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Sì, ha potuto. Assistenza sanitaria e clima: le grandi riforme del Presidente Obama, di Paul Krugman (New York Times 15 giugno 2014)

 

Yes He Could

Health Care and Climate: President Obama’s Big Deals

JUNE 15, 2014 Paul Krugman

Several times in recent weeks I’ve found myself in conversations with liberals who shake their heads sadly and express their disappointment with President Obama. Why? I suspect that they’re being influenced, often without realizing it, by the prevailing media narrative.

The truth is that these days much of the commentary you see on the Obama administration — and a lot of the reporting too — emphasizes the negative: the contrast between the extravagant hopes of 2008 and the prosaic realities of political trench warfare, the troubles at the Department of Veterans Affairs, the mess in Iraq, and so on. The accepted thing, it seems, is to portray Mr. Obama as floundering, his presidency as troubled if not failed.

But this is all wrong. You should judge leaders by their achievements, not their press, and in terms of policy substance Mr. Obama is having a seriously good year. In fact, there’s a very good chance that 2014 will go down in the record books as one of those years when America took a major turn in the right direction.

First, health reform is now a reality — and despite a shambolic start, it’s looking like a big success story. Remember how nobody was going to sign up? First-year enrollments came in above projections. Remember how people who signed up weren’t actually going to pay their premiums? The vast majority have.

We don’t yet have a full picture of the impact of reform on the previously uninsured, but all the information we do have indicates major progress. Surveys, like the monthly survey by Gallup, show a sharp drop in the percentage of Americans reporting themselves as uninsured. States that expanded Medicaid and actively promoted the new exchanges have done especially well — for example, a new survey of Minnesota shows a 40 percent drop in the number of uninsured residents.

And there’s every reason to expect a lot of additional progress next year. Notably, additional insurance companies are entering the exchanges, which is both an indication that insurers believe things are going well and a reason to expect more competition and outreach next year.

Then there’s climate policy. The Obama administration’s new rules on power plants won’t be enough in themselves to save the planet, but they’re a real start — and are by far the most important environmental initiative since the Clean Air Act. I’d add that this is an issue on which Mr. Obama is showing some real passion.

Oh, and financial reform, although it’s much weaker than it should have been, is real — just ask all those Wall Street types who, enraged by the new limits on their wheeling and dealing, have turned their backs on the Democrats.

Put it all together, and Mr. Obama is looking like a very consequential president indeed. There were huge missed opportunities early in his administration — inadequate stimulus, the failure to offer significant relief to distressed homeowners. Also, he wasted years in pursuit of a Grand Bargain on the budget that, aside from turning out to be impossible, would have moved America in the wrong direction. But in his second term he is making good on the promise of real change for the better. So why all the bad press?

Part of the answer may be Mr. Obama’s relatively low approval rating. But this mainly reflects political polarization — strong approval from Democrats but universal opposition from Republicans — which is more a sign of the times than a problem with the president. Anyway, you’re supposed to judge presidents by what they do, not by fickle public opinion.

A larger answer, I’d guess, is Simpson-Bowles syndrome — the belief that good things must come in bipartisan packages, and that fiscal probity is the overriding issue of our times. This syndrome persists among many self-proclaimed centrists even though it’s overwhelmingly clear to anyone who has been paying attention that (a) today’s Republicans simply will not compromise with a Democratic president, and (b) the alleged fiscal crisis was vastly overblown.

The result of the syndrome’s continuing grip is that Mr. Obama’s big achievements don’t register with much of the Washington establishment: he was supposed to save the budget, not the planet, and somehow he was supposed to bring Republicans along.

But who cares what centrists think? Health reform is a very big deal; if you care about the future, action on climate is a lot more important than raising the retirement age. And if these achievements were made without Republican support, so what?

There are, I suppose, some people who are disappointed that Mr. Obama didn’t manage to make our politics less bitter and polarized. But that was never likely. The real question was whether he (with help from Nancy Pelosi and others) could make real progress on important issues. And the answer, I’m happy to say, is yes, he could.

 

 

Sì, ha potuto. Assistenza sanitaria e clima: le grandi riforme del Presidente Obama, di Paul Krugman

New York Times 15 giugno 2014

 

 

Talvolta, nelle ultime settimane, mi sono ritrovato a conversare con progressisti che scuotevano la testa con malinconia ed esprimevano la loro delusione per il Presidente Obama. Perché? Sospetto che dipendesse, senza spesso rendersene conto, dall’influenza dei commenti che prevalgono sui media.

La verità è che, di questi tempi, gran parte dei commenti che si leggono sulla Amministrazione Obama – ed anche gran parte delle cronache – accentuano gli aspetti negativi: il contrasto tra le eccessive speranze del 2008 e le prosaiche realtà della guerra di trincea della politica, i guai del Dipartimento sui problemi dei soldati in congedo, il disastro dell’Iraq, e così via. E’ invalso, a quanto pare, un ritratto di Obama come di un personaggio che annaspa, e di una presidenza travagliata, se non fallita.

Ma è del tutto sbagliato. Si dovrebbero giudicare i dirigenti politici per le loro realizzazioni, non per la stampa, e in termini di sostanza politica Obama sta sul serio mettendo a segno una buona annata. Di fatto, c’è un’ottima possibilità che il 2014 finirà negli annali come uno di quei periodi nei quali l’America ha assunto una svolta importante nella giusta direzione.

Anzitutto, la riforma sanitaria è oggi una realtà – e nonostante una partenza rocambolesca, sembra sempre di più come una storia di successo. Ricordate quando sembrava che nessuno si iscrivesse? Le registrazioni del primo anno sono arrivate sopra le previsioni. Ricordate quando sembrava sicuro che le persone che si iscrivevano non avrebbero pagato le loro polizze assicurative? La grande maggioranza di loro l’ha fatto.

Non abbiamo ancora un quadro completo degli effetti della riforma su coloro che non erano in precedenza assicurati, ma tutte le informazioni in nostro possesso indicano un progresso importante. Sondaggi quali quello mensile a cura di Gallup, mostrano una brusca caduta della percentuale di americani che si dichiarano non assicurati. Gli Stati che hanno ampliato la base di Medicaid ed hanno attivamente promosso le nuove ‘borse’ sanitarie [1] hanno avuto ottime prestazioni – ad esempio, un nuovo sondaggio sul Minnesota mostra una caduta del 40 per cento tra i residenti non assicurati.

E ci sono tutte le ragioni per aspettarsi un notevole progresso aggiuntivo il prossimo anno. In particolare, altre compagnie assicuratrici stanno entrando dentro le ‘borse’, la qualcosa è insieme una indicazione che gli assicuratori credono che le cose stiano andando bene, ed una ragione per aspettarsi maggiore competizione e capacità di raggiungere i cittadini l’anno prossimo.

Poi c’è la politica sul clima. Le nuove regole della Amministrazione Obama sulle centrali elettriche non saranno sufficienti da sole a salvare il pianeta, ma sono un punto di partenza reale e sono di gran lunga la più importante iniziativa ambientale dai tempi della legislazione sull’ “aria pulita” [2]. Aggiungerei che si tratta di un tema sul quale Obama sta mostrando un coinvolgimento personale effettivo.

Infine, la riforma del sistema finanziario, sebbene sia più debole di quello che avrebbe dovuto essere, è una cosa vera – basta chiederlo a quei personaggi di Wall Street che, inviperiti dai nuovi limiti sui loro intrallazzi, hanno voltato le spalle ai democratici.

Si metta tutto assieme, e in effetti Obama apparirà come un Presidente molto coerente. Nella sua amministrazione, agli inizi, andarono perse molte grandi opportunità – le misure di sostegno all’economia inadeguate, il non aver offerto significativi sollievi ai proprietari di abitazioni indebitati. In aggiunta, egli sprecò anni nel ricercare una Grande Intesa sul bilancio che, a parte l’essersi rivelata impossibile, avrebbe indirizzato l’America nel senso sbagliato. Ma nel suo secondo mandato egli si sta mostrando all’altezza delle promessa di un positivo cambiamento effettivo. Come mai, dunque, tanta stampa prevenuta?

In parte la risposta potrebbe essere quella delle percentuali di gradimento relativamente basse per Obama. Ma è un fenomeno che principalmente riflette la polarizzazione politica – un forte apprezzamento da parte dei democratici ma una ostilità plebiscitaria da parte dei repubblicani – che è più un segno dei tempi che non un problema del Presidente. E in ogni caso, si presume che si giudichino i presidenti per quello che fanno, non sulla base della volubilità dell’opinione pubblica.

Una risposta più ampia, mi immagino, sia quella della ‘sindrome Simpson-Bowles’ [3] – il convincimento che le cose buone debbano essere fatte attraverso intese ‘bipartisan’, e che la gestione virtuosa della finanza pubblica sia il tema predominante di quest’epoca. Questa sindrome persiste tra molti sedicenti ‘centristi’ anche se è completamente chiaro a tutti coloro che esaminano le cose con un po’ di cura che: a) i repubblicani odierni semplicemente non accetteranno alcun compromesso con un Presidente democratico; b) la pretesa crisi della finanza pubblica è stata assolutamente esagerata.

Il risultato della perdurante influenza della sindrome è che i grandi risultati di Obama non vengono considerati granché nell’establishment della Capitale: si pensava che egli salvasse il bilancio, non il pianeta, e in qualche modo si pensava che si portasse dietro i repubblicani.

Ma ha qualche importanza quello che pensano i centristi? La riforma sanitaria è una faccenda davvero rilevante; se ci si preoccupa del futuro, l’iniziativa sul clima è assai più importante dell’elevare l’età del pensionamento. E se questi risultati fossero ottenuti senza il sostegno dei repubblicani, cosa cambierebbe?

Ci sono alcune persone, ritengo, che sono deluse dal fatto che Obama non sia riuscito a rendere la nostra politica meno litigiosa e faziosa. Ma non è mai stata una cosa probabile. La vera domanda era se il Presidente (con l’aiuto di Nancy Pelosi ed altri) sarebbe riuscito ad ottenere un progresso reale sui temi importanti. E la risposta, sono felice di dire, è: sì, ha potuto farlo.

 

 

[1] L’ampliamento di Medicaid era un aspetto non irrilevante della riforma sanitaria. Allargando la base delle persone gratuitamente e direttamente assistibili a cura del programma che si prende cura della popolazione povera e meno abbiente, si contribuiva ad aumentare la quota degli assicurati (ovvero a intercettare quelle posizioni che avrebbero potuto non aderire all’acquisto di una assicurazione personale, ancorché con i sussidi del Governo). Ma l’ampliamento di Medicaid, pur essendo sostanzialmente a cura dello Stato Federale, richiedeva il consenso dei singoli Stati, e gran parte degli Stati governati dai repubblicani hanno rifiutato di avvalersene.

Quanto alla promozione delle ‘borse’ sanitarie, ci si riferisce a quegli strumenti della riforma che, similmente appunto a ‘borse’, consentivano l’incontro tra i cittadini – la domanda – e le assicurazioni – l’offerta di assistenza. Rivolgendosi ad esse, i cittadini potevano comprendere la qualità delle varie offerte assicurative, le modalità di iscrizione, i sussidi ai quali avrebbero avuto diritto.

[2] Il “Clean Air Act” denomina la legislazione in materia ambientale, che prese le mosse nell’anno 1963 – Presidente Lyndon Johnson – con l’istituzione della Agenzia della Protezione Ambientale. Tale legislazione venne successivamente rafforzata con vari emendamenti (anni 1967, 1970, 1977, 1990), che rafforzarono le funzione dell’Agenzia, regolamentarono in modo più stringente varie limitazioni, aggredirono con successo il problema delle ‘piogge acide’ derivanti in particolare dall’inquinamento da biossido di zolfo.

[3] Dal nome dei due copresidenti – il primo repubblicano ed il secondo democratico – che diressero una commissione “bipartisan” che aveva l’incarico di suggerire provvedimenti per il consolidamento della finanza pubblica. Tale commissione fu fortemente voluta da Obama, ma non riuscì certo ad ottenere alcuna attenuazione nel comportamento dei repubblicani alla Camera dei Rappresentanti – sostanzialmente caratterizzato da ostruzionismo – ed anzi ricevette forti critiche da economisti come Krugman, per la sua ricetta sostanzialmente ispirata ad un progetto di tagli allo Stato sociale.

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