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Scozzesi, ma che diavolo? Di Paul Krugman (New York Times 7 settembre 2014)

 

Scots, What the Heck?

SEPT. 7, 2014 Paul Krugman

Next week Scotland will hold a referendum on whether to leave the United Kingdom. And polling suggests that support for independence has surged over the past few months, largely because pro-independence campaigners have managed to reduce the “fear factor” — that is, concern about the economic risks of going it alone. At this point the outcome looks like a tossup.

Well, I have a message for the Scots: Be afraid, be very afraid. The risks of going it alone are huge. You may think that Scotland can become another Canada, but it’s all too likely that it would end up becoming Spain without the sunshine.

Comparing Scotland with Canada seems, at first, pretty reasonable. After all, Canada, like Scotland, is a relatively small economy that does most of its trade with a much larger neighbor. Also like Scotland, it is politically to the left of that giant neighbor. And what the Canadian example shows is that this can work. Canada is prosperous, economically stable (although I worry about high household debt and what looks like a major housing bubble) and has successfully pursued policies well to the left of those south of the border: single-payer health insurance, more generous aid to the poor, higher overall taxation.

Does Canada pay any price for independence? Probably. Labor productivity is only about three-quarters as high as it is in the United States, and some of the gap may reflect the small size of the Canadian market (yes, we have a free-trade agreement, but a lot of evidence shows that borders discourage trade all the same). Still, you can argue that Canada is doing O.K.

But Canada has its own currency, which means that its government can’t run out of money, that it can bail out its own banks if necessary, and more. An independent Scotland wouldn’t. And that makes a huge difference.

Could Scotland have its own currency? Maybe, although Scotland’s economy is even more tightly integrated with that of the rest of Britain than Canada’s is with the United States, so that trying to maintain a separate currency would be hard. It’s a moot point, however: The Scottish independence movement has been very clear that it intends to keep the pound as the national currency. And the combination of political independence with a shared currency is a recipe for disaster. Which is where the cautionary tale of Spain comes in.

If Spain and the other countries that gave up their own currencies to adopt the euro were part of a true federal system, with shared institutions of government, the recent economic history of Spain would have looked a lot like that of Florida. Both economies experienced a huge housing boom between 2000 and 2007. Both saw that boom turn into a spectacular bust. Both suffered a sharp downturn as a result of that bust. In both places the slump meant a plunge in tax receipts and a surge in spending on unemployment benefits and other forms of aid.

Then, however, the paths diverged. In Florida’s case, most of the fiscal burden of the slump fell not on the local government but on Washington, which continued to pay for the state’s Social Security and Medicare benefits, as well as for much of the increased aid to the unemployed. There were large losses on housing loans, and many Florida banks failed, but many of the losses fell on federal lending agencies, while bank depositors were protected by federal insurance. You get the picture. In effect, Florida received large-scale aid in its time of distress.

Spain, by contrast, bore all the costs of the housing bust on its own. The result was a fiscal crisis, made much worse by fears of a banking crisis that the Spanish government would be unable to manage, because it might literally run out of cash. Spanish borrowing costs soared, and the government was forced into brutal austerity measures. The result was a horrific depression — including youth unemployment above 50 percent — from which Spain has barely begun to recover.

And it wasn’t just Spain, it was all of southern Europe and more. Even euro-area countries with sound finances, like Finland and the Netherlands, have suffered deep and prolonged slumps.

In short, everything that has happened in Europe since 2009 or so has demonstrated that sharing a currency without sharing a government is very dangerous. In economics jargon, fiscal and banking integration are essential elements of an optimum currency area. And an independent Scotland using Britain’s pound would be in even worse shape than euro countries, which at least have some say in how the European Central Bank is run.

I find it mind-boggling that Scotland would consider going down this path after all that has happened in the last few years. If Scottish voters really believe that it’s safe to become a country without a currency, they have been badly misled.

 

Scozzesi, ma che diavolo? Di Paul Krugman

New York Times 7 settembre 2014

La prossima settimana la Scozia terrà un referendum sulla eventualità di lasciare il Regno Unito. I sondaggi suggeriscono che il sostegno all’indipendenza sia cresciuto nel corso degli ultimi mesi, in gran parte perché i movimenti a favore dell’indipendenza sono riusciti a ridurre il “fattore paura” – vale a dire, la preoccupazione sui rischi economici dell’andare da soli. Il risultato, al momento, pare un terno al lotto.

Ebbene, io ho un messaggio per gli scozzesi: abbiate paura, abbiatene tanta. I rischi dell’andare da soli sono vasti. Potete pensare che la Scozia possa divenire un altro Canada, ma è anche troppo probabile che finirebbe per diventare una Spagna senza il sole.

Confrontare la Scozia con il Canada sembra, su due piedi, abbastanza ragionevole. Dopo tutto, il Canada come la Scozia è una economia relativamente piccola che ha la gran parte dei suoi commerci con un vicino molto più grande. Sempre come la Scozia, esso è politicamente alla sinistra del gigante vicino. E quello che indica l’esempio canadese, è che tutto questo può funzionare. Il Canada è prospero, economicamente stabile (sebbene io mi preoccupi dell’elevato debito delle famiglie e di quella che sembra essere una bolla immobiliare importante) ed ha perseguito politiche di successo chiaramente a sinistra di quelle del confinante meridionale: assicurazione sanitaria con un unico centro di pagamento [1], aiuti più generosi verso i poveri, tassazione complessivamente più elevata.

Paga qualche prezzo il Canada per la sua indipendenza? E’ probabile. La produttività del lavoro è pari soltanto a tre quarti di quella degli Stati Uniti, e una parte della differenza può essere il riflesso della piccola dimensione del mercato canadese (è vero, abbiamo un accordo di libero commercio, ma molte prove mostrano che i confini scoraggiano comunque gli scambi). Eppure, si può sostenere che il Canada stia andando bene.

Ma il Canada ha la sua propria valuta, il che significa che il suo Governo non può esaurire il proprio denaro, che se necessario può decidere salvataggi delle proprie banche, ed altro ancora. Una Scozia indipendente non lo potrebbe. E questa non sarebbe una differenza da poco.

Potrebbe la Scozia avere una propria valuta? Forse, sebbene l’economia della Scozia sia anche più strettamente integrata con quella del resto dell’Inghilterra di quanto il Canada non lo sia con gli Stati Uniti, cosicché cercare di mantenere una valuta separata sarebbe difficile. Tuttavia, si tratta di un aspetto irrilevante: il movimento per l’indipendenza della Scozia è stato molto chiaro sulla sua intenzione di mantenere la sterlina come moneta nazionale. E la combinazione dell’indipendenza politica con una valuta condivisa è una ricetta per il disastro. Questa è la lezione ammonitrice che viene dalla Spagna.

Se la Spagna e gli altri paesi che rinunciarono alle loro valute per aderire all’euro fossero parte di un effettivo sistema federale, con istituzioni di Governo condivise, la storia economica recente della Spagna avrebbe assomigliato molto a quella della Florida. Tra il 2000 ed il 2007, entrambe le economie conobbero una grande espansione immobiliare. Entrambe videro quella espansione trasformarsi in un disastro spettacolare. Entrambi hanno sofferto, in conseguenza di quel fallimento, di un brusco declino. In entrambi i luoghi la recessione ha comportato un crollo delle entrate del fisco ed una crescita della spesa sui sussidi di disoccupazione e su altre forme di aiuto.

Dopo di che, tuttavia, i sentieri si sono separati. Nel caso della Florida, gran parte del peso della recessione è caduto non sulle spalle del governo locale ma su quelle di Washington, che ha continuato a pagare i sussidi per la Previdenza Sociale e per Medicare, così come l’aiuto incrementato ai disoccupati. Ci sono state grandi perdite nei mutui per l’edilizia, e molte banche della Florida sono fallite, ma molte di tali perdite sono andate a carico delle agenzie federali di prestito, mentre i depositi nelle banche erano protetti dalla assicurazione federale. Avete compreso il modello; in effetti la Florida ha ricevuto aiuti su larga scala nel suo periodo di emergenza.

La Spagna, al contrario, ha sopportato per suo conto tutti i costi del fallimento immobiliare. Il risultato è stata una crisi della finanza pubblica, resa molto peggiore dai timori di una crisi bancaria che il Governo spagnolo non avrebbe potuto gestire, dato che esso letteralmente può esaurire i capitali a sua disposizione. I costi dell’indebitamento spagnolo sono saliti alle stelle, ed il Governo è stato costretto a brutali misure di austerità. Il risultato è stata una depressione tremenda – inclusa una disoccupazione giovanile superiore al 50 per cento – dalla quale la Spagna ha appena cominciato a riprendersi.

E non c’è stata solo la Spagna, si è trattato di tutta l’Europa meridionale e di più ancora. Persino i paesi dell’area euro con finanze sane, come la Finlandia e l’Olanda, hanno sofferto una recessione profonda e prolungata.

In breve, tutto quello che è accaduto in Europa dal 2009 o giù di lì, ha dimostrato che condividere una valuta senza condividere un Governo è estremamente pericoloso. In gergo economico, l’integrazione delle finanze pubbliche e bancaria sono elementi essenziali di un’area valutaria ottimale. Ed una Scozia indipendente che utilizza la sterlina britannica sarebbe in una condizione anche peggiore dei paesi dell’euro, che almeno hanno qualche voce in capitolo su come è gestita la Banca Centrale Europea.

Trovo sbalorditivo che la Scozia stia prendendo in considerazione di scendere per questo sentiero dopo tutto quello che è successo negli anni passati. Se gli elettori scozzesi credono sul serio che sia cosa sicura diventare un paese senza una valuta, sono stati malamente tratti in inganno.

 

 

[1] L’espressione risulta ben nota a chi ha seguito in questi anni gli interventi di Krugman in materia sanitaria. In sostanza, si potrebbero individuare tre modelli per la sanità gestita attraverso l’intervento pubblico: una gestione diretta da parte di strutture sanitarie interamente pubbliche, una gestione nella quale il pubblico paga da solo e direttamente le prestazioni dei soggetti che operano nella sanità (ospedali, medici, farmaci etc.), una gestione nella quale i centri di pagamento sono molteplici, perché il sistema opera attraverso la generale intermediazione delle assicurazioni private. Negli Stati Uniti, l’assistenza sanitaria agli anziani ed ai poveri/redditi bassi avviene nel secondo modo, ma tutta la restante popolazione ottiene, quando ne ha diritto, i benefici pubblici attraverso il ruolo intermedio delle assicurazioni private, secondo il terzo modello. Il numero dei cittadini americani che fruiscono di tale assistenza assistita pubblicamente è notevolmente cresciuto a seguito della cosiddetta “Obamacare”. Nel Canada è invece generalizzato il secondo.

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