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La brama dell’oro (New York Times 11 aprile 2013)

 

Lust for Gold

By PAUL KRUGMAN

Published: April 11, 2013

News flash: Recent declines in the price of gold, which is off about 17 percent from its peak, show that this price can go down as well as up. You may consider this an obvious point, but, as an article in The Times on Thursday reports, it has come as a rude shock to many small gold investors, who imagined that they were buying the safest of all assets.

And thereby hangs a tale. One of the central facts about modern America is that everything is political; on the right, in particular, people choose their views about everything, from environmental science to gun safety, to suit their political prejudices. And the remarkable recent rise of “goldbuggism,” in the teeth of all the evidence, shows that this politicization can influence investments as well as voting.

 

What do I mean by goldbuggism? Not the notion that buying gold sometimes makes sense. Gold has been a very good investment since the early 2000s, and it’s probably not all bubble. One way to think about this is that gold is like a very long-term bond that’s protected from inflation; and actual long-term inflation-protected bonds have also seen big price increases, reflecting a general perception that there aren’t enough alternative good investments.

No, being a goldbug means asserting that gold offers unique security in troubled times; it also means asserting that all would be well if we abolished the Federal Reserve and returned to the good old gold standard, in which the value of the dollar was fixed in terms of gold and that was that. And both forms of goldbuggism soared after 2008.

In the wake of the financial crisis — and to a considerable extent even now — to watch business news on TV, especially on Fox, was to see a lot of talking heads touting gold, not to mention many, many ads from the likes of Goldline. Many Americans were convinced: A third of those polled by Gallup in 2011 declared that gold was the best long-term investment.

At the same time, calls for a return to the gold standard proliferated, and not just among marginal figures. Indeed, the 2012 Republican platform effectively demanded a return to gold, calling for a commission to “investigate possible ways to set a fixed value for the dollar” (which it took as self-evidently desirable), and making it clear that the preferred route involved a “metallic basis” for the currency.

 

 

So the financial crisis of 2008 brought a surge in gold fever (although that surge has abated a bit since 2011). But why?

After all, historically, gold has been anything but a safe investment. Sometimes it yields big gains, as it did in the late 1970s and again between 2001 and 2012. But that 1970s run-up was followed by an epic plunge, with the real value of gold falling by more than two-thirds.

 

Meanwhile, the modern world’s closest equivalent to the classical gold standard is the euro, which puts European countries back under more or less the same constraints they faced when gold ruled. It’s true that the European Central Bank can print money if it chooses to, but individual countries, like nations on the gold standard, can’t. And who would hold up these countries’ recent experience as an example of something we’d like to emulate?

So how can we rationalize the modern goldbug position? Basically, it depends on the claim that runaway inflation is just around the corner.

 

Why have so many people found this claim persuasive? John Maynard Keynes famously dismissed the gold standard as a “barbarous relic,” noting the absurdity of yoking the fortunes of a modern industrial society to the supply of a decorative metal. But he also acknowledged that “gold has become part of the apparatus of conservatism and is one of the matters which we cannot expect to see handled without prejudice.”

And so it remains to this day. Conservative-minded people tend to support a gold standard — and to buy gold — because they’re very easily persuaded that “fiat money,” money created on a discretionary basis in an attempt to stabilize the economy, is really just part of the larger plot to take away their hard-earned wealth and give it to you-know-who.

But the runaway inflation that was supposed to follow reckless money-printing — inflation that the usual suspects have been declaring imminent for four years and more — keeps not happening. For a while, rising gold prices helped create some credibility for the goldbugs even as their predictions about everything else proved wrong, but now gold as an investment has turned sour, too. So will we be seeing prominent goldbugs change their views, or at least lose a lot of their followers?

 

I wouldn’t bet on it. In modern America, as I suggested at the beginning, everything is political; and goldbuggism, which fits so perfectly with common political prejudices, will probably continue to flourish no matter how wrong it proves.

 

La brama dell’oro, di Paul Krugman

New York Times 11 aprile 2013

 

Notizia flash; il recente declino del prezzo dell’oro, che è sceso circa il 17 per cento dal suo picco, mostra che questo prezzo può scendere nello stesso modo in cui sale. La si può ritenere una banalità, ma, come si racconta in un articolo su The Times di giovedì, essa è arrivata come una mazzata su molti piccoli investitori dell’oro, che si immaginavano di stare acquistando il più sicuro tra tutti i beni.

E ne deriva una morale. Uno degli aspetti centrali dell’America odierna è che tutto è politica: a destra, in particolare, la gente sceglie i propri punti di vista su tutto, dalla scienza ambientale alla sicurezza delle armi, in modo che si adatti ai propri pregiudizi politici. E la recente considerevole crescita del “fanatismo aureo” [1], in barba ad ogni prova, mostra che questa politicizzazione può influenzare gli investimenti nello stesso modo dei comportamenti elettorali.

Che cosa intendo per “fanatismo aureo”? Non l’idea che comperare qualche volta l’oro abbia un senso. L’oro è stato un ottimo investimento a partire dai primi anni duemila, e non era probabilmente tutta una bolla. Si può ragionare di questo pensando che l’oro sia come una ottimo titolo obbligazionario a lungo termine protetto dall’inflazione; i reali bonds a lungo termine protetti dall’inflazione hanno anch’essi conosciuto grandi aumenti dei prezzi, come riflesso di una percezione generale che non ci fossero adeguate alternative di buoni investimenti.

No, essere un fanatico dell’oro significa ritenere che l’oro offra l’unica sicurezza in tempi difficili; significa anche sostenere che tutto migliorerebbe se si abolisse la Federal Reserve e si tornasse al buon vecchio ‘gold standard’, con il quale il valore dell’oro veniva stabilito in termini di oro e quella era la soluzione di tutto. Ed entrambe le forme di fanatismo aureo sono tornate in auge dopo il 2008.

Sulla scia della crisi finanziaria – ed in buona misura ancora oggi – ascoltare le notizie sull’economia alla televisione, specialmente sui canali della Fox, equivale a sorbirsi una quantità di conduttori che fanno la propaganda all’oro, per non parlare di tanti, veramente tanti, avvisi pubblicitari di quelli della Goldline [2].

Nello stesso periodo, prese di posizione a favore di un ritorno al gold standard sono proliferate, e non solo tra personaggi marginali. Il effetti, la piattaforma repubblicana del 2012 chiedeva un ritorno all’oro, pronunciandosi per una commissione che “investigasse sui modi possibili di fissare una valore definitivo del dollaro” (la qualcosa era considerata desiderabile in se stessa), e mettendo in chiaro che la prospettiva preferita includeva una “base metallica” per la valuta.

Dunque, la crisi finanziaria del 2008 ha portato un rialzo della febbre aurea (per quanto quel rialzo si sia un po’ ridimensionato a partire dal 2011). Ma perché?

Dopo tutto, storicamente, l’oro è stato tutto meno che un investimento sicuro. Talvolta ha fruttato grandi guadagni, come avvenne negli ultimi anni ’70 ed ancora tra il 2011 ed il 2012. Ma la rapida crescita degli anni ’70 fu seguita da un epico crollo, con il valore reale dell’oro che cadde per più di due terzi.

Nel frattempo, il più vicino equivalente moderno del classico gold standard è l’euro, che riporta i paesi europei più o meno sotto le stesse condizioni con le quali facevano i conti quando dominava l’oro. E’ vero che la Banca Centrale Europea può stampare moneta se sceglie di farlo, ma i paesi singoli non possono, come le nazioni all’epoca del gold standard. E chi sosterrebbe l’esperienza recenti di questi paesi come l’esempio di qualcosa che ci dovrebbe far piacere di imitare?

Come possiamo, dunque, intendere in modo razionale l’attuale posizione dei fanatici dell’oro? Fondamentalmente, essa dipende dalla pretesa che una inflazione galoppante sia proprio dietro l’angolo.

Perché così tanta gente ha ritenuto questa pretesa persuasiva? John Maynard Keynes con una espressione famosa rigettò il gold standard come un “cimelio barbarico”, notando l’assurdità di mettere le sorti della moderna società industriale al giogo di un metallo ornamentale. Ma riconobbe anche che “l’oro è diventato parte dell’apparato del conservatorismo ed è uno degli argomenti che non possiamo aspettarci venga trattato senza pregiudizio”.

Ed è stato così sino ai nostri giorni. Le persone di orientamento conservatore tendono a sostenere una soluzione da gold standard – e ad acquistare oro – perché sono facilmente persuase che la moneta a valore legale, la moneta creata su basi discrezionali nel tentativo di rendere stabile l’economia, è in realtà solo un aspetto di un più ampio complotto per mettere sotto sequestro la loro faticata ricchezza e consegnarla a-chi-sapete.

Ma l’inflazione galoppante che si supponeva seguisse la spregiudicata stampa di moneta – l’inflazione che i soliti sospetti hanno dichiarato da quattro anni e più come imminente – continua a non materializzarsi. Per un certo periodo, i prezzi dell’oro in aumento hanno contribuito a dare qualche credibilità ai sostenitori dell’oro, anche se le loro previsioni si sono rivelate sbagliate in tutti i sensi, ma adesso l’oro è andato a male anche come investimento. Assisteremo dunque ad un mutamento dei punti di vista dei più eminenti sostenitori dell’oro, o almeno perderanno un bel po’ dei loro seguaci?

Non ci scommetterei. Nell’America dei nostri giorni, come ho indicato all’inizio, ogni cosa è politica; il fanatismo aureo, che calza così alla perfezione con i pregiudizi politici più diffusi, probabilmente continuerà a prosperare, a prescindere da come si riveli sbagliato.



[1] “Goldbuggism” è intraducibile, deriva da “gold bug” che significa “scarabeo d’oro”, ed era effettivamente una immagine coniata su una moneta aurea (all’origine del termine, e probabilmente del conio, era un omonimo racconto di Allan Edgar Poe, nel quale uno scarabeo di coloro oro conservava il misterioso segreto nientemeno del tesoro di “Capitan Kidd”) . “Goldbugs” vennero chiamati quei Democratici che uscirono dal Partito Democratico nel 1896, nel mezzo di un gran dibattito sulla politica monetaria, in polemica con il leader democratico William Jennings Bryan. Bryan e la maggioranza del Partito Democratico sostenevano una politica economica basata sul conio illimitato dell’argento, su bassi tassi di interesse, sulla proprietà statale delle grandi infrastrutture di trasporto, sulle riforme del lavoro ed su un inizio di tassazione progressiva. In sostanza, una piattaforma di espansione monetaria e di riforme sociali, nell’interesse di un blocco sociale ‘popolare’, di lavoratori e di coltivatori del Sud, in opposizione alla egemonia capitalistica e finanziaria dell’Est. Questa posizione di Bryan gli valse il sostegno del Partito Populista (“National People’s Party”), che su quei temi sociali e monetaristi era nato, e che fu per una ventina d’anni l’unico effettivo esempio di “terzo Partito” nella storia politica americana. Di contro, i “goldbugs” erano i sostenitori della parità aurea, accusavano gli avversari di radicalismo spregiudicato  e, dopo la separazione, fondarono un loro Partito, il “National Democratic Party”, che non ebbe lunga storia. Come si nota, questo contrasto tra una piattaforma populista e in termini economici “sperimentale” ed una piattaforma ispirata alla “ortodossia capitalista”, prefigurava aspetti della storia politica americana che tornarono ad essere rilevanti negli anni Trenta, col New Deal. Rimase famosa una frase di Bryan, nel corso della Convenzione democratica, quando in polemica con i “goldbugs” disse che non si poteva “crocifiggere il genere umano ad una croce aurea”.

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[2] La Goldline International Inc. è una impresa di vendita al dettaglio di monete d’oro e di argento per investitori e collezionisti.

 

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