Blog di Krugman

Il miracolo italiano (29 aprile 2013)

 

The Italian Miracle

 

Italy is a mess. Yes, it has a prime minster, finally; but the chances of serious economic reform are minimal, the willingness to persist in ever-harsher austerity — which the Rehns of this world tell us is essential — is evaporating. It’s all bad. But a funny thing is happening:

 

What’s going on here? I think that we’re seeing strong evidence for the De Grauwe view that soaring rates in the European periphery had relatively little to do with solvency concerns, and were instead a case of market panic made possible by the fact that countries that joined the euro no longer had a lender of last resort, and were subject to potential liquidity crises.

What’s happened now is that the ECB sounds increasingly willing to act as the necessary lender, and that in general the softening of austerity rhetoric makes it seem less likely that Italy will be forced into default by sheer shortage of cash. Hence, falling yields and much-reduced pressure.

 

It also, to be a bit self-justifying, shows that back when I used to cite Italy in the 1990s as an example of how advanced countries can carry high debt loads, I wasn’t being naive. Back then Italy had its own currency, and debt denominated in that currency; yes, it was pegged to the Deutsche Mark, but there was always the option of unpegging. By joining the euro, Italy in effect turned itself, macroeconomically, into a third-world country with debts in someone else’s currency, and exposed itself to debt crisis; now, thanks to the Draghi put, it has stepped half way back into the first world.

 

Il miracolo italiano

 

L’Italia è un disastro. E’ vero, ha finalmente un Primo Ministro; ma le possibilità di una seria riforma economica sono  minime, la volontà di persistere in una austerità sempre più dura – che è quello che i Rehn del mondo ci dicono essenziale – sta svanendo. Questo è proprio un guaio [1]. Ma sta accadendo una cosa curiosa:

Cosa sta accadendo? Penso che siamo in presenza di un forte conferma del punto di vista di De Grauwe, secondo il quale i tassi di interesse nella periferia europea hanno relativamente poco a che fare con preoccupazioni di solvibilità, e sono stati piuttosto un caso di ‘panico’ nei mercati, reso possibile dal fatto che i paesi che hanno aderito all’euro non avevano più un prestatore di ultima istanza, ed erano soggetti a potenziali crisi di liquidità.

Quello che ora è accaduto è che la BCE sembra avere sempre di più l’intenzione di agire come quel prestatore indispensabile, e che in generale l’allentamento della retorica dell’austerità fa apparire meno probabile che l’Italia sia costretta al default per una mera carenza di contante. Di conseguenza, rendimenti che diminuiscono ed una pressione molto ridotta.

Si dimostra anche, voglio un po’ risarcirmi, che quando nel passato ero solito citare l’Italia degli anni ’90 come un esempio di come le economie avanzate possono sopportare i pesi del debito, non mi stavo comportando da ingenuo. Allora l’Italia aveva la sua propria valuta, e il debito era denominato in tale valuta; è vero, era ancorato al marco tedesco, ma c’era sempre la possibilità di disancorarsi. Aderendo all’euro, in effetti, l’Italia si è trasformata, in termini macroeconomici, in un paese del terzo mondo con i debiti nella valuta di altri, e si è esposta ad una crisi da debito; ora, grazie alla mossa di Draghi, essa ha fatto un mezzo passo indietro nel primo mondo.



[1] Evidentemente Krugman intende essere ironico, e sembra elencare ‘negatività’ più dal punto di vista dei sostenitori dell’austerità, come Olli Rehn, che dal suo personale punto di vista. Che sembra, dal contesto degli argomenti che seguono, moderatamente meno pessimista.

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