Articoli sul NYT

La Grande abdicazione (New York Times 24 giugno 2012)

 

The Great Abdication

By PAUL KRUGMAN
Published: June 24, 2012

Among economists who know their history, the mere mention of certain years evokes shivers. For example, three years ago Christina Romer, then the head of President Obama’s Council of Economic Advisers, warned politicians not to re-enact 1937 — the year F.D.R. shifted, far too soon, from fiscal stimulus to austerity, plunging the recovering economy back into recession. Unfortunately, this advice was ignored.

 

But now I’m hearing more and more about an even more fateful year. Suddenly normally calm economists are talking about 1931, the year everything fell apart.

It started with a banking crisis in a small European country (Austria). Austria tried to step in with a bank rescue — but the spiraling cost of the rescue put the government’s own solvency in doubt. Austria’s troubles shouldn’t have been big enough to have large effects on the world economy, but in practice they created a panic that spread around the world. Sound familiar?

The really crucial lesson of 1931, however, was about the dangers of policy abdication. Stronger European governments could have helped Austria manage its problems. Central banks, notably the Bank of France and the Federal Reserve, could have done much more to limit the damage. But nobody with the power to contain the crisis stepped up to the plate; everyone who could and should have acted declared that it was someone else’s responsibility.

And it’s happening again, both in Europe and in America.

 

 

Consider first how European leaders have been handling the banking crisis in Spain. (Forget about Greece, which is pretty much a lost cause; Spain is where the fate of Europe will be decided.) Like Austria in 1931, Spain has troubled banks that desperately need more capital, but the Spanish government now, like Austria’s government then, faces questions about its own solvency.

 

So what should European leaders — who have an overwhelming interest in containing the Spanish crisis — do? It seems obvious that European creditor nations need, one way or another, to assume some of the financial risks facing Spanish banks. No, Germany won’t like it — but with the very survival of the euro at stake, a bit of financial risk should be a small consideration.

 

But no. Europe’s “solution” was to lend money to the Spanish government, and tell that government to bail out its own banks. It took financial markets no time at all to figure out that this solved nothing, that it just put Spain’s government more deeply in debt. And the European crisis is now deeper than ever.

Yet let’s not ridicule the Europeans, since many of our own policy makers are acting just as irresponsibly. And I’m not just talking about Congressional Republicans, who often seem as if they are deliberately trying to sabotage the economy.

 

 

Let’s talk instead about the Federal Reserve. The Fed has a so-called dual mandate: it’s supposed to seek both price stability and full employment. And last week the Fed released its latest set of economic projections, showing that it expects to fail on both parts of its mandate, with inflation below target and unemployment far above target for years to come.

This is a terrible prospect, and the Fed knows it. Ben Bernanke, the Fed’s chairman, has warned in particular about the damage being done to America by the unprecedented level of long-term unemployment.

So what does the Fed propose doing about the situation? Almost nothing. True, last week the Fed announced some actions that would supposedly boost the economy. But I think it’s fair to say that everyone at all familiar with the situation regards these actions as pathetically inadequate — the bare minimum the Fed could do to deflect accusations that it is doing nothing at all.

 

Why won’t the Fed act? My guess is that it’s intimidated by those Congressional Republicans, that it’s afraid to do anything that might be seen as providing political aid to President Obama, that is, anything that might help the economy. Maybe there’s some other explanation, but the fact is that the Fed, like the European Central Bank, like the U.S. Congress, like the government of Germany, has decided that avoiding economic disaster is somebody else’s responsibility.

None of this should be happening. As in 1931, Western nations have the resources they need to avoid catastrophe, and indeed to restore prosperity — and we have the added advantage of knowing much more than our great-grandparents did about how depressions happen and how to end them. But knowledge and resources do no good if those who possess them refuse to use them.

 

And that’s what seems to be happening. The fundamentals of the world economy aren’t, in themselves, all that scary; it’s the almost universal abdication of responsibility that fills me, and many other economists, with a growing sense of dread.

 

La Grande abdicazione, di Paul Krugman

New York Times 24 giugno 2012

 

Tra gli economisti che conoscono la loro storia, la sola menzione di certi anni provoca brividi. Ad esempio, tre anni orsono Christina Romer, allora a capo del Consiglio dei consulenti economici del Presidente Obama, ammonì i politici a non ripetere il 1937 – l’anno i cui Roosevelt si spostò, sin troppo presto, da una politica di sostegno ad una politica di austerità, spingendo alla recessione un’economia che si stava riprendendo. Sfortunatamente, il suo ammonimento fu ignorato.

Ma ora sento sempre più spesso parlare di un anno ancora più fatale. All’improvviso, economisti normalmente calmi hanno preso a parlare del 1931, l’anno in cui andò tutto in frantumi.

Cominciò con una crisi bancaria di un piccolo paese (l’Austria). L’Austria cercò di intervenire con un salvataggio di banche – ma la crescita vertiginosa del costo del salvataggio mise in dubbio la stessa solvibilità dello stato. I guai dell’Austria non avrebbero dovuto avere dimensioni tali da provocare effetti sull’economia mondiale, eppure in pratica crearono un panico che si diffuse nel mondo. Vi ricorda qualcosa?

La vera lezione cruciale del 1931, tuttavia, riguardò i pericoli di abdicazione della politica. Governi europei più forti avrebbero potuto aiutare l’Austria a gestire i propri problemi. Banche centrali, in particolare la Banca di Francia e la Federal Reserve, avrebbero potuto fare di più per contenere i danni. Ma nessuno tra coloro che avevano il potere di contenere la crisi mise i piedi nel piatto; tutti coloro che potevano e dovevano agire dichiararono che la responsabilità era di qualcun altro.

E sta accadendo ancora, sia in Europa che in America.

Si consideri anzitutto come i dirigenti europei stanno gestendo la crisi bancaria in Spagna (lascio perdere la Grecia, che è praticamente una causa persa; è la Spagna il luogo nel quale si decide il destino dell’Europa). Come l’Austria del 1931, la Spagna ha banche in difficoltà che hanno un bisogno disperato di maggiori capitali, ma in questo momento lo Stato spagnolo, come allora quello austriaco, si trova di fronte a interrogativi sulla sua stessa solvibilità.

Cosa dovrebbero dunque fare i dirigenti europei, che hanno un interesse assoluto a contenere la crisi spagnola? Sembra evidente che le nazioni creditrici europee debbano, in un modo o nell’altro, assumersi alcuni dei rischi finanziari che incombono sulle banche spagnole. Ma no, questo alla Germania non farà piacere – sennonché dinanzi al problema della vera e propria sopravvivenza dell’euro, un po’ di rischio finanziario dovrebbe essere una considerazione modesta.

Non è così. La “soluzione” europea è stata quella di dare in prestito soldi allo Stato spagnolo, dicendo a quel governo di mettere in salvo le proprie banche. Non c’è voluto un attimo ai mercati finanziari per immaginarsi che questo non aveva risolto nulla, che aveva soltanto indebitato più profondamente lo Stato spagnolo. E la crisi europea è oggi più grave che mai.

Tuttavia, non siamo certo noi che possiamo ridicolizzare gli europei, dal momento che i nostri stessi uomini politici agiscono con la medesima irresponsabilità. E non sto solo parlando dei congressisti repubblicani, che spesso sembra come se cercassero deliberatamente di sabotare l’economia.

Vogliamo invece parlare della Federal Reserve. La Fed ha un cosiddetto duplice mandato: si suppone he essa si proponga sia la stabilità dei prezzi che la piena occupazione. E la scorsa settimana la Fed ha rilasciato l’ultima serie delle sue previsioni economiche, mostrando di attendersi di venir meno a entrambi gli aspetti del suo mandato, con una inflazione al di sotto dell’obbiettivo programmato ed una disoccupazione molto al di sopra di esso, per gli anni avvenire.

Si tratta di una prospettiva terribile, e la Fed lo sa. Ben Bernanke, il Presidente della Fed, ha in particolare messo in guardia sul danno che un livello di disoccupazione di lungo periodo senza precedenti [1]sta provocando all’America.

Dunque, cosa propone di fare la Fed per questa situazione? Quasi niente. E’ vero, la scorsa settimana la Fed ha annunciato alcune iniziative che si suppone incoraggino l’economia. Ma penso sia corretto dire che praticamente tutti coloro che hanno dimestichezza con la situazione considerino queste azioni pateticamente inadeguate – lo stretto necessario per la Fed per scansare l’accusa di non far niente.

Perché la Fed non agirà? La mia impressione è che essa sia intimidita da quei congressisti repubblicani, che abbia paura di fare qualsiasi cosa che possa essere considerato come un aiuto politico al Presidente Obama, vale a dire qualsiasi cosa che possa essere di sostegno all’economia. Può darsi ci siano altre spiegazioni, ma il punto è che la Fed, come la Banca Centrale Europea, come il Congresso degli Stati Uniti, come il Governo tedesco, hanno deciso che evitare il disastro economico sia responsabilità di qualcun altro.

Non dovrebbe accadere niente del genere. Come nel 1931, le nazioni dell’Occidente hanno le risorse che occorrono per evitare la catastrofe e per rispristinare una vera e propria situazione di prosperità – ed abbiamo il vantaggio aggiuntivo di conoscere molto di più di quello che conoscevano i nostri bisnonni su come si manifestano le depressioni e su come interromperle. Ma conoscenze e risorse non fanno niente di buono se chi le possiede si rifiuta di usarle.

E questo è quanto sembra stia accadendo. I fondamentali dell’economia mondiale non sono, in se stessi, affatto allarmanti; è la quasi universale abdicazione dalla responsabilità che mi riempie, assieme a molti altri economisti, di un crescente senso di paura.



[1] Il riferimento non è impreciso o esagerato, ma puntuale. I dati americani sulla disoccupazione distinguono normalmente i suoi livelli assoluti e relativi e la sua durata, ovvero il periodo medio di tempo che i disoccupati  trascorrono alla ricerca di un nuovo posto di lavoro. Quest’ultimo dato, oggi, è persino peggiore di quello della Grande Depressione. Del resto, un altro dato sorprendente non molto noto è che la durata di una situazione recessiva è, già oggi, superiore a quella degli anni Trenta, in un paese come la Gran Bretagna (NDT).

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"