Blog di Krugman

Sull’economia del Gattopardo (24 aprile 2014)

 

Apr 24, 9:29 am

On Gattopardo Economics

z 43

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FT Alphaville sends us to Thomas Palley on Piketty and his boosters. Palley raises an interesting point, one that I’m hearing from some other people on the left: they’re disappointed that Piketty’s book relies mainly on conventional, mainstream economics.

And it’s mostly true. For the most part Piketty works with an “aggregate production function” in which labor works with a stock of capital to produce output, and both labor and capital are paid their marginal product — the rate of return on capital is equal to the amount an extra dollar’s worth of capital adds to production. True, when discussing the rise of “supermanagers” Piketty talks about imperfect competition and rents, but that’s not the core of his work.

So Palley and others are disappointed; and Palley worries that at least as far as doctrine is concerned, this could be “gattopardo economics” — the reference is to the novel, made into a Visconti movie, about how Sicilian aristocrats manage to maintain their position despite Garibaldi and the coming of democracy, by wooing and co-opting the bourgeoisie. Note: the aristocrats Palley has in mind are not Piketty’s oligarchs but mainstream economists like, well, me.

And I have some sympathy for his point — although if the suggestion is that people like me are jumping on the inequality bandwagon late, that just isn’t true; I was talking about the one percent literally decades ago.

The thing to bear in mind, however, is that you really don’t need to reject standard economics either to explain high inequality or to consider it a bad thing.

There are a few economists on the left who seem to believe that:

1. You need to believe in the existence of a perfectly well-defined aggregate measure of capital to believe in the marginal productivity theory of income distribution;
2. If you believe in, or even use, marginal productivity theory, you are conceding that capitalists deserve their income.

Neither of these things are true. Nothing about marginal productivity theory depends on the exact truth of a simple aggregate production function with capital defined by a single number. And saying that capital gets its marginal product in no way says that the people who own that capital deserve what they get.

So by all means let’s continue to debate how we do economics. But inequality really isn’t a wedge issue in that discussion. You can be perfectly conventional in your economics — or, my own attitude and what I think is Piketty’s, willing to use conventional models when they’re convenient and seem useful without treating them as irrefutable truth — while still taking inequality very seriously.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sull’economia del Gattopardo

 

Il blog FT Alphaville ci indirizza alla presa di posizione di Thomas Palley a proposito di Piketty e dei suoi sostenitori. Palley solleva un punto interessante, che ho sentito da parte di altri a sinistra: essi sono delusi per il fatto che il libro di Piketty si basa principalmente su una teoria economica convenzionale, secondo la tendenza prevalente.

Ed è in gran parte vero. Piketty lavora soprattutto con una “funzione della produzione aggregata” nella quale il lavoro opera assieme ad uno stock di capitale per realizzare prodotto, e sia il lavoro che il capitale sono pagati per il loro prodotto marginale – il tasso di rendimento sul capitale è eguale alla quantità del valore di capitale di un dollaro aggiuntivo che si somma alla produzione. E’ vero, quando Piketty ragiona della ascesa dei “supermanager” egli parla di competizione imperfetta e di rendite, ma quello non è il centro del suo lavoro.

Di conseguenza Palley e gli altri sono delusi; e Palley teme che almeno per quello che riguarda la dottrina economica, questa potrebbe essere una “economia del Gattopardo” – il riferimento è al romanzo a cui si ispirò il film di Visconti, che raccontava come gli aristocratici siciliani cercarono di mantenere le loro posizioni nonostante Garibaldi e l’arrivo della democrazia [1], facendo la corte e cooptando la borghesia. Si noti: gli aristocratici che Palley ha in mente non sono gli oligarchi di Piketty, ma gli economisti della tendenza prevalente, del genere, ahimè, del sottoscritto.

Ed io ho una qualche simpatia per questo argomento – sebbene l’idea che persone come me stiano saltando all’ultimo momento sul carro del vincitore dell’ineguaglianza, non sia proprio vera: io parlavo dell’1 per cento esattamente decenni orsono.

La cosa da tenere a mente, tuttavia, è che non c’è davvero bisogno di rigettare la teoria economica normale per spiegare l’elevata ineguaglianza o per considerarla una cosa negativa.

Ci sono un certo numero di economisti a sinistra che sembrano credere:

1 . Che sia necessario credere nell’esistenza di una misura aggregata del capitale perfettamente ben definita, per credere nella teoria della distribuzione del reddito basata sulla produttività marginale;

2 .  Che se si crede, o anche se si utilizza, la teoria della produttività marginale, è come si ammettesse che i capitalisti si meritano il loro reddito.

Nessuna di queste due cose è vera. Niente nella teoria della produttività marginale dipende dalla assoluta verità della semplice funzione della produzione aggregata, con il capitale espresso da una unica cifra. E dicendo che il capitale ottiene il suo prodotto marginale, in nessun modo si afferma che le persone che possiedono quel capitale si meritino quello che ottengono.

Dunque, continuiamo senza problemi a discutere di come facciamo teoria economica. Ma in quel dibattito, l’ineguaglianza non è davvero un tema controverso. Si può essere perfettamente convenzionali nelle proprie teorie economiche – oppure, come nella mia attitudine e penso in quella di Piketty, si può essere disposti ad utilizzare modelli tradizionali quando sono convenienti e sembrano utili, senza considerarli come verità inconfutabili – nel mentre si continua a considerare seriamente il tema dell’ineguaglianza.



[1] Questa idea ottimistica che Garibaldi abbia coinciso con l’arrivo della democrazia, si deve, suppongo, alla passione di Krugman per le grandi battaglie della Guerra Civile americana ….

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"