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Le banche e l’austerità: un racconto semplice degli ultimi dieci anni, di Simon Wren-Lewis (Mainly Macro, 22 aprile 2014)

 

Tuesday, 22 April 2014

 

The Banks and Austerity: a simple story of the last ten years

by Simon Wren-Lewis

 

 

There are probably a number of reasons why bank leverage (the amount of lending banks do in proportion to their capital) increased rapidly in the 00s: reduced regulation, underestimation of systemic risk as a result of the Great Moderation, a search for yield when interest rates were low, simple greed. Bank profits rose, and so did the incomes of those working for them. However the consequence of excessive leverage was inevitable: a major global financial crisis. Banks had to be bailed out using public funds.

 

This produced a large negative demand shock which monetary policy was not able to counteract, because nominal interest rates fell to zero. In the US and UK governments undertook substantial fiscal stimulus to dampen the recession, but this, the recession and bank bailouts raised levels of public debt. As Reinhart and Rogoff show, credit booms and bust generally lead to public debt crises.

 

In recent research Alan Taylor and co-authors go further. They show that recessions are deeper and more prolonged if they are accompanied by a financial crisis, they are deeper and longer still if that financial crisis is preceded by a credit boom, and finally “the path of recovery is worse still when a credit-fueled crisis coincides with elevated public debt levels”.

 

Yet we need to be careful to avoid seeing some kind of inevitability here. For a start, following this recession there was no public debt crisis outside of the Eurozone. There was widespread concern about debt, which led to fiscal contraction, but no crisis. Prompt action that avoided a crisis, some would say. But we should be suspicious here. As Paul Krugman notes, this concern about debt was largely down to “the influence of the Very Serious People, whose views on economics tend in turn to be driven largely by the financial industry”. This financial industry got some of its economics seriously wrong, as Krugman notes here. I’ve also suggested that there may be self interest at play: finance needed to change the story from bank regulation. Even more cynically big banks needed lower debt levels to make their next bailout credible, so it could carry on enjoying high wages via an implicit subsidy. So, outside the Eurozone, was concern about debt real, imagined or manufactured?

 

In the Eurozone there was a debt crisis. Everyone agrees the Greek government had overspent. But this crisis could have been resolved fairly quickly, if the Greek government had immediately defaulted on its debt, and the ECB had offered unlimited support for other solvent governments. However Greek default would have led to large losses for European banks, and possibly created a second financial crisis. As a result, default was initially resisted in Greece (to allow banks time to minimise the damage) and avoided elsewhere, and instead draconian austerity policies were imposed in the Eurozone periphery.

 

In a very direct sense, banks created austerity in the Eurozone. If that sounds like an outlandish conspiracy theory to you, here is Philippe Legrain, former advisor to the European Commission President:

 

“The primary cause of the crisis was the reckless lending of German and French banks (both directly and through local banks) to Spanish and Irish homeowners, Portuguese consumers and the Greek government. But by insisting that Greek, Irish, Portuguese and Spanish taxpayers pay in full for those banks’ mistakes, Chancellor Angela Merkel’s government and its handmaidens in Brussels have systematically privileged the interests of German and French banks over those of euro zone citizens.”

 

Furthermore we know the political influence of the banks is huge: here I talk about the US and UK, but it seems unlikely that this does not also apply to the Eurozone. So in the Eurozone we had a second recession, which was the direct result of austerity. Eventually the ECB agreed to (in principle) provide unlimited support to solvent Eurozone governments, but not before austerity had been hardwired in the form of a new fiscal compact. Changes in bank regulation have fallen far short of what is required to avoid another crisis, as banks warned that increasing regulation would restrict their ability to lend, and therefore prolong the recession. The earnings of bank employees quickly recovered and resumed their rapid rise (see here, or here).

 

Rather than seeing the financial crisis and austerity as two essentially separate stories, the needs and influence of the banks connect the two. Now there are many things missing from this story that I am sure are important, such as opportunism from those who wanted a smaller state. However one rather neat feature of this account is that it requires very few ‘exogenous shocks’. Indeed you could even argue that something like Greece was bound to happen somewhere, and so even this was endogenous to the story. As Mark Blyth writes, “what starts with the banks ends with the banks”.

 

Le banche e l’austerità: un racconto semplice degli ultimi dieci anni

di Simon Wren-Lewis

 

Ci sono probabilmente un certo numero di ragioni per la crescita rapida del rapporto di indebitamento delle banche (l’ammontare dei crediti delle banche in proporzione al loro capitale) negli anni 2000: una riduzione dei regolamenti, una sottostima del rischio sistemico come conseguenza della Grande Moderazione [1], una ricerca di rendimento quando i tassi di interesse erano bassi, meramente dettata da avidità. I profitti delle banche salirono, cosi come i redditi di quelli che ci lavoravano. Tuttavia la conseguenza dell’eccessivo rapporto di indebitamento fu inevitabile: una seria crisi finanziaria globale. Le banche dovettero essere salvate utilizzando risorse pubbliche.

Questo produsse una vasto negativo shock da domanda con una politica monetaria che non era nelle condizioni di reagire, perché i tassi di interesse scesero a zero. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito i governi sottovalutarono lo stimolo di finanza pubblica necessario a smorzare la recessione, ma quest’ultimo, la recessione ed il salvataggio delle banche elevarono i livelli del debito pubblico. Come mostrano Reinhart e Rogoff, le grandi espansioni del credito e poi i crolli portano generalmente ad una crisi da debito.

In una recente ricerca, Alan Taylor ed i coautori vanno oltre. Essi mostrano che le recessioni sono più profonde e più prolungate se sono accompagnate da una crisi finanziaria, che sono ancora più profonde e più lunghe se sono precedute da una forte espansione creditizia, e infine che “la strada della ripresa è ancora peggiore quando una crisi alimentata dal credito coincide con livelli di debito pubblico elevati”.

Eppure, in questo caso dobbiamo essere scrupolosi nell’evitare di considerare le cose in qualche modo inevitabili. Per cominciare, a seguito della recessione non vi fu una crisi del debito pubblico fuori dell’eurozona. C’era una preoccupazione generale sul debito, che portò ad una contrazione delle politiche della finanza pubblica, ma non una crisi. Qualcuno direbbe, una iniziativa sollecita che evitò la crisi. Ma in questo caso dovremmo essere sospettosi. Come osserva Paul Krugman, questa preoccupazione sul debito fu largamente dovuta alla “influenza delle Persone Molto Serie, i cui punti di vista in economia tendono a loro volta ad essere in larga misura determinati dal sistema finanziario”. Il sistema finanziario commise alcuni seri sbagli economici, come Krugman nota in questa connessione. Anch’io ho suggerito che ci possono essere stati alcuni interessi personali in gioco: la finanza aveva bisogno di spostare la spiegazione dalla questione delle regolamentazioni bancarie. Ancora più cinicamente le grandi banche avevano bisogno di più bassi livelli di debito per rendere il loro successivo salvataggio credibile, in modo tale da poter continuare a godere di elevati compensi per il tramite di sostanziali sussidi. Dunque, fuori dell’Eurozona, la preoccupazione sul debito era reale, immaginaria o artefatta?

Nell’Eurozona ci fu una crisi del debito. Tutti sono d’accordo che il Governo greco aveva portato le spese oltre il limite. Ma quella crisi avrebbe potuto risolversi abbastanza rapidamente, se il governo greco fosse immediatamente andato in default per il suo debito, e la BCE aveva offerto un sostegno illimitato per gli altri governi solvibili. Tuttavia il default del Governo greco avrebbe portato ad ampie perdite da parte delle banche europee, ed avrebbe probabilmente determinato una seconda crisi finanziaria. Di conseguenza, inizialmente si resistette al default in Grecia (per consentire che le banche avessero il tempo di minimizzare il danno) ed esso fu evitato altrove; al suo posto furono imposte politiche di austerità draconiane nella periferia dell’Eurozona.

In un senso assai diretto, le banche crearono l’austerità nell’Eurozona. Se questa vi sembrasse una stravagante teoria della cospirazione, ecco cosa disse Philippe Legrain, passato consigliere del Presidente della Commissione Europea:

“La causa primaria della crisi fu il credito spericolato da parte delle banche tedesche e francesi (sia direttamente che attraverso le banche locali) ai proprietari di immobili spagnoli ed irlandesi, ai consumatori portoghesi ed al Governo greco. Ma insistendo affinché i contribuenti pubblici greci, irlandesi, portoghesi e spagnoli pagassero per intero gli errori di quelle banche, il Governo della Cancelliera Angela Merkel ed i suoi subalterni a Bruxelles privilegiarono gli interessi delle banche tedesche e francesi su quelli dei cittadini dell’eurozona.”

Inoltre, sappiamo che l’influenza politica delle banche è vasta: in questa connessione ne parlo a proposito degli Stati Uniti e del Regno unito, ma sembra improbabile che tutto questo non si applichi anche all’Eurozona. Dunque, nell’Eurozona abbiamo avuto una seconda recessione, che è stata la conseguenza diretta dell’austerità. Alla fine la BCE concordò (in via di principio) a fornire sostegno illimitato ai governi solvibili dell’eurozona, ma non prima che l’austerità fosse stata concepita nella forma di un nuovo “fiscal compact”. I mutamenti nei regolamenti delle banche sono stati assai più limitati di quello che sarebbe stato necessario per evitare un’altra crisi, come le banche misero in guardia che una accresciuta regolamentazione avrebbe ristretto la loro capacità di offrire credito, e di conseguenza avrebbe prolungato la recessione. I compensi agli impiegati di banca ripresero velocemente e ricominciarono la loro rapida ascesa (vedi queste due connessioni).

Piuttosto che guardare alla crisi finanziaria ed all’austerità come a due storie sostanzialmente distinte, i bisogni e l’influenza delle banche le mettono in connessione. Ora, in questa spiegazione ci sono molti aspetti che si perdono ed io sono sicuro che siano importanti, come l’opportunismo di coloro che volevano governi della cosa pubblica più piccoli. Tuttavia, una caratteristica molto nitida di questo resoconto è che esso abbisogna di pochissimi “shocks esogeni”. In effetti, si potrebbe persino sostenere che era certo che qualcosa del genere della Grecia da qualche parte avvenisse, e dunque che persino fosse endogeno a questa spiegazione. Come scrive Mark Blyth “quello che comincia con le banche, finisce con le banche”.



[1] Ovvero del periodo storico successivo alla gestione ed al superamento del problema della stagflazione, e caratterizzato dalla apparente possibilità, dunque, di gestire fiammate inflattive.

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