Blog di Krugman

Il prezzo è sbagliato (30 marzo 2013)

 

March 30, 2013, 11:02 am

The Price Is Wrong

But which price — that is the question.

It’s a slow morning on the economic news front, as we wait for various euro shoes to drop, so I thought I’d share a meditation I’ve been having on the diagnosis and misdiagnosis of the Lesser Depression. It’s not really different from what I’ve been saying all along, but maybe coming at it from a different angle is somewhat enlightening.

So, start with our big problem, which is mass unemployment. Basic supply and demand analysis says that things like that aren’t supposed to happen: prices are supposed to rise or fall to clear markets. So what’s with this apparent massive and persistent excess supply of labor?

 

In general, market disequilibrium is a sign of prices out of whack; and most people commenting on our mess accept the notion that one or more prices are for some reason not adjusting. The big divide comes over the question of which price is wrong.

 

As I see it, the whole structural/classical/Austrian/supply-side/whatever side of this debate basically believes that the problem lies in the labor market. (I know, the Austrians will deny it — but it doesn’t matter what you say about their position, any comprehensible statement leads to angry claims that you don’t understand their depths). For some reason, they would argue, wages are too high given the demand for labor. Some of them accept the notion that it’s because of downward nominal wage rigidity; more, I think, believe that workers are being encouraged to hold out for unsustainable wages by moocher-friendly programs like food stamps, unemployment benefits, disability insurance, and whatever.

 

As regular readers know, I find this prima facie absurd — it’s essentially the claim that soup kitchens caused the Great Depression. But let’s stick with the economic logic for now.

 

So what’s the alternative view? It’s basically the notion that the interest rate is wrong — that given the overhang of debt and other factors depressing private demand, real interest rates would have to be deeply negative to match desired saving with desired investment at full employment. And real rates can’t go that negative because expected inflation is low and nominal rates can’t go below zero: we’re in a liquidity trap.

There are strong policy implications of these two views. If you think the problem is that wages are too high, your solution is that we need to meaner to workers — cut off their unemployment insurance, make them hungry by cutting off food stamps, so they have no alternative to do whatever it takes to get jobs, and wages fall. If you think the problem is the zero lower bound on interest rates, you think that this kind of solution wouldn’t just be cruel, it would make the economy worse, both because cutting workers’ incomes would reduce demand and because deflation would increase the burden of debt.

 

What my side of the debate would call for, instead, is a reduction in the real interest rate, if possible, by raising expected inflation; and failing that, more government spending to increase demand and put idle resources to work.

 

 

So how can you tell which side is right? Well, these differing views make differing predictions. If you believe that the problem is excessive wages, you believe that the economy is fundamentally suffering from a supply-side constraint. In that case government borrowing is competing with the private sector for a limited quantity of resources, so big budget deficits should lead to soaring interest rates; meanwhile, because the supply of goods is limited, large increases in the money supply should lead to soaring inflation. Oh, and cuts in government spending should, if anything, be expansionary, because they both release resources to the private sector and make life tougher for workers who try to live on public benefits.

 

If, on the other hand, you believe that the problem lies in a shortfall of demand due to the zero lower bound, you believe that government borrowing needn’t drive up rates, because it puts unemployed resources to work; that monetary expansion won’t be inflationary, because the money will just sit there; and that fiscal austerity will be strongly contractionary.

I leave the adjudication of these competing claims as an exercise for readers.

Oh, and one more thing: no, you can’t say “Well, there may be truth to both views”. Either the economy is supply-constrained or it’s demand-constrained. Of course even the most ardent demand-siders will admit that there are supply constraints in there somewhere, that if we had an economic boom we would, after some period of time, enter a regime where printing money is inflationary and government borrowing drive up interest rates. But not here, not now.

So yes, the price is wrong — but it’s a terrible, disastrous mistake to focus on the wrong wrong price.

 

Il prezzo è sbagliato

 

Ma quale prezzo ?– quello è il problema.

In  una mattina fiacca sul fronte delle notizie economiche, nel mentre aspettiamo quale altra disgrazia l’euro ci riservi, ho pensato di condividere una riflessione che ho in corso sulle diagnosi giuste e sbagliate sulla Depressione Minore. Non è sostanzialmente diverso da quello che vengo dicendo da tempo, ma forse, provenendo da una differente angolazione, è in qualche modo illuminante.

Dunque, cominciamo dalla disoccupazione di massa, che è il nostro grande problema. L’analisi fondamentale dell’offerta e della domanda dice che cose del genere non dovrebbero accadere: si suppone che i prezzi aumentino o diminuiscano in modo da fare ordine sui mercati. Dunque, che cosa è questo apparentemente massiccio e persistente eccesso di offerta di forza lavoro?

In generale, lo squilibrio dei mercati è il segno che i prezzi sono scombussolati; ed i commenti di gran parte delle persone sul disastro che abbiamo in corso fanno propria l’idea che uno o più prezzi per qualche ragione non si stiano adeguando. La grande divisione nasce sulla domanda di quale sia il prezzo sbagliato.

Per come la vedo io l’intero schieramento strutturale/classico/Austriaco/dal lato dell’offerta/o come lo si voglia chiamare [1], in questo dibattito, fondamentalmente ritiene che il problema consista nel mercato del lavoro (lo so, gli Austriaci lo negheranno – ma non conta quello che dite della loro posizione,  ogni intellegibile giudizio è esposto alla irata recriminazione secondo la quale non capite la profondità dei loro pensieri). Per qualche ragione, essi sosterrebbero che i salari sono troppo alti, data la domanda di forza lavoro. Alcuni di loro accettano l’idea che questo dipenda dalla rigidità verso il basso dei salari nominali; i più, credo, pensano che i lavoratori vengano incoraggiati a resistere su salari insostenibili per i programmi favorevoli agli scrocconi, quali gli aiuti alimentari, i sussidi di disoccupazione, l’assicurazione dei disabili, ed altro ancora.

Come i lettori affezionati sanno, io considero, di primo acchito, tutto questo assurdo – essa è essenzialmente la pretesa secondo la quale  le mense dei poveri provocarono la Grande Depressione. Ma per il momento atteniamoci alla logica economica.

Qual è, dunque, il punto di vista alternativo? Fondamentalmente è l’idea che il tasso di interesse sia fuori posto – che data l’esposizione debitoria e gli altri fattori che deprimono la domanda privata, i tassi di interesse reali dovrebbero essere marcatamente negativi per tenere in equilibrio i risparmi attesi con gli investimenti attesi in condizioni di piena occupazione. Ed i tassi di interesse reali non possono essere talmente negativi perché l’inflazione prevista è bassa ed i tassi nominali non possono scendere sotto lo zero [2]: siamo in una trappola di liquidità.

Ci sono forti implicazioni politiche in questi due punti di vista. Se pensate che il problema siano i salari troppo alti, la vostra soluzione è che si deve essere più taccagni coi lavoratori – tagliare la loro assicurazione di disoccupazione, affamarli con il taglio degli aiuti alimentari, in modo che non abbiano alternative a fare tutto quello che serve per avere un posto di lavoro, ed i salari diminuiscono. Se pensate che il problema sia il limite inferiore di zero sui tassi di interesse, pensate che soluzioni di quel genere non solo sarebbero crudeli, ma danneggerebbero ulteriormente l’economia, sia perché tagliando i redditi dei lavoratori si ridurrebbe la domanda, sia perché la deflazione aumenterebbe il peso del debito.

Quello che il mio schieramento nella discussione invece vorrebbe è una riduzione del tasso di interesse reale, se possibile, innalzando l’inflazione attesa [3]; e, in mancanza di ciò, più spesa pubblica per incrementare la domanda e mettere in funzione risorse inutilizzate.

In che modo, dunque, si può capire quale schieramento abbia ragione? Ebbene, questi differenti punti di vista comportano differenti previsioni. Se credete che il problema siano i salari eccessivi, credete che l’economia stia soffrendo di una limitazione sul lato della offerta. In quel caso l’indebitamento pubblico è in competizione con il settore privato per una limitata quantità di risorse, dunque grandi deficit di bilancio dovrebbero portare ad un forte innalzamento dei tassi di interesse; nel frattempo, poiché l’offerta di beni è limitata, grandi incrementi nell’offerta di moneta dovrebbero portare ad una forte crescita dell’inflazione. Inoltre, i tagli nella spesa pubblica dovrebbero, semmai, avere effetti espansivi, giacché essi rilasciano risorse al settore privato e rendono la vita più dura  per i lavoratori che cercano di vivere di sussidi pubblici.

Se, d’altra parte, credete che il problema consista in una caduta della domanda dovuta al limite inferiore di zero, credete che l’indebitamento dello Stato non comporti una crescita dei tassi, giacché mette in funzione risorse inutilizzate; che l’espansione monetaria non sarà inflazionistica, perché il denaro resterà fermo al suo posto; e che l’austerità della finanza pubblica avrà effetti di forte contrazione.

Lascio come esercizio ai lettori un giudizio su queste tesi a confronto.

Infine, una cosa ancora: no, non potete dire “Bene, ci potrebbe essere della verità in entrambi i punti di vista”. L’economia o è dal lato dell’offerta o dal lato della domanda. Naturalmente, persino il più acceso sostenitore della tesi dal lato della domanda ammetterà che ci sono da qualche parte condizionamenti dell’offerta, che se avessimo un boom economico, dopo un certo periodo di tempo, entreremmo in un regime nel quale stampare moneta è inflazionistico e il debito pubblico spinge in alto i tassi di interesse. Ma non qua, non adesso.

Dunque, il prezzo è sbagliato – ma è un errore terribile e disastroso concentrarsi proprio sul prezzo non giusto.



[1] Ovvero, gli economisti conservatori, per semplificare. A proposito di “Austriaci” vedi le note finali sulla traduzione.

[2] Per il concetto di “limite inferiore di zero” (”zero lower bound”( vedi le note finali sulla traduzione.

[3] Ovvero, tramite una politica monetaria che abbia un target di inflazione anche nel lungo periodo più elevato di quello che normalmente è considerato normale, in modo che gli investitori percepiscano una volontà della banca centrale a mantenere più elevata l’inflazione anche nel periodo più lungo.

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