanno pienamente invertito il declino.

Questo è però il problema. Sapete, le grandi città sono diventate luoghi altamente desiderabili per viverci e lavorare;  sono anche luoghi positivi per l’ambiente, come spiegherò tra un attimo. Ma sono diventate sempre più insostenibili, in gran parte per l’opposizione al livello locale a nuove costruzioni.

Da dove viene questa opposizione? C’è sempre stato un settore dell’opinione pubblica statunitense che considera il vivere in aree urbane densamente abitate come intrinsecamente distopico. Il Senatore Tom Cotton venne generalmente irriso quando twittò (dicendo una cosa non vera) che i democratici “vogliono farvi vivere nelle aree centrali, nei grattacieli, e farvi andare a piedi al lavoro o con la metropolitana”, come se questo stile di vita – che non pochi di noi trovano attraente – fosse orribile. Ma molti americani probabilmente condividono i suoi punti di vista.

In parte quell’opposizione riflette anche una forma di egoismo: i residenti benestanti di costose comunità spesso vogliono mantenere alti i prezzi delle abitazioni restringendo l’offerta di alloggi.

Ma una quota significativa dell’opposizione alla densità può riflettere una onesta incomprensione di quello che la densità comporta.

Secondo un recente sondaggio di YouGov, tre americani su quattro ritengono che sia meglio per l’ambiente se le case vengono costruite a maggiore distanza l’una dall’altra. E in qualche modo si può immaginare perché lo credono. Un persona che vive in una periferia verde, per non dire in un’area rurale, è circondata da più vegetazione di una persona in un edificio a più piani urbano. Dunque, la nazione nel suo complesso non sarebbe più verde se tutti stessero un po’ più distanti l’uno dall’altro?

La risposta è, ovviamente, negativa, perché questo apparente buon senso comprende un errore nella formulazione. Si immagini di considerare un miglio quadrato di Manhattan che contiene circa 70.000 persone – che, per inciso, è molto più calmo e si percepisce molto meno affollato di quanto è facile che si immaginino le persone che non vi hanno mai vissuto – e di sparpagliare la sua popolazione sino a una densità tipicamente suburbana. A quel punto, queste persone occuperebbero circa 35 miglia quadrate. L’impatto delle loro abitazioni, la strade che avrebbero bisogno di avere intorno (giacché  tutto si deve fare con una macchina), i loro centri commerciali e cose simili finirebbero col cementificare molto più spazio verde di quello che consumano a New York.

Le città dense usano anche molta meno energia procapite delle periferie, in gran parte perché i loro residenti usano meno le macchine, basandosi invece sul camminare e su varie forme di trasporto pubblico, compresi i mezzi estremamente efficienti noti come ascensori.

Dunque, mentre nessuno sta suggerendo di costringere tutti gli americani  vivere come newyorchesi, permettendo ad un numero maggiore di persone di vivere in qual modo consentendo una maggiore densità, sarebbe positivo per l’ambiente.

Sarebbe anche positivo per l’economia. Alcune persone sono disponibili a pagare prezzi molto elevati per abitazioni urbane perché nella grandi città sono più produttive. Dunque limitare la densità rende l’America più povera, impedendo ai lavoratori di fare il migliore uso dei loro talenti. Un recente studio ha stimato che riducendo le restrizioni all’uso del territorio in poche importanti città aumenterebbe del 3,7 per cento il prodotto interno lordo statunitense – ovvero, quasi 900 miliardi di dollari all’anno.

Dunque, ascoltiamo gli argomenti dei sostenitori del Yimby. L’opposizione alla densità urbana ha fatto una gran quantità di danni. Riducendo quella opposizione, potrebbe comportare una gran quantità di cose positive.

 

 

 

 

 

[1] Che è l’anagramma del movimento che sostiene la posizione opposta – “Not in my backyard”, “Non vicino a casa mia”.

 

 

 

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