Blog di Krugman

Il debito e David Stockman (3 aprile 2013)

April 3, 2013, 8:08 pm

Debt and David Stockman

 

Update: I forgot to explain that the chart shows the ratio of financial-sector debt to GDP.

Well, it turns out that I’ve actually been polite to David Stockman; Neil Irwin describes his recent writings as “spittle-filled”, and gets at the essentially destructive nature of Stockman’s critique. More on that another day. What I want to point out is the way Stockman unintentionally makes a point I’ve been trying to get across: debt does not directly impoverish us, because it’s money we owe to ourselves. OK, some of it is money we owe to foreigners, but I’ve dealt with that part already.

So here’s Stockman on how we lived “high on the hog”; he cites the current account deficit (which actually turns out to be a smaller thing than he imagines), then declares

In effect, America underwent an internal leveraged buyout, raising our ratio of total debt (public and private) to economic output to about 3.6 from its historic level of about 1.6. Hence the $30 trillion in excess debt (more than half the total debt, $56 trillion) that hangs over the American economy today.

 

Actually, the LBO analogy isn’t too bad; but if he thought about that for even a minute, he would realize that LBOs have nothing to do with spending sprees, they’re just a change in the structure of risk, with equity (which shares the risk among a fairly broad set of investors) replaced with debt (that concentrates the risk).

Anyway, think about the macroeconomics; did America really put itself $30 trillion in hock to someone else? No, some Americans lent to other Americans, which is a very different issue.

And wait: even that isn’t really true. About half of the rise in Stockman’s rise in the debt-GDP ratio is debt of the financial sector:

giu 19 21

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

How did that happen? Two things: a shift from ordinary deposit-based banking to shadow banking, and the increasingly complexity of the financial system. The first raises the official debt number because bank deposits aren’t counted as debt, even though they really are just a particular kind of debt. The second raises the debt number because the same money can be counted several times if an institution buys debt securities, then uses them as collateral to issue debt of its own, which is what repo is all about. Oh, and the rapid drop in the debt ratio reflects a partial return to plain vanilla banking, not a massive paydown of obligations.

The point is that neither shifting from deposits to other forms of debt nor complexification of the financial system involve borrowing from the future, spending more than we earn. They’re just fancier ways of owing money to ourselves, ways that cause the official debt ratio to rise. So skip the moral lectures, please.

Now, just to be clear, I’m not saying that complex shadow banking is harmless. Far from it: like LBOs, it shifts risk around, and as it turns out the concentration of risk made our economy much more fragile than it used to be. That’s a big deal. But it’s not at all the kind of big deal the debt scolds would make it out to be. And it’s just crazy to use the economy’s excessive reliance on fancy finance to argue that we can’t do what it takes to restore full employment.

 

Il debito e David Stockman

Correzione: ha scordato di spiegare che la tabella mostra la percentuale del debito del settore finanziario rispetto al PIL.

Ebbene, viene fuori che ero stato effettivamente cortese nei confronti di David Stockman; Neil Irwin descrive i suoi scritti recenti come “pieni di livore”, e si riferisce alla natura sostanzialmente distruttiva della critica di Stockman. Su questo dirò di più prossimamente. Quello che voglio mettere in evidenza è il modo in cui Stockman avanza senza averne l’intenzione un punto che io ho cercato di spiegare: il debito non ci impoverisce direttamente, perché sono soldi che dobbiamo a noi stessi. E’ vero, un po’ di soldi li dobbiamo anche agli stranieri, ma mi sono già misurato con quella questione [1].

Dunque, ecco qua come secondo Stockman noi avremmo vissuto nel lusso: egli cita il deficit del conto corrente (che in realtà si scopre è molto minore di quello che lui immagina) e poi afferma:

“In effetti, l’America si è sottoposta ad una operazione di acquisizione tramite lo sfruttamento della capacità di indebitamento interno [2], elevando il nostro tasso complessivo del debito (pubblico e privato) a circa il 3,6 per cento dal suo livello storico dell’1,6. Da qui i trentamila miliardi di dollari di debito in eccesso (più della metà del debito totale di 56 mila miliardi di dollari) che incombono sull’economia americana di oggi.”

In effetti, l’analogia con il “leveraged buyout” non è cattiva: ma se ci avesse pensato un attimo, avrebbe compreso che i “leveraged buyout” non hanno  niente a che fare con le frenesie della spesa, essi sono semplicemente un cambiamento nella struttura del rischio, con le partecipazioni azionarie (che distribuiscono il rischio tra un complesso piuttosto ampio di investitori) che sono rimpiazzate da obbligazioni sul debito (che concentrano il rischio).

In ogni modo, riflettiamo sulla logica economica: l’America si è davvero impegnata con qualcun altro per 30  milia miliardi di dollari? No, alcuni americani li hanno dati in prestito ad altri americani, che è una faccenda del tutto diversa. Ed aspettate: neanche quello è del tutto vero. La metà circa della crescita del rapporto tra debito e PIL di Stockman è il debito del settore finanziario:

giu 19 21

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come è successo? Due cose: il passaggio da un sistema bancario fondato sul deposito al sistema bancario ‘ombra’, e la crescente complessità del sistema bancario. Il primo aspetto accresce i dati ufficiali sul debito perché i depositi bancari non sono considerati debito, anche se essi sono proprio un particolare tipo di debito. Il secondo accresce i dati sul debito giacché lo stesso denaro può essere contabilizzato più volte se un istituto acquista titoli sul debito e poi li usa come collaterali per emettere debito suo proprio, che è tutto quello che fanno i “repo” [3]. E, infine, la rapida caduta nel tasso del debito [4] riflette il parziale ritorno ad un sistema bancario più normale, non una massiccia restituzione delle obbligazioni.

Il punto è che né un passaggio dai depositi alle altre forme del debito, né la crescente complessità del sistema finanziario hanno a che fare con l’impegnare il futuro, spendendo di più di quello che si guadagna. Essi sonio semplicemente modi più fantasiosi di essere in debito di soldi con noi stessi, modi che provocano la crescita del tasso ufficiale del debito. Lasciamo dunque perdere le letture moralistiche, per favore.

Ora, solo per esser chiaro, non sto dicendo che il complicato “sistema bancario ombra” sia innocuo. E’ lungi dall’essere tale: come i “leveraged buyout”, esso mette in circolazione il rischio, e come si è visto la concentrazione del rischio ha reso la nostra economia più fragile di quello che era di solito. Si tratta di una cosa importante. Ma non il genere di cosa importante che gli allarmisti del deficit vorrebbero far credere. Ed è proprio pazzesco usare l’argomento dell’eccessivo affidamento dell’economia nella finanza fantasiosa per sostenere che non possiamo fare quello che serve per ripristinate le piena occupazione.



[1] Il riferimento è al post “America, la debitrice”.

[2] Il leveraged buyout o LBO è un’operazione di finanza strutturata utilizzata per l’acquisizione di una società mediante lo sfruttamento della capacità di indebitamento della società stessa.

[3] Il repo è un’abbreviazione di repurchase agreement, e non si tratta di altro che del nostro ‘pronti contro termine’. Cioè di uno strumento di gestione del danaro a breve: dei due contraenti, uno vende un titolo contro contanti, e allo stesso tempo si impegna a riacquistare quel titolo allo scadere di un breve periodo (dall’overnight a qualche mese), dietro pagamento del prezzo originario aumentato dell’interesse. Questo mercato è vastissimo, e utilizzato sia da privati che da aziende e società finanziarie. Le Banche centrali utilizzano il pronti contro termine per aggiungere o togliere liquidità al sistema bancario.

[4] Ovvero, il fenomeno che nella tabella è illustrato dall’andamento a partire dal 2009/2010.

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