Blog di Krugman

Sindrome da disordine da “stimulus” (20 marzo 2013)

 

March 20, 2013, 2:54 pm

Stimulus Derangement Syndrome

Miles Kimball goes after John Taylor’s latest, and in the process reminds us of an earlier Taylor episode, in which JT argued that low interest rates are actually contractionary — a conclusion he reached by confusing the Fed’s setting of an interest rate target, which is achieved by buying bonds, with a rent-control-type price ceiling enforced by simply banning above-target transactions. It was an amazing thing for a highly credentialed macroeconomist to say. But it wasn’t unique; just offhand I can think of multiple comparable flubs ever since we began monetary and fiscal stimulus to fight the Great Recession.

So, for example, we had Robert Barro arguing that multipliers are small because private spending fell during World War II (hello? Rationing? Banning of private construction?). We had “new monetarists” arguing that low interest rates cause deflation, not the other way around. We had Robert Lucas completely misunderstanding what Ricardian equivalence says about the effects of government spending. And I’m sure I’m missing other examples.

Notice that what I’m highlighting here aren’t “mistakes” as in “saying something I disagree with”; I would not, for example, put claims that our problems are mainly structural in the same category. I’m talking about much cruder mistakes, basic failures to remember history or logic — the kind of thing you really would not expect from big guns in the field.

What do these episodes tell us? First, how much people of conservative politics hate hate hate the idea of any kind of activist government policy to help the economy. Second, how weak their grip on their own intellectual principles is when it comes to arguments that seem to support that hatred.

It has been a revelation.

 

Sindrome da disordine da “stimulus”

Miles Kimball corre dietro all’ultimo John Taylor, e nel frattempo ci viene a mente un precedente episodio di Taylor, nel quale egli sosteneva che i bassi tassi di interesse erano effettivamente restrittivi – un conclusione alla quale era pervenuto confondendo la definizione da parte della Fed di un target ai tassi di interesse, che è cosa che avviene attraverso l’acquisto di bonds, con una specie di tetto al valore dei tassi tipo equo-canone, applicato attraverso una semplice proibizione delle transazioni che superano il target. Ma non era una caso unico; su due piedi posso pensare ad un buon numero di paragonabili abbagli da quando ebbe inizio il sostegno della finanza pubblica e monetario per combattere la Grande Recessione [1].

Così, ad esempio, avemmo Robert Barro che sosteneva che i moltiplicatori sono piccoli, come dimostrato dalla caduta della spesa privata  durante la II Guerra Mondiale (Ehi, mai sentito parlare del razionamento? Del divieto di costruzioni private?). Avemmo i “nuovi monetaristi” che sostenevano che i bassi tassi di interesse avrebbero provocato la deflazione, senza via di scampo. Avemmo Robert Lucas che fraintese completamente quello che l’ “equivalenza ricardiana” dice a proposito degli effetti della spesa pubblica. E sicuramente mi sto scordando altri esempi.

Si noti che quello che sto qua mettendo in evidenza non sono “errori” del genere del “dire qualcosa su cui io non sono d’accordo”; non metterei, ad esempio, nella stessa categoria le tesi per le quali i nostri problemi sono principalmente di natura strutturale. Sto parlando di errori più grossolani, incapacità basilari a ricordare la storia e la logica – il genere di cose che proprio non vi aspettereste dai grossi calibri in questione.

Cosa ci dicono questi episodi? Anzitutto, quanto questi individui  del mondo politico conservatore fortissimamente odino l’idea che un qualche  genere di politica attiva degli Stati sia di aiuto all’economia. In secondo luogo, quanto sia fragile il loro affidarsi ai loro stessi principi intellettuali, una volta che si passa a temi che sembrano sostenere quel disprezzo.

E’ stata una rivelazione.



[1] Ovvero la crisi recente o in corso, perché quella degli anni Trenta è la Grande Depressione.

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