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Lo strano caso della scomparsa di capacità produttiva di Simon Wren-Lewis 23 marzo 2012)

 

Friday, 23 March 2012

The strange case of the disappearing productive capacity

 

By Simon Wren-Lewis.

giu 25 g

 

 

 

 

 

 

 

 

Have a very quick look at the chart below.

It looks like recent developments in actual output relative to potential. But it is not. It is various assessments of UK potential output against the pre-recession trend.

It comes from the post-budget forecast produced by the Office for Budget Responsibility (OBR), the independent body that the UK government has contracted out the job of producing the official budget forecast to. It shows that the OBR, and other international forecasters, think that the recession will in a few years time have led to a permanent loss of UK output of over 10%. That is an extraordinarily large number. It makes the recent US debate on the subject look positively tame by comparison.

The OBR estimates mainly come from survey evidence. The following chart is from a recent OBR working paper which describes their methodology.

We can see the problem by comparing 1981 with 2009. Between 1979 and 1981 UK GDP fell by about 3.5%, whereas between 2007 and 2009 it fell by 5.5%. Yet movements in the output gap look quite similar. More significantly, from 2009 to 2011 UK GDP grew at an average annual rate of just less than 1.5%, yet this survey evidence suggests the output gap was almost halved as a result!

 

The OBR estimate that the current output gap is about 2.5%. Of this about 0.5% represents below trend levels of output per worker, with about 2% reflecting the gap between actual and potential employment. Unemployment is now around 8.5%, compared to about 5% before the recession.

 

Other institutions use a production function approach to estimating productive capacity. The extent to which this is an alternative methodology depends in large part on how underlying total factor productivity (TFP) is estimated. (We can estimate the potential labour force from employment and unemployment, and the capital stock from investment data, but there is no data on changes in how efficiently those factors could be used.) If TFP is imputed from survey evidence on the output gap, we are going to get similar results.

 

So if these numbers are correct, how can they be explained? The major explanation has to come from a slowdown in underlying productivity. Actual labour productivity has indeed fallen in most sectors: the chart below comes from the Bank of England’s Feb 2012 Inflation Report.

Now falls in labour productivity are what might be expected in a demand led recession, because it takes time for firms to adjust employment. However after a while one of two things should happen. The first possibility is that employment adjustment does occur as firms reconcile themselves to lower output, so productivity should rebound. It has not, particularly in services. The second is that firms are hoarding labour because they think output will recover to something like pre-recession trends. But in that case they should be reporting substantial spare capacity, which we have seen they are not. This behaviour in productivity appears to be the main difference between the UK and US estimates of potential output.

 

It is still possible that the survey data is just wrong. This is a view taken by Bill Martin (see both his FT article and the more detailed analysis behind it). However the survey evidence does receive some support from inflation. Although I noted that wage inflation had been very subdued following the recession, and that the recent peak in consumer price inflation was largely caused by commodity prices and tax changes, it remains the case that movements in domestic profit margins appear to be reasonably consistent with the survey evidence on the output gap. Firms are not cutting prices in an effort to utilise substantial spare capacity. However this is fairly weak evidence: there may be other reasons why firms are not cutting prices.

 

If the survey evidence is correct, then we have a major supply side puzzle. Is it the case that innovation has really come to a halt following the recession, perhaps because of financial constraints? Or are there more subtle supply side factors at work? (Subtle is code here for ideas that maybe interesting, or maybe silly.) A further possibility is that hysteresis effects may have operated more quickly than anyone thought, which really would be an indictment of austerity. A crucial question either way, posed by Mark Thoma, is whether these changes are temporary or permanent.

In the UK, this is not just an academic puzzle. With inflation still above target, the size of the perceived output gap remains important for (unconventional) monetary policy. Furthermore, and unlike the US, the government’s main fiscal target relates to the cyclically adjusted budget deficit. As I noted here, downward revisions made to potential output by the OBR in November led to a tightening of the government’s austerity plans. This was admittedly put off for a few years, but expectations matter. It is important to get this right, because with hysteresis effects (see DeLong and Summers) there is a danger that pessimism about productive capacity and productivity, even if it is misplaced, may become self-fulfilling.

 

 

Lo strano caso della scomparsa di capacità produttiva

di Simon Wren-Lewis.

giu 25 g

 

 

 

 

 

 

 

 

Si dia un’occhiata veloce al diagramma qua sotto [1]:

Esso assomiglia ai recenti sviluppi  della produzione effettiva in rapporto a quella potenziale. Ma non si tratta di questo. Riguarda varie stime sulle produzione potenziale britannica a fronte delle tendenze precedenti alla recessione.

Viene dalle previsioni successive al Bilancio prodotte dall’Ufficio per la Responsabilità Fiscale (OBR), l’organismo indipendente che il Governo britannico ha incaricato di elaborare le previsioni ufficiali di Bilancio. Esso mostra che l’OBR, ed altri organismi di previsione internazionali, pensano che la recessione avrà portato in pochi anni avvenire ad una perdita permanente della produzione britannica di più del 10 per cento. Si tratta di una cifra straordinariamente elevata. Al confronto, esso fa apparire il recente dibattito americano sullo stesso tema del tutto sottostimato. Il diagramma seguente è desunto da un recente foglio di lavoro dello OBR che descrive la loro metodologia [2]:

Si può vedere il problema confrontando il 1981 con il 2009. Tra il 1979 ed il 1981 il PIL britannico cadde di circa il 3,5%, mentre tra il 2007 ed il 2009 è caduto del 5,5 %. Tuttavia i movimenti della differenza della produzione appaiono abbastanza simili. Più significativamente, dal 2009 al 2011 il PIL britannico è cresciuto ad un tasso medio annuale appena inferiore all’ 1,5 %, tuttavia il dato della ricerca indica che, come risultato, la differenza di produzione è stata quasi dimezzata!

L’OBR stima che l’attuale gap produttivo sia di circa il 2,5 %. Di questo, circa lo 0,5 % rappresenta la tendenza verso il basso dei livelli di produzione per lavoratore, mentre circa il 2 % riflette il differenziale tra l’occupazione attuale e quella potenziale. La disoccupazione attuale è attorno all’8,5 %, a confronto di circa il 5 % di prima della recessione.

Altri istituti usano un approccio alla funzione di produzione per stimare la produttività. Si tratta di una metodologia alternativa, nella misura in cui dipende in larga parte da come viene stimata la sottostante produttività complessiva dei fattori (TFP). (Si può stimare la forza lavoro potenziale a partire dalla occupazione o dalla disoccupazione e lo stock di capitali a partire dai dati sugli investimenti. ma non ci sono dati sui cambiamenti che si potrebbero usare relativamente all’efficienza di questi fattori) Se il TFP viene riferito al dato della ricerca relativo al differenziale di produzione, si arriva a risultati simili.

Dunque, se questi dati sono corretti, come possono essere spiegati? La principale spiegazione deve derivare da un flessione della produttività di fondo. La effettiva produttività del lavoro è in realtà caduta in molti settori: il diagramma successivo proviene dal Rapporto sull’inflazione della Banca di Inghilterra del Febbraio 2012 [3].

Ora, la caduta nella produttività del lavoro è quello che ci si potrebbe aspettare in una recessione provocata dalla domanda, perché occorre tempo alle aziende per regolare l’occupazione. Tuttavia dovrebbero accadere una o due cose dopo un certo periodo. La prima possibilità è che l’adeguamento dell’occupazione intervenga nel mentre le imprese si rassegnano ad una produzione più bassa, nel qual caso la produttività dovrebbe fare un balzo. Non è questo il caso, particolarmente nei servizi. La seconda possibilità è che le imprese mettano insieme lavoro perché pensano che la produzione avrà un ripresa sino ai livelli precedenti la recessione. Ma in quel caso esse dovrebbero stare mostrando un considerevole eccesso di capacità produttiva, che, come si è visto, non è quanto sta accadendo. Questo comportamento della produttività appare essere la principale differenza tra le stime della produzione potenziale negli Stati Uniti e in Inghilterra.

E’ ancora possibile che i dati della ricerca siano semplicemente sbagliati. Questo è il punto di vista fatto proprio da Bill Martin (si legga sia l’articolo sul Financial Times che la più dettagliata analisi che lo sostiene). Tuttavia i dati della ricerca ricevono proprio un sostegno dall’inflazione. Sebbene abbia notato che l’inflazione dei salari sia stata del tutto tenuta sotto controllo a seguito della recessione, e che il picco recente dell’inflazione dei prezzi al consumo sia stato in gran parte causato dai prezzi delle materie prime e dalle modifiche fiscali, resta il fatto che i movimenti nei margini dei profitti nazionali sembrano essere ragionevolmente coerenti con i dati delle ricerca sul differenziale della produzione. Le imprese non stanno tagliando i prezzi nello sforzo di utilizzare una considerevole capacità produttiva in eccesso. Tuttavia questa è onestamente una prova debole: ci potrebbero essere altre ragioni per le quali le imprese non stanno tagliando i prezzi.

Se il dato della ricerca è corretto, allora abbiamo un importante enigma dal lato dell’offerta. E’ possibile che l’innovazione si sia effettivamente fermata a seguito della recessione, forse per le limitazioni finanziarie? O ci sono stati ‘sottili’ fattori dal lato dell’offerta che hanno operato (‘sottile’ qua sta a significare idee, che possono essere interessanti come stupide)? Una ulteriore possibilità è che gli effetti di isteresi [4] abbiano operato più rapidamente di quanto tutti pensassero, il che effettivamente sarebbe un atto di accusa per l’austerità. In ogni caso, una questione cruciale posta da Mark Thoma è se questi cambiamenti siano cruciali o permanenti.

In Inghilterra questo non è soltanto un esercizio accademico. Con l’inflazione ancora sopra l’obbiettivo, la dimensione del gap percepito della produzione resta importante per la politica monetaria (non convenzionale). Inoltre e diversamente dagli Stati Uniti, l’obbiettivo finanziario di fondo del Governo è connesso con il deficit ciclicamente corretto del bilancio. Come ho notato in questa sede, le revisioni verso il basso della produzione potenziale da parte dell’OBR a novembre portarono ad una restrizione dei programmi di austerità governativi. I verità questo fu rinviato per alcuni anni, ma le aspettative sono importanti. E’ importante capire bene tutto questo, perché con gli effetti di isteresi (si veda lo studio di DeLong e Summers) c’è un pericolo: che il pessimismo sul potenziale produttivo e sulla produttività, anche se mal riposto, possa auto-avverarsi.



[1]

giu 25 d

 

 

 

 

 

 

 

[2]

 giu 25 e

 

 

 

 

 

 

 

[3]

giu 25 f

 

 

 

 

 

 

 

 

[4] L’isteresi è il fenomeno per il quale una grandezza, che è funzione di una o più grandezze, ad un dato istante ha un valore che dipende dall’influenza dei valori delle altre grandezze quali erano in istanti precedenti (ad esempio, un copro elastico che viene deformato da una forza e mantiene quella deformazione oltre il periodo nel quale tale forza agiva direttamente).

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