Blog di Krugman

L’America è una pessima esportatrice (20 giugno 2014)

 

Jun 20 9:17 am

America As A Lousy Exporter

Sorry about two-day silence — busy with real life and various obligations.

Resurfacing, I find that I have confused Ryan Avent by asserting that the United States is lousy at exporting. Mea culpa — I didn’t explain my criteria. But we are indeed lousy.

As Avent says, you can’t assess our export competence by looking at our trade balance — the trade balance is a macroeconomic phenomenon, determined by the excess of savings over investment. What you can look at, however, is the real exchange rate — and, in particular, the relative unit labor cost — at which a given trade balance is achieved.

And what you see here is that the U.S. consistently does well on international productivity comparisons, including those limited to manufacturing; and it also pays manufacturing workers less than many other advanced countries, as I showed in the previous post. So you would expect U.S. manufacturing to be super-competitive on world markets (or you would expect the dollar to rise so that our trade deficit occurs via high labor costs). You don’t.

And this situation, where U.S. manufacturing looks very competitive by the numbers but doesn’t seem that way when you look at trade flows, has persisted for decades. I remember talking about it with Rudi Dornbusch when I was in graduate school!

Just to be clear, this isn’t a major problem for the U.S. economy. If we were better at exporting we’d have better terms of trade, and slightly higher real income, but we’re not talking about large numbers. But it is a puzzle.

 

L’America è una pessima esportatrice

 

Spiacente per i due giorni di silenzio – ero occupato con la vita quotidiana e con varie scadenze.

Tornando alla superficie, ho scoperto di aver disorientato Ryan Avent [1] sostenendo che gli Stati Uniti hanno prestazioni negative come esportatori. Mea culpa – non ho chiarito il mio ragionamento. Ma siamo davvero assai mediocri.

Come dice Avent, non possiamo stimare le nostre capacità di esportare osservando la nostra bilancia commerciale – la bilancia commerciale è un fenomeno macroeconomico, determinato dall’eccesso dei risparmi sugli investimenti. Quello che si può osservare, tuttavia, è il tasso reale di cambio – e in particolare il costo relativo per unità di lavoro – sulla base del quale si ottiene una determinata bilancia commerciale.

E quello che in questo caso si vede è che gli Stati Uniti hanno costantemente buone prestazioni nei confronti internazionali sulla produttività, compresi quelli limitati al solo settore manifatturiero; ed anche che pagano i lavoratori del settore manifatturiero meno di altri paesi avanzati, come avevo mostrato nel post precedente. Dunque ci si aspetterebbe che il settore manifatturiero sia ultra competitivo sui mercati mondiali (oppure ci si aspetterebbe che il dollaro cresca di valore, cosicché il nostro deficit commerciale esisterebbe per gli alti costi del lavoro). Non è così.

E questa situazione, nella quale il settore manifatturiero americano appare sulla base dei dati molto competitivo, ma a questo non sembra corrispondano i flussi commerciali, dura da decenni. Ricordo che ne parlavo con Rudi Dornbusch quando ero all’università!

Per chiarezza, questo non è un problema importante per l’economia americana. Se fossimo più bravi nelle esportazioni avremmo ragioni di scambio migliori, ed un reddito reale leggermente più elevato, ma non stiamo parlando di grandi numeri. Eppure è un enigma.

 

 

[1] Giornalista che scrive su The Economist (l’articolo in questione è del 19 giugno).

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