Blog di Krugman

Cipro, seriamente (26 marzo 2013)

 

March 26, 2013, 4:42 pm

Cyprus, Seriously

A correspondent whom I respect has (gently) challenged me to say plainly what I think Cyprus should do — leaving aside all questions about political realism. And he’s right: while I think it’s OK to spend most of my time on this blog working within the limits of the politically possible, and relying on a combination of reason and ridicule to push out those limits over time, once in a while I should just flatly state what I would do if given a chance.

 

So here it is: yes, Cyprus should leave the euro. Now.

The reason is straightforward: staying in the euro means an incredibly severe depression, which will last for many years while Cyprus tries to build a new export sector. Leaving the euro, and letting the new currency fall sharply, would greatly accelerate that rebuilding.

 

If you look at Cyprus’s trade profile, you see just how much damage the country is about to sustain. This is a highly open economy with just two major exports, banking services and tourism — and one of them just disappeared. This would lead to a severe slump on its own. On top of that, the troika is demanding major new austerity, even though the country supposedly has rough primary (non-interest) budget balance. I wouldn’t be surprised to see a 20 percent fall in real GDP.

 

What’s the path forward? Cyprus needs to have a tourist boom, plus a rapid growth of other exports — my guess would be agriculture as a driver, although I don’t know much about it. The obvious way to get there is through a large devaluation; yes, in the end this probably does come down to cheap deals that attract lots of British package tours.

Getting to the same point by cutting nominal wages would take much longer and inflict much more human and economic damage.

But is it even possible to leave the euro? The Eichengreen point — that even a hint of exit would cause panicked capital flight and bank runs — is now moot: the banks are closed, and capital is controlled. So if I were dictator, I’d just extend the bank holiday long enough to prepare for the new currency.

 

OK, what about the bank notes? I’m no kind of expert in such matters, but I’ve heard suggestions to the effect that it might be possible to rush debit cards into circulation, so that business could resume without having to wait for someone to run the printing presses. The government might also be able to issue temporary scrip, IOUs that don’t look like proper bank notes, as a transitional measure.

Yes, it all sounds kind of desperate and improvised. But desperation is appropriate! Otherwise, we’re talking about Greek-level austerity or worse in an economy whose fundamentals, thanks to the implosion of offshore banking, are much worse than Greece’s ever were.

My guess is that none of this will happen, at least not right away, that the country’s leadership will fear the leap into the unknown that would come from euro exit despite the obvious horror of trying to stay in. But as I said, I think euro exit is now the right thing to do.

 

Cipro, seriamente

 

Un corrispondente verso il quale ho stima mi ha sfidato gentilmente a dire in modo ordinato cosa io penso che Cipro dovrebbe fare – lasciando da parte tutti gli interrogativi sul realismo politico. Ed ha ragione: mentre penso che sia giusto spendere gran parte del mio tempo su questo blog lavorando nei limiti di ciò che è politicamente possibile, ed affidandomi ad una combinazione di ragione e  di ironia per andare oltre quei limiti nel corso del tempo, una volta ogni tanto dovrei proprio esprimere in modo chiaro che cosa farei se ne avessi la possibilità.

Dunque, ecco il punto: si, Cipro dovrebbe lasciare l’euro. Adesso.

La ragione è semplice: stare nell’euro significa una depressione incredibilmente severa, che durerà per molti anni nel mentre Cipro cercherà di costruire un nuovo settore di esportazione. Lasciare l’euro, e fare in modo che la nuova valuta si svaluti bruscamente, accelererebbe grandemente quella ricostruzione.

Se si guarda al profilo del commercio cipriota, si vede esattamente quanto sia grande il danno che Cipro deve essere pronta a sostenere. Questa è un’economia molto aperta con soltanto due importanti attività di esportazione, i servizi bancari ed il turismo – ed uno di essi è appena scomparso. Questo porterebbe per suo conto ad una grave depressione. Per giunta, la troika sta chiedendo una considerevole nuova austerità, nonostante che il paese si ritiene abbia un avanzo primario di amministrazione (al netto degli interessi).

Qual è la via d’uscita? Cipro ha bisogno di un boom turistico, in aggiunta ad una crescita rapida di altre esportazioni – penso che l’agricoltura potrebbe funzionare come elemento guida, sebbene non ne sappia molto. Il modo logico per ottenerlo consiste in una ampia svalutazione; è così, alla fine è in questo modo che probabilmente si previene ad affari convenienti, capaci di attrarre grandi quantità di pacchetti turistici britannici.

Arrivare allo stesso punto tagliando i salari nominali comporterebbe molto più tempo e provocherebbe un danno umano ed economico assai maggiore.

Ma è ancora possibile lasciare l’euro? L’argomento di Eichengreen – secondo il quale anche solo un cenno di uscita provocherebbe il panico di fughe di capitali e di corse agli sportelli bancari – in questo momento è discutibile: le banche sono chiuse e i capitali sono sotto controllo. Dunque, se fossi  dittatore, io prolungherei davvero il periodo di ferie del sistema bancario per il tempo necessario a preparare una nuova valuta.

Va bene, ma cosa fare con le banconote? Non sono proprio un esperto di faccende del genere, ma ho ascoltato suggerimenti per renderlo possibile lanciando in circolazione carte di debito, in modo tale che gli affari potrebbero ripartire senza che tutti debbano aspettare di mettere in movimento le presse tipografiche. Lo Stato potrebbe anche mettersi nelle condizioni di emettere certificati provvisori, piccole cambiali che non assomigliano a vere e proprie banconote, come misura di transizione.

E’ vero, tutto ciò assomiglia a qualcosa di disperato ed improvvisato. Ma siamo proprio al caso della disperazione! In altro modo, stiamo parlando di una austerità di livello greco o peggio in una economia i cui fondamentali, grazie al collasso del sistema bancario oltreconfine, sono molto peggiori di quello che non sono mai stati in Grecia.

La mia opinione è che non accadrà niente del genere, che i dirigenti di quel paese avranno paura di fare quel salto nell’ignoto che deriverebbe dall’uscire dall’euro, nonostante l’evidente orrore del restarci. Ma, come ho detto, penso che in questo momento l’uscita dall’euro sia la cosa giusta da fare.

 

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