Blog di Krugman

America, la debitrice (3 aprile 2013)

 

April 3, 2013, 8:52 am

America the Debtor

I guess I’m going to have to write more about David Stockman’s unfortunate rant, since a lot of people who should know better seem to think he made serious points. Right now, however, I just want to lay down a marker on an issue I really really do know something about: America as a net international debtor.

Stockman describes a horror show:

Then came Lyndon B. Johnson’s “guns and butter” excesses, which were intensified over one perfidious weekend at Camp David, Md., in 1971, when Richard M. Nixon essentially defaulted on the nation’s debt obligations by finally ending the convertibility of gold to the dollar. That one act — arguably a sin graver than Watergate — meant the end of national financial discipline and the start of a four-decade spree during which we have lived high on the hog, running a cumulative $8 trillion current-account deficit.

Leave the goldbuggery aside (does Stockman think that countries pegged to gold — or, for that matter, the euro — never run current account deficits?). Are things as bad as he says?

Well, the $8 trillion number is right. But while it may be EIGHT TRILLION DOLLARS, that’s a cumulative deficit (which began in the 80s, by the way, not the 70s) of only half of this year’s GDP. And if you know anything about the subject, you know that America’s debtor position isn’t actually that deep, because of capital gains (which aren’t counted in the current account):

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But OK, market valuations are one thing, what about income flows? Aren’t we now paying a lot in interest to foreigners? Ahem. Here’s US net international investment income — income from US assets abroad minus income payments on foreign assets in the US — as a percentage of GDP:

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Now, that surge at the end is crisis-related: America tends to issue debt while buying equity and real assets abroad, so the plunge in interest rates has pushed up our net investment earnings, and this will go down again if and when we recover. Prior to the crisis, the trend was clearly down. But we’re talking about fairly modest numbers, with America still earning more than it pays. This is the result of an epic spending spree, four decades of living high on the hog?

 

But of course you don’t check out these numbers if your purpose is to scare readers by talking about EIGHT TRILLION DOLLARS.

 

America, la debitrice

 

Penso che scriverò qualcosa di più sulla infelice filippica di  David Stockman, dal momento che molta gente che dovrebbe saperne di più pare pensare che egli ponga alcune questioni serie. In questo momento, tuttavia, voglio semplicemente buttar giù una nota su un tema sul quale ho per davvero qualche competenza: l’America come debitore netto internazionale.

Stockman descrive una rappresentazione terrificante:

“Poi vennero gli eccessi dei “fucili e del burro” [1], che vennero intensificati in un maligno fine settimana a Camp David (Maryland), nel 1971, quando Richard M. Nixon fondamentalmente mandò in default le obbligazioni sul debito della nazione ponendo definitivamente  termine alla convertibilità dell’oro col  dollaro.  Quel solo atto – probabilmente un peccato più grave del Watergate – significò la fine della disciplina finanziaria e l’inizio di quattro decenni di frenesia durante i quali abbiamo vissuto nel lusso, realizzando un deficit cumulativo nel conto corrente [2]di 8 mila miliardi di dollari.”

Lasciamo da parte il fanatismo aureo (pensa Stockman che i paesi che sono ancorati all’oro – o magari all’euro – non realizzino deficit di conto corrente?). Le cose sono così negative come egli sostiene?

Ebbene, il dato  degli 8 mila miliardi di dollari è giusto. Ma mentre esso può essere quella gran cifra (di OTTOMILA MILIARDI DI DOLLARI) , si tratta di un deficit complessivo (che, per inciso, cominciò negli anni ’80 e non ’70) pari soltanto alla metà del PIL di quest’anno. E se si conosce per intero questo tema, si sa che la posizione debitrice dell’America non è effettivamente così grave, a causa dei profitti da capitale (che non sono considerati nel conto corrente):

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Ma va bene, le valutazioni del mercato sono un aspetto, che cosa accade ai flussi di reddito? Non stiamo oggi pagando una gran quantità di interessi agli stranieri? Non è così semplice. Ecco il reddito netto degli investimenti nel mondo degli Stati Uniti – il reddito dei patrimoni americani all’estero meno i pagamenti sul reddito dei patrimoni stranieri  negli Stati Uniti – come percentuale del PIL:

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Ora, quella risalita finale è dipendente dalla crisi: l’America tende ad emettere obbligazioni sul debito e nel contempo acquista titoli e patrimoni reali all’estero, cosicché la crescita dei tassi di interesse ha spinto in alto i profitti sui nostri investimenti netti, e questo tornerà a scendere se e quando ci riprenderemo. Prima della crisi, la tendenza era chiaramente in discesa. Ma stiamo parlando di numeri abbastanza modesti, con l’America che ancora sta guadagnando più di quanto non paghi. Questo è il risultato di un’epica frenesia verso la spesa, di quattro decenni di lussi sfrenati?

Ma naturalmente questi non sono numeri che si controllano, se ci si propone di impressionare i lettori parlando di OTTOMILA MILIARDI DI DOLLARI.

 



[1] La “Guns and butter curve” – la “curva dei fucili e del burro” – è una curva che riguarda le possibilità produttive di un paese e mostra il concetto di “costo della opportunità”. Una economia che produce più fucili deve produrre meno burro, secondo questo semplice schema (ad una estremità del quale c’è la massima produzione di 900 libbre di burro, con 20 fucili, mentre all’altra c’è la minima produzione di 100 libbre di burro, con 180 fucili). Gli “eccessi” di Lyndon B. Johnson, all’epoca della guerra del Vietnam, consistevano nel produrre il massimo di consumi interni e di armamenti, evidentemente ricorrendo al debito.

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[2] In economia il “conto corrente” è una delle due componenti primarie della bilancia dei pagamenti, essendo l’altra il “conto capitale”.  Il “conto corrente” è la somma della bilancia commerciale (esportazioni meno importazioni di beni e servizi), del reddito netto di fattori della produzione (come gli interessi ed i dividendi) e dei trasferimenti (come gli aiuti all’estero). Il “conto corrente” è una delle due più importanti misure delle caratteristiche del commercio estero di un paese (l’altra essendo il flusso netto di capitali investiti all’estero).

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