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Lezioni da una riscossa (New York Times 31 marzo 2013)

 

Lessons From a Comeback

By PAUL KRUGMAN

Published: March 31, 2013

Modern movement conservatism, which transformed the G.O.P. from the moderate party of Dwight Eisenhower into the radical right-wing organization we see today, was largely born in California. The Golden State, even more than the South, created today’s religious conservatism; it elected Ronald Reagan governor; it’s where the tax revolt of the 1970s began. But that was then. In the decades since, the state has grown ever more liberal, thanks in large part to an ever-growing nonwhite share of the electorate.

As a result, the reign of the Governator aside, California has been solidly Democratic since the late 1990s. And ever since the political balance shifted, conservatives have declared the state doomed. Their specifics keep changing, but the moral is always the same: liberal do-gooders are bringing California to its knees.

A dozen years ago, the state was supposedly doomed by all its environmentalists. You see, the eco-freaks were blocking power plants, and the result was crippling blackouts and soaring power prices. “The country’s showcase state,” gloated The Wall Street Journal, “has come to look like a hapless banana republic.”

 

 

But a funny thing happened on the road to collapse: it turned out that the main culprit in the electricity crisis was deregulation, which opened the door for ruthless market manipulation. When the market manipulation went away, so did the blackouts.

 

Undeterred, a few years later conservatives found another line of attack. This time they said that liberal big spending and overpaid public employees were bringing on collapse.

And the state has indeed spent the past few years facing a severe fiscal crunch. When the national housing bubble burst, California was hit especially hard, and the combined effects of the plunge in home prices and the economic downturn led to sharply reduced revenue. Once more there were gleeful pronouncements of imminent doom: California, declared one pundit after another, is America’s Greece.

 

Again, however, reports of the state’s demise proved premature. Unemployment in California remains high, but it’s coming down — and there’s a projected budget surplus, in part because the implosion of the state’s Republican Party finally gave Democrats a big enough political advantage to push through some desperately needed tax increases. Far from presiding over a Greek-style crisis, Gov. Jerry Brown is proclaiming a comeback.

 

Needless to say, the usual suspects are still predicting doom — this time from the very tax hikes that are closing the budget gap, which they say will cause millionaires and businesses to flee the state. Well, maybe — but serious studies have found very little evidence either that tax hikes cause lots of wealthy people to move or that state taxes have any significant impact on growth.

 

 So what do we learn from this history of doom deferred?

 

I’m not suggesting everything in California is just fine. Unemployment — especially long-term unemployment — remains very high. California’s longer-term economic growth has slowed, too, mainly because the state’s limited supply of buildable land means high housing prices, bringing an era of rapid population growth to an end. (Did you know that metropolitan Los Angeles has a higher population density than metropolitan New York?) Last but not least, decades of political paralysis have degraded the state’s once-superb public education system. So there are plenty of problems.

The point, however, is that these problems bear no resemblance to the death-by-liberalism story line the California-bashers keep peddling. California isn’t a state in which liberals have run wild; it’s a state where a liberal majority has been effectively hamstrung by a fanatical conservative minority that, thanks to supermajority rules, has been able to block effective policy-making.

And that’s where things get really interesting — because the era of hamstrung government seems to be coming to an end. Over the years, California’s Republicans moved right as the state moved left, yet retained political relevance thanks to their blocking power. But at this point the state’s G.O.P. has fallen below critical mass, losing even its power to obstruct — and this has left Mr. Brown free to push an agenda of tax hikes and infrastructure spending that sounds remarkably like the kind of thing California used to do before the rise of the radical right.

 

 

 

And if this agenda is successful, it will have national implications. After all, California’s political story — in which a radicalized G.O.P. fell increasingly out of touch with an increasingly diverse and socially liberal electorate, and eventually found itself marginalized — is arguably playing out with a lag on the national scene too.

So is California still the place where the future happens first? Stay tuned.

 

Lezioni da una riscossa, di Paul Krugman

New York Times 31 marzo 2013

 

Il moderno movimento conservatore, che ha trasformato il Partito Repubblicano dalla forza politica moderata di Dwight Eisenhower alla organizzazione radicale di destra di oggi, nacque in gran parte in California. Lo Stato della “corsa all’oro”, persino maggiormente che il Sud, ha creato il conservatorismo religioso di questi tempi; esso elesse Ronald Reagan Governatore; fu lì che ebbe inizio la rivolta fiscale degli anni ’70. Da allora, nel corso di decenni, lo Stato è diventato sempre più liberal, in gran parte grazie ad un quota sempre crescente di elettorato non bianco. Come conseguenza, a parte il regno di Governator [1], a partire dagli ultimi anni ’90 la California è stata solidamente democratica. E da quando si spostò l’equilibrio politico, i conservatori dichiararono lo Stato condannato. Le forme specifiche continuano a cambiare, ma la morale è sempre la stessa: i liberal ‘che vogliono cambiare il mondo’ stanno mettendo la California in ginocchio.

Una dozzina di anni orsono, si supponeva che lo Stato fosse condannato per effetto di tutti i suoi ambientalisti. Sapete, gli ambientalisti stravaganti stavano bloccando gli impianti di produzione elettrica, ed il risultato erano paralizzanti blackout e i prezzi dell’energia che salivano alle stelle. “Lo Stato-vetrina del paese”, gongolava The Wall Street Journal, “è finito con l’assomigliare ad una sventurata repubblica delle banane”.

Ma, sulla via del collasso, accadde una cosa curiosa: si scoprì che il principale colpevole della crisi dell’elettricità era la deregolamentazione, che aveva aperta la porta alla manipolazione senza scrupoli del mercato. Quando finì la manipolazione del mercato, finirono i blackout.

Imperterriti, pochi anni dopo i conservatori trovarono un’altra linea di attacco. Questa volta dissero che le grandi spese pubbliche dei liberal e gli impiegati pubblici  superpagati stavano portando al collasso.

Ed in effetti, lo Stato ha trascorso gli ultimi anni fronteggiando un duro momento critico delle finanze pubbliche. Quando scoppiò la bolla immobiliare nazionale, la California fu colpita in modo particolarmente duro, e gli effetti combinati della caduta dei prezzi delle case e della crisi economica portarono bruscamente ad una riduzione delle entrate. Ancora una volta ci furono annunci gioiosi di una imminente rovina: la California, dichiarò un commentatore dietro l’altro, era la Grecia dell’America.

Una volta ancora, tuttavia, le notizie sul fallimento dello Stato si mostrarono premature. La disoccupazione in California resta elevata, ma sta scendendo – ed è previsto un avanzo di amministrazione, in parte perché il collasso del Partito Repubblicano dello Stato ha finalmente dato ai Democratici una vantaggio politico abbastanza grande per far approvare alcuni aumenti delle tasse disperatamente necessari. Lungi dal governare una crisi di tipo greco, il Governatore Jerry Brown [2]sta proclamando una riscossa. 

I soliti sospetti, non è il caso di dirlo, prevedono anche stavolta una disfatta – in questo caso proprio per gli aumenti della tasse che stanno chiudendo il deficit del bilancio, che secondo loro provocheranno la fuga dallo Stato dei miliardari e delle imprese. Ebbene, è possibile – ma studi seri hanno trovato conferme molto esili che quegli aumenti fiscali stiano provocando spostamenti tra i benestanti o che le tasse statali abbiano un qualche significativo effetto sulla crescita.

Dunque, qual è la lezione di questa rovina rinviata?

Non sto suggerendo che tutto in California sia esattamente a posto. La disoccupazione – specialmente quella a lungo termine – resta assai elevata. Anche la crescita economica della California nel lungo periodo è rallentata, principalmente perché la limitata offerta di terreni edificabili comporta alti prezzi delle abitazioni, portando ad esaurirsi un’epoca di rapida crescita della popolazione (sapete che la densità della popolazione nell’area metropolitana di Los Angeles è più elevata di quella di New York?). Da ultimo, ma non meno importante, decenni di paralisi politica hanno portato al degrado il sistema educativo pubblico, un tempo eccellente. Dunque, i problemi sono tanti.

Il punto, tuttavia, è che questi problemi non assomigliano affatto a quel racconto di una fine provocata dal progressismo che i fustigatori della California avevano messo in circolazione. La California non è uno Stato nel quale i liberals hanno sgovernato; è uno Stato nel quale una maggioranza progressista è stata sostanzialmente impedita da una fanatica minoranza conservatrice che, grazie alle regole delle maggioranze assolute [3], è stata capace di bloccare una efficace operatività politica.

Ed è lì che le cose diventano per davvero interessanti – perché l’epoca dei Governi zoppi sembra che stiano arrivando alla fine. Nel corso degli anni, i Repubblicani della California si sono spostati a destra nel mentre lo Stato si spostava a sinistra, e tuttavia hanno mantenuto rilevanza politica grazie al loro potere di interdizione. Ma a questo punto il Partito Repubblicano dello Stato è caduto al di sotto della massa critica, perdendo anche il suo potere ostruzionistico – il che ha lasciato il signor Brown libero di adottare una agenda di aumenti fiscali e di spese pubbliche nelle infrastrutture, che assomiglia considerevolmente al genere di cose che la California era solita fare prima dell’avvento della destra radicale.

E se questa agenda avrà successo, essa avrà implicazioni su scala nazionale. Dopo tutto, la storia politica della California – nella quale un Partito Repubblicano radicalizzato ha sempre più perso i contatti con un elettorato sempre più diversificato e socialmente progressista, per ritrovarsi alla fine marginalizzato – sta probabilmente imponendosi in ritardo anche sullo scenario nazionale.

La California è dunque ancora il posto nel quale il futuro si manifesta dapprima? Restate sintonizzati.



[1] “Governator” è il termine con il quale venne definito nel 2003 il Governatore body-builder  Arnold Schwarzenegger, per effetto di una commistione tra “governor” e “Terminator”, una delle sue parti cinematografiche più famose.

ed mar 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[2] Edmund Gerald “Jerry” Brown, democratico,  è dal 2011 il 39° Governatore della California. In passato era stato Segretario di Stato della California, Presidente del Partito Democratico della California, Sindaco di Oakland e Procuratore Generale della California. Ha partecipato alle “nominations” del Partito Democratico negli anni 1976, 1980. 1992 e nel 1982 partecipò alle elezioni per il Senato degli Stati Uniti, in tutti i casi senza successo.

ed mar 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[3] Il riferimento è ad alcune regole legislative, a suo tempo imposte per via referendaria, che hanno a lungo impedito ogni decisione in materia fiscale, stabilendo per gli interventi legislativi in materia di aumenti del fisco statale l’obbligo della maggioranza di due terzi della Assemblea dello Stato. Quella riforma costituzionale venne promulgata nel 1979, a conclusione di quella “rivolta fiscale” della quale Krugman fa cenno nelle prime righe dell’articolo. E’ interessante notare che norme analoghe, nel corso del tempo ma particolarmente   nel corso degli anni ’90, sono state introdotte, oltre alla California, in molti altri Stati americani: Arkansas, Arizona, Colorado, Delaware, Florida, Michigan, Mississippi, Missouri, Nevada, Oklahoma, Oregon, South Dakota e Washington.

 

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