Blog di Krugman

La risposta è mettere al bando il sistema bancario? (dal blog di Krugman, 26 aprile 2014)

 

Is A Banking Ban The Answer?

April 26, 2014, 3:38 pm

OK, a genuinely interesting debate on financial reform is taking place. I’m not even sure where I stand. But it’s certainly worth talking about.

Atif Mian and Amir Sufi draw our attention to proposals to either mandate or create strong incentives for 100-percent reserve banking, coming from Martin Wolf and, more surprisingly, John Cochrane. Equally surprising — at least to me — is that Cochrane seems more aware of the difficulties of the issue.

The basic idea both writers share is that banks as we know them — institutions that issue promises to pay money on, or almost on, demand, while holding liquid assets that cover only a fraction of that potential demand — are inherently subject to runs, self-fulfilling losses of confidence. So they propose that we aim to eliminate such institutions; there would still be things we call banks, but they would simply be custodians of government-issued liquid assets.

Wolf, unless I’m reading him wrong, seems to identify the whole issue with one particular form of short-term debt — bank deposits. This seems an oddly narrow view given the nature of the 2008 crisis, which involved very few runs on deposits but a massive run on shadow banking, especially repo — overnight lending that in a fundamental sense fulfilled the functions of deposit banking but also created the same kind of risks. Cochrane gets this, and calls for a “Pigouvian tax” — i.e., the kind of tax economics textbooks tell us we should have on pollution — imposed on any form of “run-prone short-term debt”.

So, three thoughts.

First, Wolf’s omission is a big one. If we impose 100% reserve requirements on depository institutions, but stop there, we’ll just drive even more finance into shadow banking, and make the system even riskier.

Second, Cochrane’s proposal calls for a remarkable amount of government intervention in finance; it makes liberal proposals for a transactions tax look like minor nuisances. Cochrane insists that we can easily run our economy without dangerous short-term private debt — that we can easily set things up so that the manager of your index fund sells a tiny piece of your stock portfolio every time you use a debit card at 7-11. Is this right?

Third, and on a quite different note: Are we really sure that banking problems are the whole story about what went wrong? I’ve made this point before, but look at any measure of financial stress: what you see is a huge peak in 2008 that quickly went down:

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Yet the quick return to normality in financial markets (achieved, to be sure, through bailouts and guarantees) did not produce a quick recovery in the real economy; on the contrary, we’re still depressed and many advanced countries are now on the edge of deflation, more than five years later. This strongly suggests that while bank runs may have brought things to a head, the problems ran deeper; in particular, I’m strongly of the view (based in part on Mian and Sufi’s work) that broader issues of excess leverage, and the resulting balance-sheet problems of many households, are key. And neither 100% reserves nor a repo tax would have addressed that kind of leverage.

One small footnote: Cochrane argues in passing that if you really believed in Keynesian remedies, you shouldn’t care about the soundness of banks, because you can always offset the effects of a banking crisis with stimulus. There are multiple reasons why that isn’t right — among other things, people like me may argue that the dangers of government debt are exaggerated, but we’d still rather not have to engage in large-scale deficit spending on a regular basis. But the main point, surely, is that what stimulus could do and what it will do aren’t at all the same thing. What we’ve discovered over the past five years is that even under conditions that make an overwhelming case for government policies to boost demand, half the economics profession and a majority of policy makers will find reasons to do exactly the wrong thing. This argues for precautionary policies to avoid getting into such situations if possible.

 

La risposta è mettere al bando il sistema bancario?

 

E’ vero, sta sviluppandosi un interessante dibattito sulla riforma del sistema bancario. Non so bene neanche dove collocarmi. Ma certo vale la pena di discuterne.

Atif Mian e Amir Sufi [1] attirano la nostra attenzione sulle proposte o di imporre o di creare forti incentivi per un sistema bancario con un 100 per cento di riserve, provenienti da Martin Wolf e, più sorprendentemente, da John Cochrane [2]. Egualmente sorprendente – almeno per me – è che Cochrane sia il più consapevole delle difficoltà di tale tema.

L’idea di base che entrambi gli scrittori condividono è che le banche per come le conosciamo – istituti che emettono impegni a pagare in contanti denaro su richiesta, o quasi su richiesta, mentre detengono assets liquidi che coprono solo una frazione di tale domanda – sono intrinsecamente soggette agli assalti agli sportelli, a perdite di fiducia che si auto avverano. Dunque essi propongono che si punti ad eliminare tali istituzioni; ci sarebbero ancora cose che chiamiamo banche, ma sarebbero semplicemente custodi di assets liquidi emessi dallo Stato.

Wolf, se non lo leggo male, sembra far coincidere l’intera questione con una forma particolare del debito e breve termine – i depositi bancari. Questo pare un punto di vista curiosamente ristretto, data la natura della crisi del 2008, che riguardò molto pochi assalti agli sportelli dei depositi ma un massiccio assalto al sistema bancario ombra, in particolare i ‘repo[3]– crediti da un giorno all’altro che in senso sostanziale svolgono le funzioni di banca di deposito, ma creano anche lo stesso tipo di rischi. Cochrane lo comprende, e si pronuncia per una “tassa Pigouviana” [4]– vale a dire, il genere di tassa che i libri di testo di economia ci dicono che dovremmo istituire sull’inquinamento – imposta su ogni forma di “debito a breve termine suscettibile di creare crisi di panico”.

Dunque, tre pensieri.

Il primo, l’omissione di Wolf è importante. Se imponiamo requisiti di riserve al 100 per cento sugli istituti di deposito, ma ci fermiamo lì, il risultato sarà che spingeremo persino altra finanza nel sistema bancario ombra, e renderemo il sistema ancora più rischioso.

Il secondo, la proposta di Cochrane richiede un considerevole ammontare di intervento finanziario degli Stati; essa fa apparire le proposte dei progressisti per una tassa sulle transazioni come fastidi di minore importanza. Cochrane insiste che possiamo facilmente gestire la nostra economia senza un pericoloso debito privato a breve termine – che noi possiamo facilmente organizzare le cose in modo che il gestore del vostro index fund [5] venda una minuscola parte delle vostre riserve di portafoglio ogni volta che utilizzate una carta di debito dalle 7 del mattino alle 11 della notte [6]. E’ davvero così?

In terzo luogo, e relativamente ad una osservazione abbastanza diversa: siamo certi che i problemi bancari siano tutta la storia di quello che è andato storto? Ho avanzato questo argomento in precedenza, ma si guardi ad una qualsiasi misurazione dello stress finanziario: quello che si vede è un picco considerevole nel 2008 che è sceso rapidamente:

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Tuttavia, il rapido ritorno alla normalità nei mercati finanziari (ottenuto, sia chiaro, attraverso salvataggi e garanzie) non ha prodotto una rapida ripresa nell’economia reale; al contrario, siamo ancora depressi e molti paesi avanzati son oggi sul bordo di una deflazione, più di cinque anni dopo.  Questo indica con forza che mentre le crisi di panico bancario possono aver portato le cose verso un certo indirizzo, i problemi hanno continuato ad agire nel profondo; il particolare, io sono fortemente convinto del punto di vista (in parte basato sul lavoro di Mian e Sufi) che i temi più generali di un eccesso nel rapporto di indebitamento, e i problemi conseguenti degli equilibri patrimoniali in molte famiglie, sono stati cruciali. E né le riserve al 100 per cento, né  una tassa sui “repo” avrebbero affrontato quel rapporto di indebitamento.

Una piccola nota finale: Cochrane sostiene di passaggio che se realmente si crede nei rimedi keynesiani, non si dovrebbe aver cura della salute delle banche, perché si possono sempre bilanciare gli effetti di una crisi bancaria con misure di sostegno. Ci sono molte ragioni per le quali questo non è giusto – tra le altre cose, le persone come me possono sostenere che i pericoli del debito statale siano stati esagerati, ma non dovremmo impegnarci in una spesa in deficit su larga scala come condizione normale. Ma il punto principale è che quello che le misure di sostegno potrebbero fare e quello che faranno non sono affatto la stessa cosa. Quello che abbiamo scoperto nei cinque anni passati è che persino nelle condizioni che indicano un argomento schiacciante a favore di politiche statali per incoraggiare la domanda, metà della disciplina economica e la maggioranza degli uomini politici hanno trovato motivi per fare esattamente la cosa sbagliata. Questo depone a favore di politiche cautelari, al fine di evitare per quanto possibile di finire in situazioni del genere.



[1] Due economisti che operano negli Stati Uniti e scrivono sul blog “House of debt”. Abbiamo qua tradotto un loro intervento sulla situazione finanziaria cinese del 13 marzo 2014.

[2] In effetti si tratta nel primo caso di un commentatore di prestigio di cose economiche del Financial Times, che in questi anni ha frequentemente sostenuto posizioni non diverse da quelle di Krugman e di altri economisti progressisti (in particolare sulle ragioni ed i rimedi della crisi dell’euro), e nel secondo caso di un professore della Università di Chicago, esperto in discipline finanziarie ed in macroeconomia, che è stato frequentemente convolto in aspre polemiche con Krugman.

[3] In generale un “repo” (“repurchase agreement”) è una vendita di titoli accompagnata dall’impegno del venditore a riacquistare i titoli ad una data successiva.  Il cosiddetto ‘sistema bancario ombra’ ha fatto ampio uso di operazioni di questo genere, in qualche caso accompagnate da speculazioni evidenti.

[4] L’Imposta Pigouviana è un metodo di governo delle emissioni inquinanti ideato dall’economista inglese Arthur Cecil Pigou. Una Imposta Pigouviana (o Imposta Pigoviana) è un tipo di imposta applicabile in presenza di esternalità. (Wikipedia)

 

[5] Un “Index Fund” è uno schema di investimento collettivo che ha lo scopo di replicare i movimenti di ogni ‘indice’ di un mercato finanziario, oppure uno schema di regole di proprietà che sono tenute costanti, a prescindere dalle condizioni dei mercati.

[6] Trovo che nella etimologia di una delle più grandi catene di piccoli negozi – la “7 Eleven” – i due numeri erano alle origini considerati indicativi di un servizio orario prolungato, dalle 7 del mattino, appunto, alle 11 della notte. Suppongo che lo stesso possa valere anche per il funzionamento di una carta di credito. O forse si tratta di una aggettivazione generica, che indica la normalità delle numerose piccole operazioni che si possono svolgere in una giornata.

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