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Sui dittatori e sui surplus commerciali, di Paul Krugman (New York Times, 22 agosto 2022)

 

Aug. 22, 2022

Of Dictators and Trade Surpluses

By Paul Krugman

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According to a new NBC News poll, U.S. voters now consider “threats to democracy” the most important issue facing the nation, which is both disturbing and a welcome sign that people are paying attention. It’s also worth noting that this isn’t just an American issue. Democracy is eroding worldwide; according to the latest survey from the Economist Intelligence Unit, there are now 59 fully authoritarian regimes out there, home to 37 percent of the world’s population.

Of these 59 regimes, however, only two — China and Russia — are powerful enough to pose major challenges to the international order.

The two nations are, of course, very different. China is a bona fide superpower, whose economy has by some measures overtaken the United States’. Russia is a third-rate power in economic terms, and events since Feb. 24 suggest that its military was and is weaker than most observers imagined. It does, however, have nukes.

One thing China and Russia have in common, however, is that both are currently running very large trade surpluses. Are these surpluses signs of strength? Are they evidence that autocracy works?

No, in both cases the surpluses are signs of weakness. And the current situation offers a useful corrective to the common notion — favored, among others, by Donald Trump — that a country that sells more than it buys is somehow a “winner.”

Start with Russia, whose trade surplus has ballooned since Vladimir Putin invaded Ukraine. What’s that about? The answer is that it’s largely a result of Western economic sanctions, which have been surprisingly effective — albeit not in the way many expected.

When the invasion began, there were widespread calls for an embargo on Russian exports of oil and gas. In reality, however, Russia has had little trouble maintaining its oil exports; it is selling crude at a discount, but high global prices mean that plenty of money is still coming in. And while there has been a sharp fall in Russian gas exports to Europe, this reflects the Putin regime’s efforts to put pressure on the West rather than the other way around.

What sanctions have done, instead, is undermine Russia’s ability to import, especially its ability to buy crucial industrial inputs. One example of the problem: Reports indicate that Russian airlines are grounding some of their planes to cannibalize them for spare parts they can no longer buy abroad.

So Russia’s trade surplus is actually bad news for Putin, a sign that his country is having trouble using its cash to purchase goods it needs to maintain its war effort.

China’s problem is different: Its trade surplus is a result of long-running internal problems that may, finally, be coming to a head.

Outside observers have long noticed that too little of China’s national income filters down to the public, so that consumer spending has remained weak despite rapid economic growth. Instead, the nation has maintained more or less full employment by channeling cheap credit into increasingly unproductive investment spending, above all a bloated housing market supported by ever-growing private debt.

China has managed to keep this ultimately unsustainable game running for a remarkably long time. At this point, however, China’s housing market appears to be crashing and consumer demand appears to be plunging. This is dragging down the country’s imports — which makes its trade surplus bigger. Again, a surplus can be a sign of weakness, not strength.

Two more points about China. First, its economy is also suffering from the government’s refusal to revisit a failing Covid strategy, relying on relatively ineffective domestic vaccines and a disruptive policy of draconian lockdowns to contain the pandemic.

Second, under current conditions, weak Chinese demand is, unintentionally, a boon to the rest of the world.

A dozen years ago the world economy was suffering from inadequate demand, and Chinese trade surpluses made the problem worse by sucking purchasing power away from the rest of the world. Today, however, the world economy is suffering from inadequate supply, which has led to high inflation in many countries. In this context Chinese weakness is actually good for the rest of us: Falling Chinese demand is putting a lid on the prices of oil and other commodities, reducing global inflationary pressure.

So what can we learn from dictators and their trade surpluses?

As I said, we’re getting a demonstration that exporting more than you’re importing doesn’t mean that you’re winning: In different ways both Russia’s and China’s trade surpluses represent failure rather than success.

And at a broader level, we’re seeing the trouble with dictatorships, where nobody can tell the leader when he’s wrong. Putin seems to have invaded Ukraine in part because everyone was too afraid to warn him about the limits of Russian military power; China’s Covid response has gone from role model to cautionary tale, probably because nobody dares tell Xi Jinping that his signature policies aren’t working.

So autocracy may be on the march — but not because it works better than democracy. It doesn’t.

 

Sui dittatori e sui surplus commerciali,

di Paul Krugman

 

Secondo un nuovo sondaggio di NBC News, adesso gli elettori statunitensi considerano il più importante tema di fronte alla nazione le “minacce alla democrazia”, il che è sia inquietante che un segno benvenuto del fatto che le persone stanno prestando attenzione. Merita anche di osservare che questo non è solo un problema americano. La democrazia si sta erodendo in tutto il mondo; secondo l’ultimo sondaggio dall’Unità di Intelligence dell’Economist, in questo momento ci sono in circolazione 59 regimi pienamente autoritari, nei quali risiede il 37 per cento della popolazione del mondo.

Tuttavia, di questi 59 regimi, soltanto due – la Cina e la Russia – sono sufficientemente potenti da costituire una sfida importante all’ordine internazionale.

Naturalmente, le due nazioni sono molto diverse. La Cina è una vera e propria superpotenza, la cui economia ha secondo alcune misurazioni superato quella degli Stati Uniti. La Russia in termini economici è una potenza di terza categoria, e gli eventi a partire dal 24 febbraio indicano che il suo esercito era ed è più debole di quanto si immaginavano la maggioranza degli osservatori. Però, ha le armi nucleari.

Una cosa che, tuttavia, la Russia e la Cina hanno in comune, è che entrambe stanno gestendo surplus commerciali molto ampi. E l’attuale situazione fornisce una utile correzione al giudizio diffuso – favorito, tra gli altri, da Donald Trump – secondo il quale un paese che vende di più di quello che acquista sarebbe in qualche modo “vincente”.

Cominciamo dalla Russia,  il cui surplus commerciale è cresciuto a vista d’occhio dal momento che Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina. Da cosa è dipeso? La risposta è che esso in gran parte è il risultato della sanzioni economiche occidentali, che sono state sorprendentemente efficaci – sebbene non nel modo che si aspettavano molti.

Quando cominciò l’invasione, cu furono richieste generali di embargo sulle esportazioni russe di petrolio e di gas. Tuttavia, in realtà, la Russia ha avuto poche difficoltà a mantenere le sue esportazioni di petrolio; essa sta vendendo il greggio scontato, ma gli elevati prezzi globali comportano che sia ancora disponibile una gran quantità di denaro. E se c’è stato un brusco calo delle esportazioni di gas in Europa,  questo riflette gli sforzi del regime d Putin di mettere pressione sull’Occidente, piuttosto che l’opposto.

Quello che le sanzioni hanno prodotto, invece, è stato mettere in crisi la capacità di importare della Russia, particolarmente la capacità di acquistare fondamentali apporti industriali. Un esempio del problema: i resoconti indicano che le compagnie aeree russe stanno mettendo a terra alcuni dei loro aeroplani per riutilizzare componenti di scorta che non possono più acquistare all’estero. Dunque, il surplus commerciale della Russia è in effetti una cattiva notizia per Putin, un segno che il suo paese  in difficoltà nell’utilizzare il proprio contante per acquistare prodotti di cui ha bisogno per sostenere il suo sforzo di guerra.

Il problema della Cina è diverso: il suo surplus commerciale è la conseguenza di problemi interni di lunga durata che forse, finalmente, stanno venendo ad un esito.

Osservatori esterni hanno da tempo notato che troppo poco del reddito nazionale filtra verso la popolazione, cosicché la spesa per i consumi è rimasta debole nonostante la rapida crescita economica. La nazione ha piuttosto mantenuto una occupazione più o meno piena incanalando credito conveniente verso spese di investimento sempre più improduttive, soprattutto un mercato immobiliare cresciuto a dismisura, sostenuto da un debito privato in continua crescita.

La Cina è riuscita a mantenere questa in ultima analisi insostenibile competizione gestendola per un tempo considerevolmente lungo. A questo punto, tuttavia, il mercato immobiliare cinese sembra stia crollando e la domanda dei consumatori sembra essere in calo. Questo abbassa le importazioni del paese – il che rende il suo surplus commerciale maggiore. Ancora una volta, un surplus commerciale può essere un segno di debolezza, non di forza.

Due altri aspetti sulla Cina. Il primo, la sua economia sta anche soffrendo per il rifiuto del Governo di rivedere una strategia fallimentare sul Covid, basandosi su relativamente inefficaci vaccini nazionali e su una politica eccezionale di blocchi draconiani per contenere la pandemia.

Il secondo, nella attuali condizioni, la debole domanda cinese è, contro ogni intenzione, una manna per il resto del mondo.

Una dozzina di anni fa l’economia mondiale stava soffrendo per una domanda inadeguata, ed i surplus commerciali cinesi aggravavano il problema risucchiando potere d’acquisto dal resto del mondo. Oggi, tuttavia, l’economia mondiale sta soffrendo per una offerta inadeguata, che ha portato in molti paesi alla elevata inflazione. In questo contesto la debolezza cinese è effettivamente positiva per tutti noi: la domanda cinese in calo sta mettendo un tetto al prezzo del petrolio e di altre materie prime, riducendo la spinta inflazionistica globale.

Dunque, cosa impariamo dai dittatori e dai loro surplus commerciali?

Come ho detto, stiamo avendo una dimostrazione che esportare di più di quello che si importa non significa essere vincenti: in modi diversi i surplus commerciali sia della Russia che della Cina rappresentano un fallimento anziché un successo.

E ad un livello più generale, stiamo constatando il guaio per le dittature, dove nessuno può dire al leader quando egli sbaglia. Putin sembra aver invaso l’Ucraina in parte perché avevano tutti paura di metterlo in guardia sui limiti della potenza militare russa; la risposta della Cina al Covid è passata dall’essere un modello a divenire un ammonimento, perché probabilmente nessuno osa dire a Xi Jinping che le sue politiche più distintive non stanno funzionando.

Dunque, può darsi che l’autocrazia sia in marcia – ma non perché funziona meglio della democrazia. Non è quello che sta accadendo.

 

 

 

 

 

 

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