Blog di Krugman

Note ulteriori sulla Svezia (20 aprile 2014)

 

Apr 20, 3:10 pm

Further Notes on Sweden

I’m still thinking about Sweden’s slide into deflation, which actually offers several lessons relevant to the rest of us.

First, it’s an object lesson in the power of sadomonetarism, the desire of many monetary officials to raise interest rates because, well, because. Look at Swedish macro data over the relevant period:

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In 2010 Sweden had high unemployment and low inflation; Econ 101 level macro should have said that this was no time to raise rates. Yet the Riksbank went ahead and did so anyway. Why?

It now says that it was all about financial stability, about fears of excessive house prices and borrowing. But that’s not what it was saying at the time! The bank’s governor did a chat in December 2010 in which he declared that it was about inflation:

If the interest rate isn’t raised now, we’ll run the risk of too much inflation further ahead. This wouldn’t be good for the economy. Our most important task is to ensure that we meet our inflation target of 2%.

Strange to say, however, when inflation started coming in well below the target, the Riksbank just kept raising rates, and switched to the financial stability justification.

Second, Sweden’s experience helps shed light on a historical controversy over US policy. There is a substantial contingent of Fed critics who insist that the whole bubble-bust cycle of the last decade was the Fed’s fault, that it kept interest rates too low for too long. If you think about it, however, the Fed circa 2003-2004 was facing a situation very similar to that of the Riksbank in 2010: unemployment still high but coming down, inflation low, and housing prices rising:

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So what those critics are saying is that the Fed — which was worried about inflation at the time — should have done what the Riksbank did. Looking at Sweden, are you still sure about that?

Finally, the Swedish saga is a stark illustration of the limits of intellectual influence. At the time policy was going off the rails, Lars Svensson — one of the world’s leading macroeconomists, and specifically an expert in deflation risks and liquidity traps — was a deputy governor at the Riksbank. He protested vigorously at the turn policy was taking — and was completely frozen out by colleagues who were sure they knew better. And note that this wasn’t a case of his colleagues clinging to economic orthodoxy while he was proposing radical new ideas; he was the one making basic Econ 101-type arguments, while they were inventing new rationales for tightening on the fly.

Actually, I think the Fed is better — it is, at least for now, something of a haven for academic influence. But you do wonder what might have happened at the Fed if Romney had won in 2012, and Paul Ryan had had de facto veto power over Bernanke’s successor.

 

Note ulteriori sulla Svezia

 

Sto ancora riflettendo sulla scivolata della Svezia nella deflazione, che offre effettivamente a tutti noi lezioni rilevanti.

In primo luogo,  è una dimostrazione pratica del potere del sadomonetarismo, il desiderio di molti responsabili monetari di elevare i tassi di interesse così, senza alcuna ragione. Si guardi ai dati della Svezia nel periodo in questione [1]:

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Nel 2010 la Svezia aveva alta disoccupazione e bassa inflazione; una macroeconomia al livello di un testo universitario avrebbe detto che quello non era il momento per alzare i tassi. Tuttavia la Riksbank è andata avanti e l’ha fatto comunque. Perché? Ora essa dice che tutto era dipeso dalla stabilità finanziaria, dai timori per i prezzi troppo alti delle abitazioni e per l’indebitamento. Ma non era quello che diceva a quel tempo! Il Governatore della banca nel dicembre del 2010, in un colloquio sul blog dell’istituto, dichiarava che era dipeso dall’inflazione:

“Se il tasso di interesse non crescesse adesso, correremmo il rischio di una inflazione troppo alta nel prossimo futuro. Questa non sarebbe una cosa positiva per l’economia. Il nostro obbiettivo più importante è assicurare il raggiungimento dell’obbiettivo di inflazione del 2%”

Strano a dirsi, tuttavia, quando l’inflazione cominciò a collocarsi ben  al di sotto dell’obbiettivo, la Riksbank continuò semplicemente ad elevare i tassi, e passò alla giustificazione della stabilità finanziaria.

In secondo luogo, l’esperienza della Svezia aiuta a far luce su una controversia storica sulla politica statunitense. C’è un gruppo cospicuo di critici della Fed che insiste che l’intero ciclo bolla-esplosione dell’ultimo decennio fu una responsabilità della Fed, che continuò a tenere i tassi di interesse troppo bassi troppo a lungo. Se ci si riflette, tuttavia, la Fed attorno al 2003-2004 stava affrontando una situazione molto simile a quella della Riksbank nel 2010; una disoccupazione ancora elevata ma in discesa, una inflazione bassa e prezzi delle abitazioni crescenti [2]:

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Dunque, quello che i critici stanno dicendo è che la Fed – che a quel tempo era preoccupata per l’inflazione – avrebbe dovuto fare quello che ha fatto la Riksbank. Guardando alla Svezia, ne siete proprio sicuri?

Infine, la saga svedese è una illustrazione desolante dei limiti della influenza intellettuale. Nel periodo in cui le scelte politiche stavano andando fuori dai binari, Lars Svensson – uno dei massimi macroeconomisti al mondo, nonché esperto in modo particolare sui rischi di deflazione e sulle trappole di liquidità – era Vice Governatore della Riksbank. Egli protestò energicamente per la svolta politica che si stava compiendo – e fu completamente messo ai margini da colleghi che erano certi di saperne di più. E si noti che non si trattava del fatto che i suoi colleghi si aggrappassero all’ortodossia economica mentre egli stava proponendo nuove idee radicali; stava avanzando argomenti di base da testi di economia al livello universitario, mentre loro si stavano inventando nuovi paradigmi per mettere in atto su due piedi una restrizione.

Meglio, penso, la Fed – almeno per ora, essa è una specie di rifugio per l’influenza accademica. Ma dovete chiedervi cosa sarebbe potuto accadere alla Fed se Romney avesse vinto le elezioni del 2012, e Paul Ryan avesse avuto un sostanziale potere di veto sul successore di Bernanke.



[1] In blu è il dato ‘armonizzato’ della disoccupazione, il rosso quello dei prezzi al consumo. “Armonizzato” dovrebbe significare calcolato secondo criteri statistici unici, che derivano da una armonizzazione delle diverse soluzioni nazionali all’interno dell’Unione Europea.

 

[2] I dati in blu sono relativi alla disoccupazione, quelli in rosso all’indice dei prezzi al consumo.

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